È chiuso il Roxy bar, scenario di una morte annunciata. Proprio qui, domenica scorsa fu freddato Michele Orsi. A pochi metri, sotto la palazzina di famiglia, poliziotti, carabinieri, agenti della guardia di finanza. E giornalisti. Tanti. Casal di Principe, invece, non c’è. Sono tutti affacciati ai balconi, ammassati lungo corso Dante dove dovrà passare il carro funebre. Un percorso dalla toponomastica di pretenziose reminiscenze letterarie: c’è via Tasso, via Cecco Angioleri e via Victor Hugo. Donne, anziani, bambini aspettano. E commentano sottovoce. Parte il carro funebre, seguito a piedi dalla signora Diana, dai figli e da Sergio Orsi, fratello dell’imprenditore ucciso. C’è chi ripete ad alta voce: «Ucciso per senza niente!». Non c’è un negozio lungo il corso, solo una cartoleria chiusa e il bar sala giochi «Alexander». Quattro giovani bevono bibite dalla bottiglia e osservano curiosi. Non c’è un moto di pietà, non un gesto solidale. Si assiste. Immobili testimoni che non interpretano l’accaduto. Lo registrano. Il carro con la bara di Michele Orsi non porta insegne di pompe funebri. Solo fuori la chiesa dedicata alla patrona di Casale, Maria Santissima Preziosa, il manifestino a lutto su cuscino di velluto richiama l’agenzia di pompe funebri «La Concordia». Ironia della sorte: è la ditta cui sono obbligati rivolgersi tutti i familiari di defunti della zona. Una ditta discussa: anche due mesi fa un provvedimento dei magistrati di Napoli ricordava che «La Concordia» è impresa di pompe funebri cui da anni è interessato il clan Bidognetti. Quello più attivo, secondo gli inquirenti, in questa assassina campagna di primavera. Il testo del manifestino usa una sola parola, per ricordare cosa è successo domenica: «tragicamente». Proprio così: «La cara esistenza di Michele Orsi, fu Adolfo di anni 47, si spegneva domenica tragicamente». E stop. Del resto, non più di tre manifestini esprimono lutto e solidarietà. C’è quello di moglie, figli e fratelli. C’è la direzione scolastica di Trentola Ducenta dove lavora la signora Diana Miranda, moglie di Orsi. E ci sono i dipendenti del consorzio «Ce4», la società di cui l’imprenditore era direttore, al centro dell’inchiesta sui rapporti tra raccolta rifiuti, camorra, politici. Poi il nulla. Vuoto. Silenzi. Assenze. Non un assessore, non un vigile urbano, non il sindaco Cipriano Cristiano. È a Caserta, alla festa dei carabinieri. Nessun rappresentante del Comune, ad attestare vicinanza ad un uomo che, anche senza essere un pentito, non si era chiuso dietro i silenzi nel raccontare le estorsioni e le minacce ricevute dai Casalesi. Casal di Principe è assente. Nelle stesse ore, a non molta distanza, si sta celebrando il matrimonio di Carmine Schiavone, il figlio di Sandokan, boss detenuto dal 1998. Nella chiesa dello Spirito Santo, a meno di un chilometro, la lieta cerimonia. Con folla, vigili e curiosi. Nello spiazzo della chiesa di Santa Maria Preziosa, invece, il silenzio è rotto solo dal pianto della signora Diana. Non più di 150 persone assistono alla funzione. Sono quasi tutti parenti e amici del defunto. Il parroco, don Delio Pellegrino, è nato qui. Qui è cresciuto, qui giocava con i fratelli Orsi. Parla, e finalmente qualcuno pronuncia quelle parole: «solidarietà e sostegno alla famiglia». Poi, ricorda che Michele era «un lavoratore dedito alla famiglia». E si rivolge agli assassini: «A quelli che senza scrupoli hanno tolto la vita a Michele, dico che per loro, se non c’è pentimento o conversione con segni concreti di cambiamento, c’è la condanna eterna. Si può sfuggire agli uomini per potere e sete di ricchezza, ma non al castigo di Dio». Il parroco alza la voce, cambia i toni. Urla, anche alla gente: «Noi casalesi non siamo un popolo di criminali. Tra noi, c’è tanta gente che vive alla luce del sole, che guarda al futuro dei propri figli. Che non vuole soccombere sotto la paura di chi ci rende immobili. Ma niente e nessuno può toglierci la nostra dignità». Ce n’è per tutti. E il parroco non si nasconde: «Michele ha fatto la scelta giusta, anche se ha pagato. La scelta che dovrebbero fare tutti se vogliamo che ci sia per tutti un futuro. Ma lo Stato deve essere più presente, deve dare pene esemplari e dare un segno concreto della sua presenza». Don Delio, da 18 anni parroco del quartiere, si accalora. Non una lacrima che non sia quella della famiglia, non un gesto di solidarietà. Michele Orsi solo, anche dopo la morte. Come Domenico Noviello a metà maggio. Soli, in una realtà dove neanche l’emozione diventa contagiosa. E dove una vita massacrata dai colpi veloci dei killer può anche essere liquidata come una formalità. C’erano tanti esponenti delle istituzioni locali alla prima di «Gomorra» in paese. Nessuno nella chiesa di Maria Santissima Preziosa.
