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IL BOSS DELLA DROGA TRADITO DAL CUORE MALATO

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Tradito dal cuore due volte, Guido Abbinante sfila davanti ai flash e alle telecamere che lo attendono all’esterno della caserma Pastrengo, sede del comando provinciale dei carabinieri. La sua condizione di uomo libero finisce così, nel giorno in cui aveva deciso di ricoverarsi sotto falso nome in una clinica di Maddaloni per sottoporsi a un intercento. Problemi cardiaci per il boss considerato dalla Direzione distrettuale antimafia il «signore della droga» a Secondigliano, Scampia e nei Comuni dell’area a nord di Napoli. È il capo degli scissionisti, il plenipotenziario che all’indomani della faida combattuta dagli «spagnoli» contro la casa madre dei Di Lauro ora è in grado di gestire i traffici che consentono alla camorra di incassare ogni anno cifre stratosferiche. A tradirlo è stato il cuore. Due volte. Non solo per i problemi di salute di cui si è detto, ma anche perché i carabinieri, che erano sulle sue tracce da ottobre dell’anno scorso, sono riusciti a stringere il cerchio attorno a lui ricostruendo i movimenti di una donna a lui molto vicina. Il merito è tutto dei militari del nucleo operativo dei carabinieri, guidato dal maggiore Lorenzo D’Aloja. Gli investigatori hanno capito che ieri mattina era il momento giusto per entrare in azione. Quando sono entrati nella clinica di Maddaloni e hanno avuto di fronte il ricercato, Abbinante ha cercato un’ultimo disperato tentativo di depistarli: «Mi chiamo Costantino Cataldo, vi state sbagliando, non sono io la persona che cercate». E in effetti il presunto boss aveva fornito dati e documenti falsi ai medici. Non era solo. I carabinieri lo hanno bloccato mentre era in compagnia di una donna e di una guardia giurata in divisa. Due insospettabili, insomma. «È stata una cattura sofferta – dichiara in conferenza stampa il colonnello Gaetano Maruccia, comandante provinciale di Napoli – ma ce l’abbiamo fatta. Non è stato necessario mobilitare tanti uomini per catturare Abbinante. Diciamo che quelli entrati in azione erano pochi, ma buoni». A coordinare l’operazione, due pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia: Stefania Castaldi e Luigi Cannavale. Abbinante aveva subìto una condanna in primo grado a 20 anni di reclusione per traffico internazionale di droga. In questo periodo, peraltro, non si era mai allontanato da Secondigliano. Problemi di cuore, la necessità di esami medici, lo hanno costretto a uscire fuori dal suo territorio e a recarsi a Maddaloni dove si è presentato con un’altra identità, quella del signor Costantino Cataldo. Ad accompagnarlo una donna, l’autista ed una guardia giurata in divisa: la loro posizione è al vaglio degli inquirenti. Ad Abbinante i carabinieri hanno notificato un decreto di fermo: è accusato di aver ordinato l’uccisione di Giovanni Moccia, nel settembre 2007, affiliato ai «nemici» dei Di Lauro, e del tentato omicidio di Giovanni Piana. «Intorno ad Abbinante – sottolinea il comandante del reparto operativo, Gerardo Iorio – continuava a ruotare buona parte del mercato degli stupefacenti che poi viene gestito dal clan». Soddisfazione per la cattura del boss è giunta dal vicepresidente della Regione Antonio Valiante.

