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Così la camorra si è infiltrata in tutto il Paese

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Una recentissima indagine della Procura antimafia di Napoli ha quantificato in 2 milioni e 280mila euro l’indotto annuale garantito da una sola attività economica, la gestione illegale dei videopoker, al clan camorristico capeggiato dal boss latitante Antonio Iovine e attivo nel Casertano. La stessa organizzazione, hanno calcolato gli inquirenti, retribuiva la “mano d’opera mafiosa” con una somma complessiva stimata in 600mila euro l’anno, premi esclusi. Ma più ancora dei numeri, è la profonda diversificazione delle attività imprenditoriali l’elemento qualificante della infiltrazione della criminalità organizzata campana nel tessuto produttivo del Paese. I clan camorristici condizionano l’economia “a monte”, attraverso cioè il racket delle estorsioni che sempre più spesso, in alcuni quartieri di Napoli viene imposto non solo tre volte l’anno ma addirittura una volta al mese e da più organizzazioni.
Ma non sempre il “pizzo” è chiesto in danaro. Molti clan preferiscono imporre l’acquisto di forniture di determinati prodotti, compresi quelli di più largo consumo come pane e latte. Effetto diretto e immediato di queste pressioni, sono l’aumento dei prezzi e la scarsa qualità dei prodotti, anche perché in alcuni casi viene imposta la vendita di merce contraffatta se non addirittura adulterata.
L’altro grande comparto malavitoso resta quello legato al traffico e alla vendita di stupefacenti. Interi nuclei familiari, in quartieri come Scampia ma non solo, vivono dei proventi di questa attività. Durante la faida combattuta tra il 2004 e il 2005 nel fazzoletto di territorio compreso tra Scampia, Secondigliano, Melito e la periferia settentrionale di Napoli, è emersa con chiarezza la gestione delle “piazze di spaccio” e la loro organizzazione secondo criteri “aziendali”: ogni “piazza” è strutturata con vedette pronte ad avvisare gli spacciatori dei blitz delle forze dell’ordine, l’attività è scandita attraverso veri e propri “turni di lavoro”, pausa pranzo compresa. Il numero di omicidi registrati nella fase più cruenta della faida di Scampia, oltre 50, dà l’idea della rilevanza vitale che le cosche attribuiscono agli introiti garantiti dalla droga. Per dare un’idea degli incassi prodotti da questo comparto criminale, nel 2002 fu scoperto che un commerciante della zona di Secondigliano aveva intestate ben tre Ferrari.
Un’indagine condotta dal pool anticamorra di Napoli con il coordinamento della Procura nazionale ha fatto poi venire alla luce la gestione del traffico internazionale di stupefacenti, sempre più affidato a “broker”, intermediari, che comunicano via Internet e dialogano prevalentemente con interlocutori selezionati in modo da ridurre il rischio di “soffiate” e arresti. La cospicua mole di danaro movimentata dalle organizzazioni criminali è alla base del condizionamento “a monte” delle attività economiche: la camorra investe in attività commerciali e imprenditoriali che da tempo hanno oltrepassato i confini della regione. Tracce della presenza del clan dei Casalesi, compreso quello di Iovine, sono state registrate nel basso Lazio e oggi anche a Roma. L’enorme disponibilità di contanti finisce con l’alterare le regole del mercato. E da mafiosa, l’economia della camorra riesce ad apparire sempre più spesso “legale”.



DARIO DEL PORTO – REPUBBLICA 2 GIUGNO 08

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