Sono stati interrotti nel bel mezzo di un summit che si stava svolgendo nel rione popolare di Qualiano, in un appartamento di via Giulio Cesare. Seduti intorno al tavolo, c’erano sette rampolli del clan Pianese, a caccia di nuovi equilibri interni dopo i botta e risposta che hanno scritto con un fiume di sangue le ultime pagine nere della storia della cosca che monopolizza gli affari illeciti a Qualiano, per conto del clan Mallardo di Giugliano. L’irruzione dei carabinieri della compagnia di Castello di Cisterna, nel tardo pomeriggio di lunedì al secondo piano di una palazzina che appartiene a Stefano Iuffredo, lontano parente del boss, 47 anni, il più anziano, tra quanti sedevano al tavolo. Tra loro anche Raffaele Nicola Pianese, 19 anni, incensurato, omonimo figlio del defunto boss; Domenico Cante, 26 anni pregiudicato, fratello di Luigi, arrestato un anno fa mentre se ne andava in giro imbottito di armi. C’erano anche Francesco Astuccia, 31 anni, pregiudicato, cognato di Raffaele Pianese, Esposito Francesco, 30 anni di Villaricca, e due napoletani: Francesco Giuseppe Cangiano, 25 anni, e Aiello Biagio Rapicano 26 anni, con a carico una condanna per rapina armata in un appartamento dell’Arma. I militari circondano l’edificio e arrestano la fuga che i malavitosi tentano di guadagnare negli attimi immediatamente successivi al blitz: un fuggi-fuggi grnerale che non ha dato gli esiti sperati. A tradirli, il ritrovamento di una pistola calibro 45 con matricola abrasa con sette cartucce nel caricatore e che uno dei malviventi aveva provato a nascondere. L’arma è stata sequestrata ed inviata al reparto della polizia scientifica di Roma che accerterà se sia mai stata utilizzata in fatti di sangue. A far scattare l’arresto, l’accusa di concorso in detenzione illegale di arma e munizionamento, di ricettazione, con l’aggravante di aver agito per agevolare le loche attività del clan. Al vaglio degli inquirenti la presumibile spedizione che stavano preparando i gregari di un clan spaccato al suo interno. Il dato è chiaro ai militari di Castello che indagano sulle dinamiche interne alla cosca, sin dall’omicidio di Nicola Pianese, 47 anni, giustiziato nel settembre 2006 a quattro mesi dalla sua scarcerazione. Un omicidio al quale la risposta arrivò due mesi dopo, in via Di Vittorio, con l’eclatante e plateale esecuzione del fedelissimo del boss, Pasquale Russo, detto «’o cartunaro», trucidato da un commando sopraggiunto a bordo di un’autombulanza. Secondo gli inquirenti, era il chiaro segnale di una scissione, conseguenza di una rottura tra Pasquale Russo ed il boss, per questioni legate alla gestione degli affari, ma anche per una pericolosa relazione sentimentale tra una donna intoccabile ed il fedelissimo del boss. Passa appena un mese dall’omicidio di Russo, e la faida riprende. A morire per mano dei sicari, è Armando Alderio, altro affiliato, e cognato di «’O Mussut». La cosca si riorganizza e gli affiliati arrestati l’altro pomeriggio, ne stavano disegnando la nuova geografia malavitosa.
MONICA D’AMBORSIO – IL MATTINO 24 OTTOBRE 2004
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