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CAMORRA, DROGA E USURA: LA CONQUISTA

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C’era una volta la mala romana, mistura di clan e di cosche, di trafficanti di armi e di droga: gente che nella Capitale era arrivata da Palermo e Corleone, dalla Calabria, dalla Napoli di Ottaviano e da quella di Castellammare e Torre Annunziata. Era l’epoca d’oro dei «bravi ragazzi» della Magliana e dei loro amici della destra eversiva e dei servizi segreti deviati. Era il tempo della conquista della Roma notturna, dei dancing e dei ristoranti, delle boutique di lusso in via Condotti. E dei morti ammazzati, e dei processi. Durò una decina di anni, poi il pentimento di Tommaso Buscetta, l’arresto di Pippo Calò, cassiere di Cosa Nostra, la collaborazione con la giustizia dei capi della Magliana, interruppero – almeno in apparenza – la scalata malavitosa ai fasti capitolini. In apparenza, appunto. Le indagini della Dda di Roma e dei pm antimafia napoletani e calabresi dicono tutt’altro. Spariti o quasi i Corelonesi, resistono tutti gli altri. Il rapporto dell’Osservatorio tecnico scientifico per la legalità, presentato ieri, parla di una saldatura strutturale tra clan stabilmente inseriti nei tessuti economici del Lazio. Qualche increspatura qua e là, ma il quadro «è di una forte stabilità intercosche». Stabilità, denuncia il rapporto, che «fa pensare all’esistenza di una sorta di organismo che svolge non solo il ruolo di ”camera di composizione” dei conflitti ma di vero e proprio regolatore degli interessi, degli affari e delle presenze, garantendo l’immutabilità della condizione di Roma ”città aperta a tutte le mafie” che è la prima condizione perché avvengano e siano garantiti in sicurezza lucrosi guadagni per tutti». È in qualla «camera di composizione» che il clan dei Casalesi si è inserito da anni, rivendicando un ruolo di primo piano nella gestione dei business soprattutto nelle province di Latina e di Frosinone. Senza dimenticare Roma, dove per anni si è mosso con estrema disinvoltura Antonio Iovine, uno dei capi del clan, latitante da oltre dodici anni. Ex proprietario di Gilda, storico ritrovo della Roma bene, discobar a tre piani dalle parti di piazza di Spagna, in tempi recentissimi aveva il controllo di alcune attività commerciali, generalmente di ristorazione e di importazione dalla Campania di latticini, uova e pollami, attività utili al riciclaggio di denaro sporco. Corrado De Luca, condannato a 30 anni per Spartacus, suo uomo di fiducia, ufficialmente era titolare del ristorante romano «Il destriero». Inoltre, un parente di Antonio Iovine, Mario «Rififì», ha spostato su Roma il core business dei videogiochi. Preoccupante lo spaccato disegnato dall’Osservatorio. Il primo punto di crisi segnalato è l’insediamento stabile di famiglie criminali della camorra, in particolare Casalesi, nei territori delle province di Latina e di Frosinone dove «si può parlare di forme di controllo di segmenti del territorio o in altri casi di controllo attraverso la creazione di condizioni di monopolio delle attività illecite tradizionali: stupefacenti, estorsioni, usura». Quindi, l’insediamento di famiglie criminali della camorra, della ’ndrangheta, di Cosa Nostra, nonché di famiglie criminali autoctone sulla fascia costiera delle province di Latina, di Roma e in parte di quella di Viterbo, si accompagna alla presenza, altrettanto stabile di famiglie criminali della camorra e della ’ndrangheta in alcuni quartieri della Capitale: «Un insediamento cominciato attraverso il trasferimento dalle aree di origine di intere famiglie, e proseguito con il controllo del traffico e dello spaccio al dettaglio di sostanze stupefacenti e contemporaneamente o successivamente l’avvio di attività commerciali. Non è esagerato parlare di forme di controllo di segmenti significativi del territorio». Poi l’allarme rosso: l’esistenza di un accordo di cartello tra Casalesi e ’ndrangheta, soprattutto in provincia di Latina, in materia di stupefacenti, estorsioni, usura e anche sul versante dei traffici legali, quali il controllo di pezzi della grande distribuzione, di strutture di commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli. Accordo che, su Roma, coinvolge anche uomini della banda della Magliana. La famiglia Nicoletti, per esempio, coprotagonista di un’inchiesta della Dda di Napoli sul controllo della grande distribuzione in Campania. Era, ovviamente, un’indagine sul clan dei Casalesi.

ROSARIA CAPACCHIONE
Il Mattino il 13/05/08

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