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LA CAMORRA PAGA I ROM: «BRUCIATE TUTTO»

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Rifiuti speciali in fondo al mare, o nascosti nei container stoccati nel porto in attesa di salpare per la Cina, o sotterrati là dove pascolano le bufale che danno latte (e quindi mozzarelle) avvelenato. Rifiuti urbani e tossici impastati con chissà quante altre schifezze e rivenduti ai contadini come fertilizzante, o riversati nelle discariche abusive: 100 mila metri quadri sequestrati in un anno dalla sola Guardia di Finanza. E poi, immondizia trasformata in oro grazie a patti inconfessabili fra ditte di copertura e imprese «legali» specializzate nel trasporto sugli autocompattatori, e accordi sottobanco che non hanno risparmiato neanche le amministrazioni pubbliche e quella gigantesca macchina mangiasoldi che è il Commissariato di governo.


In tutto il mondo i rifiuti sono considerati una fonte di ricchezza: basta saperli trattare e trasformarli in energia e il gioco è fatto. Ma in Campania solo un’azienda ha capito, naturalmente a modo suo, quanto il business possa rendere: la camorra. Che da tutto quello che succede nella regione dell’eterna emergenza ha pochissimo da perdere e tantissimo da guadagnare. «Alla camorra non piacciono i Cdr e i termovalorizzatori, cioè gli impianti ad alta tecnologia e controllabili che, se funzionassero, metterebbero fine al caos. La camorra vuole le discariche perchè lì può nascondere qualsiasi tipo di scarto e da lì trae profitti enormi», spiega un investigatore che indaga sugli affari che ruotano attorno all’«oro sporco» di Napoli.


Le inchieste su «camorra e monnezza» a Napoli vanno avanti da anni e mettono a nudo intrecci da brividi fra pubbliche amministrazioni e strutture statali messe su apposta, almeno sulla carta, per risolvere la madre di tutte le emergenze in Campania. Lo dimostra l’indagine svolta otto mesi fa dalla Finanza sulle infiltrazioni del clan dei Casalesi nella società mista Eco4, che si occupava della raccolta dei rifiuti in 18 Comuni del Casertano. Grazie ai buoni uffici di tre imprenditori, uno dei quali legato alla famiglia camorrista dei La Torre, e a un sistema di società fittizie e false fatturazioni, la società pilotata dai boss ha guadagnato 1 milione di euro in un anno, controllando la raccolta della spazzatura e, probabilmente, aggiungendo ai carichi di rifiuti urbani quelli tossici provenienti dalle industrie del Centro-Nord. Altri 2 milioni e mezzo furono sequestrati a uno dei tre imprenditori arrestati. Il guaio è che nell’inchiesta finì anche un funzionario del Commissariato straordinario di governo: messo lì, secondo l’accusa, «grazie a pressioni esercitate dagli altri indagati». Fu uno scandalo che indusse il procuratore aggiunto di Napoli Franco Roberti a parlare di «commistione inquietante fra controllori e controllati».


Ha rapporti con tutti, la camorra, e attraverso le sue società entra nei consorzi di imprese e fa affari sia con le industrie che hanno bisogno di smaltire gli scarti sia con le amministrazioni pubbliche. Conosce una sola regola: con il privato lavora a prezzi dimezzati per battere la concorrenza, con quello pubblico applica tariffe astronomiche, perchè usa le armi dell’intimidazione e della corruzione. Ed è dappertutto. Nel 2006 il numero dei reati ambientali in Campania ha raggiunto il 13,5% del totale nazionale. Basta citare un dato di Legambiente: negli ultimi due anni, secondo il responsabile dell’associazione in Campania Michele Buonomo, sarebbero stati buttati nella più grande pattumiera illegale d’Europa 10 milioni di tonnellate di scarti industriali, con un giro d’affari annuo di 600 milioni. E basta raccontare di quando un elicottero della Guardia di Finanza passò a volo radente sull’hinterland napoletano. Le discariche abusive erano ovunque, 100 mila metri quadri in cui la camorra aveva nascosto di tutto: scarti provenienti da industrie della plastica, migliaia di fusti colmi di olio per auto usato, frigoriferi arrugginiti, cataste di copertoni pronte per essere incendiate accanto ai campi coltivati dai contadini che poi vendono gli ortaggi avvelenati.


Già, i copertoni. Vanno carbonizzati perchè quello è il sistema più veloce per sbarazzarsene. Il fatto che la gomma bruciata sia quanto di più tossico esista non è un problema. Ad appiccare il fuoco ci pensano i bambini rom accampati nelle baraccopoli dell’hinterland. Li paga la camorra: 50 euro per ogni catasta che va in fumo.


FULVIO MILONE – LA STAMPA 7 GENNAIO 2008

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