GIGI DI FIORE
Il Mattino il 06/06/08
A pochi metri folla e applausi: si sposava il figlio di Sandokan.
Gli orari erano quasi coincidenti. Proprio mentre nella chiesa di Maria Santissima Preziosa cominciava il funerale dell’imprenditore Michele Orsi, ucciso domenica scorsa dal clan dei Casalesi, a meno di un chilometro si celebrava un matrimonio particolare. Uno dei figli di Francesco Schiavone detto Sandokan, detenuto dal 1998 e ritenuto al vertice dell’organizzazione mafiosa casertana, si sposava. Una cerimonia fissata da tempo. La sposa è una ragazza di Casal di Principe, figlia di un imprenditore locale. Nella chiesa dello Spirito Santo, grande folla. Clamore, grida, sorrisi, gioia. Atmosfera in contrasto con quella che si respirava a poca distanza. Don Mario Vaccaro, parroco della chiesa dello Spirito Santo, ha celebrato la cerimonia. È stupito per tanto clamore. Dice: «Fino ad oggi non è ancora reato celebrare un matrimonio». Confetti all’uscita, applausi. Le mamme degli sposi commosse. Poi, le fotografie in posa. Alla fine, tutti al ristorante Hotel Raito di Casale, dove è arrivata la polizia a identificare tutti i 200 invitati. Una prassi. Molti tra i presenti erano pregiudicati.
Il Mattino il 06/06/08
Veltroni: intrecci pericolosi, la politica faccia pulizia.
Il Pd arriva in forze a Casal di Principe. Domani, il segretario Walter Veltroni e i ministri ombra Marco Minniti (Interni) e Lanfranco Tenaglia (Giustizia) trascorreranno la giornata nella martoriata provincia di Caserta. Segretario, lei in campagna elettorale fu sfidato da Roberto Saviano a dire parole forti contro la camorra e da Napoli lanciò un duro monito contro i clan. Domani cosa dirà alla gente di Casale? «È importante essere in piazza per riaffermare il diritto alla legalità, per segnare anche fisicamente l’idea di un territorio non lasciato nelle mani della criminalità. Ma noi non ci fermiamo a questo, la manifestazione sarà preceduta da incontri con il prefetto, i responsabili dell’ordine pubblico, coi giudici della procura e con quelli antimafia: vogliamo capire i loro problemi ma anche dare risposte concrete. Per questo presenteremo una serie di misure per accrescere la presenza dello Stato e delle forze di contrasto alla camorra su questo territorio, proporremo anche per Caserta e la sua provincia un patto sulla sicurezza capace di dare risorse (e di dispiegarle meglio) umane e materiali alla difesa della sicurezza dei cittadini contro lo strapotere dei clan. Anche di questo discuteremo con il ministro Maroni». Prima con la faida di Scampia, poi con l’offensiva dei Casalesi, la camorra ha dimostrato di controllare il territorio. Secondo lei c’è stato una sottovalutazione del problema anche da parte dei governi che amministrano Napoli e la Campania da quindici anni? «Abbiamo assistito certamente a un aumento della pressione camorrista e a una sfida sempre più feroce contro i cittadini e contro lo Stato. Ma abbiamo avuto anche dei risultati nella lotta alla camorra. Credo che ora il problema sia quello di insistere e di dare risposte sempre più efficaci a chi attacca le istituzioni: il ritorno a un pieno controllo del territorio è il passo essenziale». Il giudice Raffaello Magi, estensore della sentenza di primo grado del processo Spartacus, ha denunciato l’assenza di controlli per cui i camorristi si muovono senza il timore di essere intercettati. C’è da rivedere qualcosa nell’attività di intelligence per ridare sicurezza ai cittadini? «Giudico positivamente l’impegno annunciato dal capo della polizia Manganelli che ha rafforzato la squadra degli agenti che lavorano alle indagini. È uno sforzo importante ma – concordo con lei – il problema che anche agli occhi dei cittadini appare più urgente è quello di ristabilire il controllo del territorio. Per farlo servono più uomini, dislocati