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venerdì, Maggio 3, 2024
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Omicidio Cimminiello, giustizia è fatta: il coraggio della sorella Susy

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Ho conosciuto Susy Cimminiello durante una fiaccolata in ricordo di Gianluca, del suo Gianluca. Erano passati pochi giorni dall’omicidio. La prima cosa che notai era la straordinaria somiglianza tra i due (sebbene Gianluca l’avessi visto due o tre volte) ma soprattutto il fuoco che bruciava negli occhi di Susy. Susy era arrabbiata, ma non di una rabbia fine a se stessa. Susy era arrabbiata di determinazione, forse inconsciamente già sapeva quanto sarebbe stato lungo e doloroso il percorso per far emergere la verità. Un percorso fatto di tenacia e pieno di ostacoli per rivendicare a gran voce giustizia per quel fratello tanto amato. «Questa sentenza non mi dice nulla di nuovo, la verità io la conoscevo da anni e questa mattina questa verità è diventata anche giustizia. Per noi e per tutte le vittime innocenti della criminalità, per tutti coloro che sperano nella giustizia». Parole in cui c’è tutto il coraggio di Susy.

Abete e Aprea condannati all’ergastolo

Questa mattina la verità e la giustizia hanno assunto la forma di due vestali che hanno condannato al carcere a vita Arcangelo Abete e il suo braccio destro Raffaele Aprea  per l’omicidio di ‘Zendark’ (questo il soprannome di Gianluca) ucciso nel suo negozio di Casavatore nel febbraio del 2010. Accolte in pieno dai giudici della quarta sezione della Corte d’assise d’appello le richieste del massimo della pena avanzate dalla Procura. Abete e Aprea erano imputati per omicidio volontario con l’aggravante della premeditazione e
della matrice camorristica per avere agito al ne di agevolare il clan Amato-Pagano di cui Abete, all’epoca, faceva parte. Ucciso su ordine degli scissionisti perchè Gianluca aveva reagito ad un pestaggio per aver pubblicato sui social una foto. Si trattava di un fotomontaggio nel quale sembrava che tatuasse il calciatore Lavezzi. Uno dei suoi concorrenti, per gelosia, si era cosi rivolto ai clan e in una prima spedizione punitiva ad avere la peggio era stato il nipote del boss Cesare Pagano. Da qui la decisione di uccidere Gianluca.

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Il coraggio di Susy

E’ stato il coraggio di Susy a tenere viva l’attenzione su questa vicenda. Lo stesso coraggio che fu di Ilaria Cucchi per il suo Stefano. Susy ha combattuto come una leonessa in tutti questi anni spalleggiata da suo marito Alessio che ha combattuto al suo fianco senza farle mai venir meno il supporto. Una coppia che ha dimostrato a tutti come fare ‘fronte comune’. Certo non sono mancati i momenti di scoramento come rivelato dalla stessa Susy:«Come quando la Cassazione decise che bisognava fare il nuovo processo per Vincenzo Russo. Giorni duri, giorni pesanti. E anche lì arrivò un segno. Ero con i ragazzi del presidio Libera del Vomero, avremmo dovuto recarci presso una scuola di Scampia e proprio quel giorno mi arrivò una telefonata che mi avvisava che era stata emanata una nuova ordinanza nei confronti di Russo, Abete e Aprea. Un segno. Come i sogni ripetuti di questi giorni, non so quante volte ho sognato Gianluca, mi ha voluto far sapere ancora una volta che lui è qui con me».

Dopo la sentenza

Ho chiesto a Susy cosa ha fatto dopo la sentenza e candidamente mi ha confidato che «Sono passata davanti al suo negozio. Lui è sempre con me, ho la casa piena di sue foto, quindi io non sono mai stata sola. Soddisfazione non ve ne può essere perchè Gianluca è un ragazzo che avrà 31 anni per sempre. Gianluca non ritorna però ribadisco che è importante lottare per la giustizia e bisogna dare un messaggio forte. Loro ammazzando a Gianluca hanno voluto dirci che ‘se ti opponi questa è la fine che fai’, io invece dico che non è così, se siamo uniti li distruggiamo, siamo noi i più forti». Susy lo hai dimostrato. Ce lo hai dimostrato. Questa è Susy, questa la sua lotta e la sua scelta, quella di un fratello da onorare e ricordare. Susy che non si è mai piegata, come Gianluca, il ‘suo’ Gianluca, 31 anni per sempre.

Il messaggio del sindaco De Magistris
«La conferma dell’ergastolo da parte della Corte d’Assise di Appello del mandante e del coautore dell’omicidio di Gianluca Cimminiello, vittima innocente di camorra, è un forte ed importante segnale di giustizia. Dopo 10 anni e mezzo dai fatti, alle sorelle di Gianluca, Susy e Palma, alla famiglia e alla città tutta, costituita parte civile nel processo per volontà dell’Amministrazione, viene restituito e confermato, grazie al lavoro della magistratura e delle forze di polizia, il senso di riscatto grazie al quale istituzioni, associazioni, scuole, cittadini, movimenti ed operatori economici sono sempre più impegnati in prima linea affinché non accada ad altri ciò che è accaduto alla famiglia Cimminiello ed affinché i sistemi di camorra e malavita non occupino spazi mortali per la vita del nostro territorio lavorando quotidianamente alla formazione delle giovani generazioni e a tutela della crescita e dello sviluppo della nostra amata città». Queste le dichiarazioni del sindaco di Napoli Luigi de Magistris e dell’assessore Alessandra Clemente recatasi al Palazzo di Giustizia per portare i saluti dell’amministrazione alla famiglia Cimminiello.

 

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