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COMUNI SCIOLTI PER INFILTRAZIONI MAFIOSE, L’ANALISI DI AMATO LAMBERTI

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Per illustrare i fenomeni di corruzione
esistenti nelle pubbliche amministrazioni
in Campania e il ruolo che, a livello di singoli
territori, esercitano le organizzazioni
criminali, attraverso i loro affiliati, oggi,
sono disponibili i documenti relativi ai decreti
di scioglimento dei Comuni. Una serie
di esempi, scelti a caso, saranno sufficienti
a ricostruire una situazione di intrecci
perversi, tanto più pericolosi in quanto,
in molte realtà, sembrano diventati la regola
di funzionamento dei pubblici apparati.
Per quanto riguarda, ad esempio, il Comune
di Brusciano, provincia di Napoli, si
legge che: «Nel settore edilizio, la commissione
ha ritenuto emblematiche di una gestione
finalizzata al perseguimento di finalità
diverse dal pubblico interesse, sia le
determinazioni assunte dall’amministrazione
comunale in sede di variante al piano
regolatore generale, censurate poi dal
competente organo provinciale, determinazioni
con le quali venivano valorizzate
aree nella titolarità di soggetti gravitanti
in ambienti malavitosi, sia la concessione
edilizia rilasciata, con una procedura in
contrasto per diversi aspetti con la normativa
di riferimento, al legale rappresentante
di una cooperativa, strettissimo congiunto
di un pluripregiudicato ritenuto
elemento di spicco del clan egemone nella
zona».

Nel Comune di Boscoreale, invece: «È
stato accertato che, in più occasioni, l’amministrazione
non ha provveduto ai conseguenti
adempimenti di demolizione o di
acquisizione al patrimonio comunale di
manufatti abusivi nella titolarità di stretti
congiunti di esponenti apicali di clan camorristici
che si sono resi, peraltro, responsabili
della violazione dei sigilli ai medesimi
apposti, e che a tale inerzia si è invece
significativamente contrapposto il rilascio,
per una struttura nella disponibilità
di soggetti con emblematiche contiguità,
in tempi straordinariamente brevi e in difformità
dello strumento urbanistico, della
concessione edilizia e della autorizzazione
a condurvi un esercizio pubblico, previa
revoca dell’ordinanza di demolizione e ripristino
dello stato dei luoghi precedentemente
emessa». Inoltre: «La commissione
ritiene sintomatica dell’acquiescenza degli
amministratori ai condizionamenti della
criminalità organizzata e della propensione
dell’ente a deviare dai canoni di legalità
nella gestione della cosa pubblica,
l’erogazione di contributi a favore di associazioni
socio-culturali delle quali le forze
dell’ordine hanno accertato legami con
esponenti della criminalità organizzata. In
particolare, dalle verifiche effettuate è
emerso come l’assetto istituzionale di una
delle associazioni beneficiate offra uno
spaccato emblematico di un intricato sistema
di rapporti che vede protagonisti rappresentanti
politici locali ed esponenti della
criminalità organizzata o personaggi a
questi ultimi legati da parentele e frequentazioni:
indicativa al riguardo è la utilizzazione
della sede dell’associazione per la
campagna elettorale di alcuni amministratori
». A Frattamaggiore «una fitta ed intricata
rete di parentele, affinità, amicizie e
frequentazioni è stato il contesto nel quale
taluni amministratori si sono legati ad
esponenti vicini alle organizzazioni criminali
locali, i quali, in tal modo, si sono inseriti
negli affari dell’ente, strumentalizzandone
le scelte e sottomettendole ai propri
interessi. I settori in cui emerge segnatamente
l’utilizzo della pubblica amministrazione
per personali tornaconti affaristici
sono quelli relativi ad appalti di opere pubbliche
e di pubblici servizi, le cui procedure
sono state caratterizzate da profili di illegittimità
che denotano il condizionamento
e l’ingerenza della criminalità organizzata
nelle scelte dell’ente locale».
A Volla, addirittura «L’ingerenza negli affari
dell’ente e la strumentalizzazione delle
scelte amministrative emergono da situazioni
di coinvolgimento di alcuni amministratori
locali con esponenti della locale criminalità,
nei cui confronti l’autorità giudiziaria
ha disposto l’applicazione di misure
cautelari. Alcuni di questi amministratori,
peraltro, risultavano in carica in una decorsa
legislatura in cui figurava, tra i consiglieri,
l’attuale indiscusso capocamorra destinatario
della predette ordinanza».