nei punti giusti. E serve costruire una rete positiva tra cittadini, associazionismo, forze dell’ordine, istituzioni locali». Ha visto il film Gomorra? «Sì, l’ho visto, come avevo letto a suo tempo il libro di Roberto Saviano. È un film bellissimo e potente e anche un documento straordinario davanti al quale nessuno può e deve girare la testa». Una settimana fa c’è stata una marcia per ricordare un imprenditore ammazzato dai Casalesi per aver denunciato le estorsioni. C’era poca gente e soprattutto spiccava l’assenza di politici e istituzioni. Chi denuncia rischia di restare solo anche dopo la morte? «È proprio per questo che ho deciso insieme al Pd campano di essere a Casal di Principe, non certo per fare una sfilata. Bisogna dare concretamente ai cittadini il segnale che chi si ribella al pizzo non è solo. Quello che assumo è un impegno per il mio partito, un impegno che non dura un giorno ma è nel nostro Dna». Michele Orsi, l’imprenditore ammazzato domenica, lavorava nel settore dei rifiuti ed era considerato un elemento di collegamento tra la politica (era stato iscritto anche ai Ds) e la camorra. Il confine tra la politica e la criminalità è spesso troppo sottile? «È vero, la camorra e in generale la criminalità organizzata vivono intrecciando relazioni con i soldi pubblici, con i poteri e quindi anche con la politica. Per questo alla politica è chiesto un di più di impegno e di attenzione anche a quello che avviene al proprio interno. Parlo della politica, di tutta la politica. Nelle indagini su Orsi sono coinvolti esponenti di primo piano di Forza Italia e An, persone che hanno responsabilità persino nel governo nazionale. Ma se questo avvenisse per uomini di idee opposte il mio giudizio sarebbe uguale». L’emergenza rifiuti e la camorra si sono alimentate a vicenda. Il presidente Napolitano ha denunciato il traffico di rifiuti tossici dal Nord, la Lega ha risposto con toni duri. C’è un’Italia che si divide sull’emergenza? «Condivido pienamente quello che ha detto il capo dello Stato: Napolitano non ha fatto altro che citare i risultati della commissione parlamentare d’inchiesta. Tutti sanno che per anni attraverso false bolle di accompagnamento, false società di smaltimento dei rifiuti la camorra ha riempito la Campania di rifiuti tossici che arrivavano dalle industrie settentrionali. E, lo dico sommessamente, credo che anche gli industriali debbano fare qualcosa di più che un’autocritica: quei soldi hanno alimentato la camorra e quei fanghi hanno inquinato la Campania rendendo oggi più difficile anche convincere le popolazioni davanti alla crisi dei rifiuti». Napolitano ha anche detto che sui rifiuti ci sono stati errori della politica. Chi ha governato per quindici anni ha più responsabilità di altri? «L’ho già detto: il centrosinistra riconosce i propri errori ma non bisogna dimenticare che questa situazione è maturata in un quindicennio in cui a governare nel Paese come nella Regione, sono stati tutti, centrodestra e centrosinistra. Ora la questione è rispondere all’emergenza e uscirne». Il Pd si è detto sostanzialmente d’accordo al decreto del governo. C’è una condivisione anche della Superprocura? «Questo è il punto più contestato anche perché esistono profili di incerta costituzionalità. In Parlamento diremo la nostra e cercheremo soluzioni positive per non far naufragare il provvedimento». Tra pochi giorni si conoscerà l’esito delle analisi della cava di Chiaiano. Il governo ha confermato che si andrà avanti con fermezza. L’uso della forza la convince? «Io credo che se le analisi diranno che quell’area è adatta allora bisognerà applicare la legge. Con l’uso della forza, mi chiede. Non è mai una decisione facile e la forza deve essere usata solo se necessaria e nella misura minima indispensabile».
PAOLO MAINIERO
Il Mattino il 06/06/08