Subito libero nonostante un’iniziale richiesta di carcere. E’ terminato così il processo per direttissima a carico di Luigi Sannino, giovane di Pozzuoli, arrestato qualche giorno fa dai carabinieri a Pozzuoli. Sannino, balzato agli onori delle cronache qualche anno fa per una serie di rapine (leggi qui l’articolo), è stato trovato in compagnia di pregiudicati e, secondo quanto riportato nel verbale di arresto dai carabinieri, avrebbe tentato di evitare l’arresto opponendo resistenza agli uomini dell’Arma. Dopo essere finito in manette il pubblico ministero aveva chiesto per lui la custodia cautelare in carcere visti i precedenti e la contiguità con ambienti criminali puteolani. Il giudice Vecchione invece, chiamato a pronunciarsi, ha accolto pienamente le argomentazioni del suo difensore, l’avvocato Paolo Gallina che aveva sollevato una serie di obiezioni sulla presunta resistenza, scarcerando il giovane e condannandolo a sei mesi con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. A seguito dell’udienza per direttissima Sannino è stato dunque liberato.
Sannino tirato in ballo dal pentito
Il suo nome emerge nell’ultima ordinanza di custodia cautelare eseguita nei confronti di presunti appartenenti alla mala flegrea. Addirittura il pentito Silvio De Luca lo tira in ballo, in un recente verbale, indicandolo come organico ai Longobardi-Beneduce:«Ho sempre fatto parte del clan denominato Longobardi-Beneduce già dal 1997, quando ero inquadrato con Sebastiano Domenico. Nel corso degli anni, e soprattutto dopo la morte dei due Sebastiano/Bellofiore, fummo chiamati dai Longobardi per decidere cosa fare, lo iniziai facendo il capopiazza a Monteruscello. Il gruppo da me capeggiato è composto da Izzo Antony. Iannicelli Biagio, Iannicelli Gennaro, Artiaco Samuele, Sannino Luigi, Sannino Umberto, Aulitto Ferdinando. Dopo il ferimento di Izzo Antony, Aulitto Ferdinando è uscito dal mio gruppo insieme ai nipoti Sannino Luigi e Sannino Umberto decidendo di unirsi al gruppo di Gennaro Alfano, Giuseppe Cammino, Fabio Lucci, Peppe Chiaro e Gaetano Arcone».