Emblematico, infine, di una situazione
di quasi totale sovrapposizione
tra camorra e amministrazione
pubblica, è il caso del Comune di
San Paolo Belsito, sciolto una prima
volta nel 1994 e successivamente
nel 2004, nel quale la poltrona di Sindaco
è sempre occupata da membri
della stessa famiglia, prima con il padre
e poi con il figlio, anche se il potere
resta saldamente nelle mani del
patriarca, pur gravato da numerosi
procedimenti penali «in quanto ritenuto
interlocutore privilegiato delle
organizzazioni criminali».
Si tratta solo di alcuni esempi, ma
valgono a far comprendere le diverse
modalità con le quali si realizza
l’intreccio fra pubbliche amministrazioni
e organizzazioni criminali. Innanzitutto,
almeno in ordine alla pericolosità,
bisogna registrare che ci
sono comuni, nell’area napoletana
ma anche nell’area aversana, in quella
nocerino-sarnese e nel Vallo di
Lauro, nei quali il controllo della camorra
è pressoché totale e si realizza
attraverso l’occupazione, con propri
affiliati o con interlocutori completamente
asserviti, dei ruoli istituzionali,
da quello di sindaco a quello
di assessore o consigliere comunale.
In questi casi, la camorra amministra
il Comune; porta a termine i
suoi disegni e progetti utilizzando le
stesse procedure previste dalla legge,
naturalmente con la connivenza
di tutto l’apparato amministrativo e
dello stesso Consiglio comunale; diventa
interlocutrice, con piena legittimazione,
degli altri livelli istituzionali,
dalla Regione, alla Provincia, alla
Prefettura, alle Forze dell’Ordine,
alla Magistratura, ma anche delle forze
politiche e delle rappresentanze
sindacali e datoriali. In pratica, la camorra
siede, con piena legittimazione
ai tavoli di consultazione, confronto
e decisione, in Prefettura, come
in Provincia e Regione, quando
non in sede di Ministeri e di Governo.
In altre realtà,e sono la maggioranza
nell’intera Regione, la camorra
fa affari con le sue imprese edilizie
e per la fornitura di servizi, utilizzando
rapporti di parentela, di amicizia,
di frequentazione con amministratori,
sostenuti in maniera decisiva
durante le campagne elettorali,
proprio per averli a disposizione
una volta eletti. Anche in questi casi
è la camorra a orientare le decisioni
del Comune soprattutto per quanto
riguarda varianti urbanistiche, edilizia
e forniture di servizi. Un discorso
a parte meriterebbe l’abusivismo
edilizio perché in tutte le realtà è riscontrabile
lo stesso schema: le imprese
della camorra costruiscono; il
Comune non interviene per demolire
o acquisire al proprio patrimonio;
le case e i palazzi vengono completati,
messi in vendita e abitati da nuclei
familiari; a questo punto il Comune
interviene per sanare le situazioni
e realizzare le opere di urbanizzazione
necessarie agli abitanti. Sempre
il silenzio degli amministratori è
pesantemente compensato, generalmente
con la proprietà di immobili
e coinvolge, in tutto o in parte, maggioranza
e opposizione, ma anche responsabili
del controllo. Il numero
di Comuni disciolti, insieme a quello
dei Comuni messi sotto osservazione
dalle Commissioni d’accesso
per i quali, nonostante le risultanze,
non si è proceduto allo scioglimento,
dimostra ampiamente quanto
estesa e radicata sia la presenza della
camorra nelle pubbliche amministrazioni.
Tanto diffusa e radicata da
non essere quasi più percepita perché—
e questo è forse il danno peggiore
— la «cultura» della camorra,
vale a dire l’intreccio tra corruzione-
affari-rapporti clientelari e di
clan-intimidazione anche violenta,
sembra diventata la regola di funzionamento
delle pubbliche amministrazioni,
indipendentemente dall’appartenenza
politica, dove è normale
favorire l’amico o il parente,
orientare in favore di imprese «amiche
» le gare d’appalto, utilizzare criteri
del tutto discrezionali, in deroga
ad ogni legge e regolamento, per effettuare
assunzioni «pilotate», scegliere
tecnici di alta professionalità
tra amici e sodali spesso privi dei titoli
richiesti dalla normativa, sovvenzionare
associazioni sociali e culturali
in cambio di sostegno elettorale,
distribuire sussidi economici a
malavitosi presentandoli come bisognosi,
nominare tecnici «fidati», direttamente
interessati, come commissari
ad acta, sostenere imprese
produttive o improduttive, ma sempre
e soltanto di «amici», «soci d’affari
», «sostenitori» realizzare varianti
urbanistiche a sostegno di speculazioni
immobiliari di imprenditori
spesso direttamente espressione di
clan criminali, favorire ogni sorta di
intrapresa economica, anche camorrista,
purchè procuri arricchimento
personale e ampliamento del consenso
elettorale. In questa situazione,
la camorra, che altro non è che
impresa «primitiva»,ci sguazza,
estende le possibilità di riciclaggio
dei proventi criminali, realizza investimenti
produttivi, controlla il mercato
economico, assume la direzione
politica dello sviluppo del territorio,
governa di fatto le pubbliche amministrazioni.
Il risultato di questo
combinato-disposto, come direbbero
i giuristi, camorra-pubbliche amministrazioni,
è sotto gli occhi di tutti,
in termini di spreco delle risorse,
mancata soluzione di ogni problema,
livelli sempre più bassi della
qualità della vita, a cominciare dalla
sicurezza per finire all’impossibilità
di fare impresa.


Amato Lamberti

Osservatorio sulla camorra e l’illegalità – Corriere del Mezzogiorno – Gennaio 2008

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