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Agguato sotto casa, muratore massacrato

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I suoi carnefici ne conoscevano bene le abitudini. Lo hanno atteso a un paio di centinaia di metri da casa e in via 24 maggio, nei pressi della scuola elementare «Domenico Amanzio», chiusa a quell’ora, le 7. Hanno fatto scattare la loro trappola mortale: Santino Passaro, 30 anni, muratore, è stato ucciso mentre stava andando a lavorare, in un cantiere edile. È il terzo dei fratelli Passaro a essere vittima di killer. Il primo, Umberto, fu ammazzato nel 1982, sempre a Marano: era stato scarcerato nel 1980. Il secondo fratello, Antonio, conosciuto negli ambienti del crimine con il soprannome di «sorecillo», fu ucciso nel 1995, anch’egli a Marano. Nel suo passato denunce per il piccolo spaccio di hashish. Notizie che, con il passar degli anni, si sono anche perse. Per l’uccisione di Santino Passaro gli inquirenti, i carabinieri della tenenza di Marano e quelli della compagnia di Giugliano, con il capitano Alessandro Andrei, partono da zero. Sul passato dell’uomo, infatti, non c’è nulla su cui lavorare per individuare un possibile movente: nessuna frequentazione con personaggi del crimine organizzato né, tantomeno, precedenti di polizia tali da far ipotizzare un suo coinvolgimento pregresso nelle cosche locali. Indagine quindi a tutto campo, come si dice, senza tralasciare una possibile pista passionale: qualcuno ha detto che la moglie sarebbe appena passata sul luogo del delitto per andar via. Una cosa è certa: la donna è stata subito accompagnata in caserma dai carabinieri per essere ascoltata. L’azione dei killer scatta verso le 7 di ieri. Santino Passaro, sposato e padre di un bambino di 6 anni, scende da casa per andare a lavorare: fa il muratore, in un cantiere della «Perrotta Costruzioni». Com’è sua abitudine, lasciata la casa di via Parrocchia, nei pressi della chiesa di San Castrese, con la Y 10 intestata alla moglie si dirige verso piazza Trieste e Trento, percorrendo la via 24 maggio. Lì ha appuntamento con un suo collega di lavoro che, come ogni mattina, è fermo ad attenderlo all’angolo. Passaro arriva, apre lo sportello di destra all’amico proprio quando, alla sua sinistra, si ferma una vettura. Un rapido sguardo verso la Y 10 da chi è seduto accanto al guidatore; un cenno con la testa e scendono in due, armi in pugno. La sequenza di colpi è in rapida successione. L’amico fa appena in tempo a indietreggiare per non essere colpito. Ma i killer agiscono con precisione: nessun colpo va fuori bersaglio. Il medico legale sopraggiunto sulla scena del crimine individua due ferite di arma da fuoco alla spalla, una al torace e due alla testa. Gli esperti del nucleo indagini scientifiche dei carabinieri non reperteranno alcun bossolo. Cinque colpi: probabilmente una calibro 357 magnum. Un’arma che di solito è nel corredo dei killer di camorra e non di chi ammazza per gelosia, a meno che non la possegga di suo, a prescindere dal movente passionale, per vari motivi, anche quello di appartenenza a un clan.

MAURIZIO CERINO




«Un bravo giovane, pensava a lavorare»


