Alle prime ore del giorno 200 poliziotti hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip presso il Tribunale di Napoli su richiesta dei pm della Direzione distrettuale antimafia presso la Procura napoletana. Si e’ trattato di una vera e propria retata nei confronti di appartenenti al corpo di polizia municipale di Giugliano, Comune a Nord di Napoli. Ne sono stati arrestati 23, tra i quali quattro capitani. In cella sono finiti anche tre funzionari in servizio presso l’ufficio tecnico del Comune di Giugliano, 11 imprenditori e due tecnici di fiducia di alcuni di questi imprenditori. Gli arrestati sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere, corruzione, concussione, falsita’ materiale ed ideologica, favoreggiamento personale, rivelazione di segreto d’ufficio, violazioni urbanistiche e violazioni di sigilli. Le indagini sono state coordinate dai pm della Direzione distrettuale antimafia ed eseguite dagli agenti del commissariato di Giugliano mentre nella fase finale, quella degli arresti, hanno collaborato gli agenti della Digos della Questura di Napoli e la squadra mobile.
L’indagine e’ nata dalla denuncia di un’imprenditrice rimasta vittima di un vigile urbano che in occasione di un controllo “anti abusivismo” relativo ad un manufatto realizzato senza le autorizzazioni, le aveva chiesto in cambio del silenzio, prestazioni sessuali minacciandola di ritorsioni in caso di rifiuto. La vittima invece, anziche’ sottostare all’ignobile ricatto, si e’ rivolta al dirigente del commissariato di Giugliano, il vicequestore Pasquale De Lorenzo. Subito sono stati poste sotto intercettazione alcune utenze telefoniche. Immediatamente sarebbe emerso uno spaccato illecito ben piu’ ampio rispetto a quello che si prospettava. Infatti, le indagini successivamente sono state estese anche ad altri componenti del corpo dei vigili urbani di Giugliano. Poi nell’inchiesta entravano anche imprenditori operanti nel settore delle costruzioni abusive ed anche alcuni dei loro collaboratori e funzionari dell’ufficio tecnico comunale oltre alle intercettazioni telefoniche gli investigatori hanno operato anche appostamenti e pedinamenti. In una nota firmata dal procuratore di Napoli, Giandomenico Lepore, e’ spiegato che “gli innumerevoli episodi delittuosi accertati, con riguardo alle costruzioni abusive, hanno inoltre costituito oggetto di ulteriore approfondimento attraverso acquisizione di atti e documenti”.
Dall’attivita’ di intercettazione telefoniche sarebbe emerso un quadro definito “allarmante” dagli inquirenti di vicende corruttive realizzate nell’ambito di un ampio contesto associativo costituto come si e’ anticipato, da appartenenti al comando di polizia municipale, funzionari dell’ufficio tecnico comunale e imprenditori impegnati nel settore delle costruzioni abusive. Le indagini avrebbero disvelato un “sistema endemico e generalizzato” di corruzioni e collusioni tra settori del mondo dell’imprenditoria edilizia e numerosi pubblici ufficiali del Comune di Giuliano cui sono stati affidati i compiti di controllo delle attivita’ urbanistiche del territorio e del contrasto del fenomeno dell’abusivismo edilizio.
In particolare sarebbe emerso che gli appartenenti alla polizia municipale avrebbero ricevuto sistematicamente somme di denaro o altri favori “o comunque ne avrebbero accettato la promessa, per compiere atti contrari ai doveri di ufficio -spiegano in Procura- consistiti nell’omettere o ritardare di denunciare ovvero di intervenire e procedere al sequestro in relazione ai lavori abusivi in atto presso cantieri edili e nell’omettere di impedire ai committanti dei lavori e ai custodi di violare i sigilli”. Secondo l’accusa “gli imprenditori individuati dal provvedimento custodiale ottenevano trattamenti privilegiati quali, ad esempio, il ritardo e l’omissione del rilevamento dell’abuso e quindi del sequestro dei mezzi d’opera rinvenuti in occasione del sequestro del manofatto -spiegano i pm- l’omessa denuncia degli autori della violazione, l’omissione o il ritardo nella notifica di atti amministrativi di natura pregiudizievole (quale l’ordinanza di demolizione del manufatto), sopralluoghi pilotati, al fine di potere iniziare o proseguire la realizzazione dei manufatti abusivi”. In sostanza, dalle indagini sarebbe emerso che il presidio territoriale nel settore dell’antiabusivismo da parte della Polizia municipale “non era finalizzato a ragioni di prevenzione -scrive la Procura- quanto piuttosto ad un radicale monitoraggio di tutte le attivita’ ediilizie al fine di trarre lauti guadagni”.
Secondo gli inquirenti sarebbe addirittura esistito una sorta di tariffario i cui proventi confluivano nella cassa comune del gruppo, il cosiddeto ‘calderone’, dove i proventi delle tangenti venivano ripartiti tra i ‘soci’. Parallelamente, l’attivita’ dei funzionari dell’ufficio tecnico era anch’essa improntata al conseguimento di illeciti profitti. Le intercettazioni telefoniche ed ambientali e i riscontri eseguiti dalla polizia avrebbero consentito di mettere in luce decine, se non forse centinaia, di episodi illeciti. Sostengono in Procura che “le vicende delittuose disvelate dalle indagini costituiscono semplicemente la punta dell’iceberg di un sistema generalizzato di corruzione”. Infine sarebbero emersi rapporti e collegamenti con la camorra attiva nel giuglianese, le indagini non sono ancora concluse.
Adnkronos