«Purtroppo, con i tempi che corrono, devi fare tutte le cose meticolose. Perciò aprite gli occhi: ve lo voglio dire da fonte sicura. Non mi interessa di niente, lo sapete, no? Però state attenti, perché in zona… Fa anche paura, perché in qualche macchina di queste possono mettere qualcosa e non lo sapete neanche. Fatela guardare, la macchina ». L’italiano approssimativo è di Federico Sepe, imprenditore e fratellastro del boss di Fuorigrotta Domenico D’Ausilio, Mimì ‘o sfregiato. Sepe parla con i vigili Antonio Basile (capitano) e Raffaele Sodano (sovrintendente). Li mette in guardia: «da fonte sicura» ha saputo che c’è un’indagine sulla polizia municipale di Giugliano e immagina che nelle auto di servizio (come infatti era già accaduto) possano essere piazzate delle cimici. Il capitano ringrazia: «Lo sappiamo, lo sappiamo».
La conversazione, intercettata nell’ambito dell’inchiesta che ha portato all’arresto di 39 persone tra cui 23 vigili urbani, è emblematica: dà infatti l’idea della contiguità tra la criminalità organizzata e quelli che dovrebbero essere i difensori della legalità. Federico Sepe non è l’unico personaggio vicino ai clan che era in amicizia e/o in affari con la polizia municipale. E il malcostume dei caschi bianchi potrebbe essere comune anche ad esponenti di altre forze di polizia. Gli indagati, infatti, citano episodi di corruzione che avrebbero come protagonisti carabinieri e poliziotti; episodi al momento privi di riscontro, ma che i pm Paolo Itri, Raffaella Capasso e Antonio D’Alessio vogliono approfondire. Il comando dei vigili di Giugliano era già finito un’altra volta nel mirino degli investigatori: nel 2006 furono arrestati l’allora comandante, maggiore Umberto Nannini, ed il suo vice, Vincenzo Vitiello. In seguito a quell’episodio, al Comune venne inviata la commissione di accesso, che ha concluso i suoi lavori poche settimane prima delle amministrative di aprile. Nel 2006 era stato nominato comandante Michele Pezzullo, che negli ultimi mesi aveva cercato di dare impulso proprio all’attività di antiabusivismo. Molti sequestri di ristoranti, alberghi e centri residenziali abusivi erano stati fatti assieme a polizia di Stato e Guardia di Finanza. Una maniera per dimostrare che non tutti i vigili erano marci. Ieri, intanto, il gip Giuseppe Ciampa ha interrogato tutti i 39 arrestati. Molti di loro si sono avvalsi della facoltà di non rispondere: impossibile, per gli avvocati, studiare in poche ore un’ordinanza di custodia lunga 1400 pagine e decidere la linea difensiva.
Titti Beneduce – Corriere del Mezzogiorno 22 maggio 2008