Al gigante mangia-rifiuti di Acerra manca il 10 per cento dell’opera cominciata ad agosto 2004 tra proteste, blocchi, rinvii e riprese. Dieci per cento, ma è una fatica pesante. Pochi soldi da investire dalle società costruttrici (depositi e crediti sono sotto sequestro) e tanti nodi da sciogliere con i futuri gestori, ancora da individuare. Dopo l’esperienza dell’Impregilo e dei suoi soci e partner tecnologici internazionali e 750 milioni sotto chiave, tutti valuteranno mille volte prima di accettare la sfida in Campania. Non è un caso che il commissario straordinario all’emergenza, il prefetto Alessandro Pansa, in extremis sia stato costretto a rinviare al 30 gennaio il termine per la presentazione delle manifestazioni di interesse da parte delle società interessate a gestire il ciclo dei rifitui e anche gli impianti per Napoli e provincia, tra cui il termovalorizzatore di Acerra. La francese Veolia e Asm Brescia hanno manifestato il primo interesse alla scadenza di dicembre, ma con molti dubbi e soprattutto tante richieste sui termini del futuro contratto. La Veolia sembra favorita nella partita. Ma è chiaro a tutti che vincere ottenendo l’affidamento significa anche abbracciare una croce piena di spine prima ancora che realizzare il business: ci sono da contratto le sette tonnellate di balle accumulate da smaltire e i tre Cdr per Napoli e provincia da adeguare per far funzionare bene l’intero ciclo. Crescono dunque gli interrogativi su quel che succederà dopo il 30 gennaio e sui tempi per l’affidamento. Eppure il termovalorizzatore continua a restare per molti l’ultima speranza, sebbene non sia la soluzione. Della necessità dell’avvio è convinto, lo ha ripetuto più volte e anche ieri, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: «Io amico degli acerrani ma convinto anche dell’importanza di questi impianti perché non c’è da temere». Non sarà la soluzione, certo, ma almeno a metà della regione eviterà lo stoccaggio di altre balle. Resta invece tutto da chiarire, al di là delle indicazioni scritte nella gara di evidenza pubblica, il futuro delle balle accumulate: quelle della Fibe, 3 milioni e passa di combustibile da rifiuti fino al 15 dicembre 2005 quando il contratto fu rescisso, e quelle successive, in carico al Commissariato e declassate a tritovagliatura con un potere calorifico più basso di quello che, per anomalie nella raccolta non differenziata, veniva prodotto nella prima fase con gli impianti Cdr utilizzati come discariche di vecchia concezioni. Ma intanto le società che stanno costruendo il maxi-impianto di Acerra (Fibe per la parte strutturale e Fisia Italimpianti per le apparecchiature tecnologiche) potranno andare avanti solo a piccoli passi non solo per mancanza di soldi. Senza il futuro gestore non si può avviare la cosiddetta attività di commissioning dell’impianto, ovvero l’acquisizione da parte dei futuri operatori dell’indispensabile conoscenza delle caratteristiche, del funzionamento delle singole strutture, del ruolo delle interfacce, del funzionamento dell’insieme. Creare una interfaccia alla struttura tecnica dei costruttori con uno staff dei futuri gestori è necessario e urgente. Altrimenti, ultimare, oltre che impossibile, sarebbe inutile. Il Cdr prodotto nei sette impianti campani ha un potere calorifero inferiore ai 13.200 kilojoule per chilo di spazzatura. L’utilizzazione ad Acerra non è così compatibile con la prescrizione della valutazione di impatto ambientale, sebbene l’impianto, con forno a griglia mobile, ha una flessibilità operativa per combustioni di materiale dai 12mila ai 18mila kilojoule per chilo.
FRANCESCO VASTARELLA
L’ESEMPIO DI VENEZIA
All’uscita Marghera dell’A4 seguire la freccia Ravenna, alla prima rotonda imboccare la deviazione per Fusina. Un po’ complicato in auto, ma qui approdano attraverso i canali della laguna soprattutto chiatte cariche di rifiuti. È la sede di Ecoprogetto Venezia, società partecipata al 51% dal soggetto pubblico Vesta e al 49% dai privati Ladurner e Herhof che gestisce il polo integrato di Fusina. Siamo a tre chilometri dalle bancarelle del mercato di Marghera. A cinque da Mestre. A otto dal campanile di San Marco. Duecentocinquantamila tonnellate all’anno di rifiuti trattati recuperando materia ed energia. Qui ci sono un impianto per la produzione di combustibile derivato da rifiuti (Cdr), un impianto di termovalorizzazione e uno di compostaggio. Sono bastati 12 mesi per realizzare la struttura e 95 milioni di investimenti. Certo, serve 300mila residenti, ma anche venti milioni di turisti all’anno (55mila presenze in più al giorno) che non possono essere obbligati a fare la raccolta differenziata. Per di più in laguna non circolano i camion ed è tutto più complicato. Eppure funziona tutto alla perfezione: la spazzatura bollita per una settimana in cassoni di biocelle, asciugata, sminuzzata per separare i materiali riciclabili da quelli inutilizzabili. Tra filtraggi e controfiltraggi alla fine in discarica finisce il 6% di quel che entra. ma i tecnici promettono: presto scenderemo sotto il tre. Per non dire di quel che diventa energia elettrica, compost e fertilizzante. Solo 60mila milligrammi diventano polveri, la stessa quantità di quindici auto Euro2.
L’ESEMPIO DI BRESCIA
Nel 2006 è stato giudicato dalla Columbia University il migliore impianto al mondo. È il termovalorizzatore, anzi, il termoutilizzatore di Brescia, che recupera energia elettrica e termica dai rifiuti non riciclabili. Lo gestisce la stessa Azienda, Asm, che è in corsa per l’affidamento del servizio a Napoli e provincia. Tre linee di combustione, di cui una per biomasse, progetto architettonico armonizzato con il paesaggio. Il 50% dell’investimento destinato a depurazione di gas di combustione e a protezioni. Uno dei principali vantaggi di economia e sicurezza, secondo i gestori, viene dalle caratteristiche del combustibile utilizzato: i rifiuti costituiscono infatti una fonte rinnovabile, prodotta sul posto e soprattutto non soggetta a tensioni di mercato che ne possano condizionare la disponibilità e il prezzo. Gli esperti calcolano che a parità di energia prodotta c’è una riduzione del 43% delle emissioni di anidride carbonica rispetto all’impiego di combustibili fossili in impianti tradizionali o in discarica. L’impianto produce per Brescia non solo energia elettrica ma anche termica, convogliando il calore alle abitazioni degli utenti. Nel 2006 nell’impianto sono stati trattate 801mila tonnellate di rifiuti e biomasse, prodotti 528milioni di chilowattora e 504milioni di chilowattora di calore (il 40% dell’energia termica immessa in rete a Brescia), con un risparmio di 158mila tonnellate di petrolio. Le scorie di combustione, rese inerti (il 10%i) sono trasferite in discariche, come le polveri, raccolte dai filtri, prima dello smaltimento finale.
IL MATTINO 5 GENNAIO 2008