Marano.
«E chi se l’aspettava una cosa del genere». A parlare è un cognato della moglie di Passaro, Michele, un’attività commerciale non lontano dal luogo dove i killer sono entrati in azione. «Santino è sempre stato un bravo giovane. Ogni mattina scendeva presto per andare a lavorare nei cantieri». È Michele ad accorrere sul posto, insieme con il titolare di un vicino bar che aveva appena aperto i battenti. L’ora, all’incirca le 7, è stata la prima complice dei killer. Forse non è stata scelta a caso. Santino Passaro aveva da poco perso la madre e la nonna; il padre qualche tempo prima. E con loro anche due delle quattro sorelle: di dieci figli, adesso sono rimasti soltanto cinque fratelli. In piazza Trieste e Trento arriva una zia di Santino. Piange disperata: «Santino non se la meritava una fine così. E adesso come fanno la moglie e il figlio? Era la perla dei giovani». Un delitto che rievoca antichi fantasmi: con il primo omicidio del 2008 nella provincia napoletana Marano si chiede se ritorneranno le paure di un tempo, quando il clan della zona, quello dei Nuvoletta, decideva delle sorti di quanti osavano semplicemente criticare l’operato dei boss. E quando anche si doveva assistere, impotenti, alle incursioni dei nemici che tentavano l’affondo alle sentinelle, cercando di violare il «sancta sanctorum» di Poggio Vallesana, la residenza dei cinque fratelli Nuvoletta. Verso le 8 in piazza Trieste e Trento arrivano le mamme che accompagnano i figli all’elementare Amanzio. Alla vista delle gazzelle dei carabinieri, degli uomini in tuta bianca che effettuano i rilievi metrici e balistici, sulle loro facce si stampa un’espressione dapprima interrogativa poi, quando comprendono l’accaduto, di terrore. Alcune ritornano sui loro passi. Stando a quanto emerge dalle prime mosse investigative, la pax mafiosa che regna a Marano non sarebbe stata interrotta. Almeno per ora.
m.cer.






Sos sicurezza: «Ora la caserma»

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Marano. Piazza Trieste e Trento è stata transennata e i bimbi della scuola elementare «Domenico Amanzio» sono stati costretti a entrare in classe dalla porta posteriore dell’istituto per sottrarsi al macabro spettacolo dell’automobile con a bordo il cadavere di Santino Passaro, l’operaio di 30 anni, ucciso a 200 metri da casa sua, alle 7 del mattino. L’uomo è stato raggiunto da una mezza dozzina di colpi, al petto e al resto del corpo, all’interno della sua Y10 verde. Sguardi increduli e tanta paura anchea per i genitori che poco dopo l’agguato si sono ritrovati, insieme coi propri figli, nei pressi della scuola, a ridosso dell’incrocio con via XXIV maggio. Sgomento anche tra gli insegnanti. Le lezioni tuttavia si sono svolte regolarmente. Dopo un lungo periodo di quiete, il quartiere rivive per un giorno i turbolenti scenari caratteristici degli anni ’80. A Marano il triste primato del primo omicidio in provincia del 2008. «Spiace che la città sia al centro delle cronache soltanto per queste tragiche vicende – dice il sindaco Salvatore Perrotta – Occasioni come queste ci spingono a rilanciare l’appello per accelerare l’iter riguardante la trasformazione della tenenza dei carabinieri in Compagnia». Un progetto ambizioso che ha già guadagnato l’ok dei vertici provinciali dell’Arma, resosi indispensabile per garantire maggiore sicurezza ai cittadini in un territorio vasto e ad alta densità criminale. La scena del delitto si è gremita di curiosi: nel quartiere lo conoscevano in molti. «Stava andando al lavoro come tutte le mattine – raccontano i parenti. Era uscito da poco dalla sua abitazione di via Parrocchia, a due passi dalla chiesa di San Castrese, un quartiere in pieno centro storico dove da tempo non si verificavano fatti eclatanti di criminalità. Gli spari hanno svegliato alcuni anziani. “Ho sentito un forte frastuono – dice un residente della zona – Il rumore mi ha immediatamente fatto pensare ad una sparatoria”. Sposato con Maria, casalinga di 29 anni, era padre di un bimbo di 6 anni che fino a poco fa frequentava la scuola davanti alla quale è stato ammazzato il padre. Abitualmente Passaro dava un passaggio a qualche collega con il quale raggiungeva il luogo di lavoro. “Faceva il muratore alla giornata e non ci risulta fosse coinvolto in qualcosa di oscuro”, racconta un familiare della moglie. “Era un ragazzo che pensava molto alla famiglia e portava a casa il pane in maniera onesta”, spiegano. Ma in città tutti ricordano altri eventi che hanno segnato tragicamente la sua famiglia d’origine. Nel giro di dodici anni sono stati uccisi altri suoi due fratelli, freddati sempre nel centro storico cittadino, di cui uno conosciuto in città col soprannome di ‘o suricillo.

FERNANDO BOCCHETTI



IL MATTINO 22 GENNAIO 2008

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