GIUSEPPE CRIMALDI






Accompagnato in corsia dall’amico vigilante


Una guardia giurata irrompe improvvisamente nelle indagini sulla cattura di Guido Abbinante. Nessuno – e men che meno gli stessi carabinieri che di primo mattino si sono materializzati nella clinica di Maddaloni – si sarebbe aspettati di trovare accanto al boss un uomo in divisa. E invece c’era proprio la guardia giurata che poco dopo le otto di ieri accompagnava la primula rossa nel centro medico privato. Non è ancora chiaro il luogo in cui la «divisa» prestava servizio. La direzione della clinica sostiene «di non essere a conoscenza che l’uomo prestava servizio presso quel centro». Ma poco importa: e d’altronde è apparso subito chiaro che la direzione amministrativa della casa di cura è assolutamente estranea a ogni coinvolgimento, tanto è vero che Abbinante vi si era ricoverato fornendo generalità false. Avrebbe dovuto sottoporsi ad un intervento chirurgico alle coronarie, Guido Abbinante. E ad accompagnarlo c’era quest’uomo di 45 anni ovviamente incensurato, sposato, le cui generalità vengono per ovvi motivi tenute riservate dagli investigatori. La guardia giurata non è stata arrestata, come d’altronde è stato anche per la signora che affiancava l’uomo considerato il boss che tiene i fili del fiorente mercato della droga a Secondigliano e in tutta l’area nord della città. Chi lo conosce giura però che la guardia è «una persona che ha sempre lavorato onestamente», che – insomma – non ha mai avuto nulla a che fare con la criminalità organizzata. Saranno ora le indagini a dire se questo è vero. L’interrogativo resta: che ci faceva un vigilante in compagnia dell’uomo ricercato dalla legge perché condannato in primo grado a vent’anni per traffico di droga? Per quali motivi sia accompagnava (e lo faceva vestendo una divisa, sebbene di polizia privata) un uomo che per la Direzione distrettuale antimafia di Napoli sarebbe il mandante di un omicidio e di un tentato omicidio? Interrogativi che non possono restare senza risposte.
giu.cri.





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Guido, il padrino degli affari ogni mese 5 tonnellate di coca



Per lui è stata una specie di ossessione, una «’nziria», come dice un testimone di giustizia: uscito dal carcere, voleva uccidere tutti quelli che non lo avevano seguito durante la faida al clan Di Lauro. Un’ossessione, quella di Guido Abbinante, costata almeno un paio di omicidi e che ha provocato la fuga da Secondigliano di alcuni nuclei familiari. Affiliato della prima ora di Paolo Di Lauro, sin dalla fine degli anni Settanta, Guido Abbinante ha controllato per decenni il più potente network del contrabbando e del traffico di decine di piazze di spaccio: prima nel rione Monterosa di Secondigliano, poi a Marano, dove il boss aveva radicato da tempo la propria leadership. Pochi numeri, per rendere l’idea: ogni mese il cartello controlla circa 60 piazze, che vendono 5 tonnellate di cocaina, con guadagni inimmaginabili. Non un luogotenente, né un vice, ma un boss a tutti gli effetti, da anni insofferente rispetto ai prezzi della droga imposti da Paolo Di Lauro e per questo tra i promotori della drammatica faida degli scissionisti. Lui, un ribelle della prima ora, assieme ai fratelli Raffaele (primogenito) e Antonio (terzogenito), è stato tra i primi a «girarsi» contro Paolo Di Lauro, ma anche uno degli irriducibili della recente guerra agli ultimi bastioni di Ciruzzo ’o milionario. Storia recente, secondo la Dda – indagano i pm Luigi Alberto Cannavale e Stefania Castaldi – che risale appena allo scorso autunno. Libero per effetto della decorrenza termini, Guido Abbinante non perde tempo. Convoca un summit a Secondigliano, al quale partecipano anche gli altri boss degli Amato-Pagano – il cartello vincente degli scissionisti – e sta a sentire in silenzio le proposte degli alleati. Tace per almeno un’ora filata, poi, quando prende la parola, impone una sola condizione: uccidere i Prestieri, massacrare fino all’ultima generazione la famiglia rimasta fedele a Paolo Di Lauro durante la faida del 2004-2005, tanto da macchiarsi dell’omicidio di un parente degli Abbinante. Poi: uccidere tutti quelli che, tra gregari e killer scelti, non si erano distinti in azioni militari. Il 27 settembre scorso viene ammazzato così Giovanni Moccia, attirato in una trappola all’esterno dell’abitazione di Guido Abbinante, in un agguato che lascia miracolosamente illeso un altro ex affiliato, quel Giovanni Piana che si finge morto e decide di collaborare con la giustizia. È lui a svelare la matrice della nuova faida di Scampia – strisciante e meno rumorosa della prima – che si consuma nel primo semestre del 2007. È lui a puntare l’indice contro il sistema di potere creato a Marano dagli Abbinante, senza risparmiare i giovanissimi di famiglia. Le accuse di Piana investono anche un ragazzino, un diciassettenne nipote di uno dei boss scissionisti, che si marchia sulla spalla un tatuaggio con la parola «perdono», dopo aver commesso un omicidio, secondo una lettura investigativa che non ha retto al vaglio del Riesame.

LEANDRO DEL GAUDIO



IL MATTINO 19 MAGGIO 2008

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