Una sola chiesa aperta, sei donne affrante che pregano. I negozi non abbassano le serrande ma sono vuoti. Le strade deserte. Folla nei bar eleganti dai nomi ambiziosi, “Paradise” e “Hollywood”. Tutti muti: sguardi che si incrociano, si parla con gli occhi, come nei paesi di mafia nei giorni cruciali, e questo lo è. Venti auto civette della polizia e venti dei carabinieri giorno e notte, un assedio mascherato a Casal di Principe, Casapesenna, San Cipriano d’Aversa, Villa Literno, Villa di Briano, i paesi degli ergastolani. Almeno tremila persone, con precedenti, sono monitorate. Perquisizioni anche a Castelvolturno, la riviera dei latitanti. Si diffonde l’incertezza, che succede ora? Un senso diffuso di cose sospese. La domanda diventa esplicita quando tre giornalisti entrano in un bar. Un banale pretesto per parlare: due mezzi sigari da accendere, qualcuno ha un cerino? Quello che la Procura per ora non conferma, è il grande nodo: chi si pente? Quel tipo così gentile, offrendo l’accendino, si scioglie. «Che siete venuti a fare, ma quello davvero si pente?» chiede notizie. «Quello», Francesco Bidognetti, detto “Cicciotto e’ Mezzanotte”, è il primo nome che gira.
Giuseppe Russo, “Peppe il padrino”, è il secondo. Non si pensa ad altro: il 19 giugno non ha confermato solo sedici ergastoli, può provocare la resa più temuta, forse la più attesa dai casertani onesti. «Lui è ancora più forte, l’altro ora chissà», è il giudizio che ricorre. Lui è Francesco Schiavone, detto Sandokan. Ha famiglia, patrimonio, struttura, territorio da difendere. La spiegazione trova conferma tra gli inquirenti. «L’altro» è Francesco Bidognetti. È in bilico. Ha il vuoto intorno. La sua area si estendeva da Casale verso il mare. Castelvolturno. È la zona più ricca di progetti, di investimenti, di personaggi. È anche quella degli ultimi delitti. Il potere di Bidognetti è minato dal pentimento del cugino, della sua donna Anna Carrino convinta a collaborare dai pm Antonio Ardituro e Marco Del Gaudio. Parla anche Gaetano Vassallo, l’albergatore che lucrava sui rifiuti tossici e che da marzo apre scenari neanche immaginati. Sul traffico dei rifiuti era egemone Bidognetti: da tempo lo invitano a pentirsi, anche la sua ex compagna l’ha fatto pubblicamente, la sentenza di appello potrebbe spingerlo verso il sì. Sa tutto anche sui rifiuti, quindi sui politici eccellenti e burocrati. Posizione che rafforza quella del suo ex socio, Francesco Schiavone, e che rinsalda i suoi rapporti con Salvatore Cantiello, la sua famiglia era al matrimonio di Carmine Schiavone nell’hotel 5 stelle di Raito a Vietri sul Mare, dove settanta agenti della Mobile di Caserta con il dirigente Rodolfo Ruperti piombarono per identificare i 200 ospiti e aggiornare i collegamenti tra le famiglie. Cantiello aveva avuto screzi proprio con Bidognetti, questione di affari a Castelvolturno, trenta chilometri di litorale, una miniera.
Le sentenze spostano l’obiettivo su chi è fuori. Per la Mobile di Caserta e i carabinieri del colonnello Carmelo Burgio sono ore di controlli e perquisizioni. Si lavora nell’ex villa-bunker di Dante Apicella, oggi sede operativa degli 007 inviati da Antonio Manganelli, guidati da Ruperti, ieri a Casale per rilanciare la caccia ai latitanti, e da Alessandro Tocco. Originale per un ufficio: nel bagno una vasca idromassaggio che è un lago, colore rosa, rubinetti laccati d’oro. Il salotto ospita dieci monitor per le intercettazioni. Si cucina in sede: per evitare contatti con l’esterno e farsi riconoscere. Prudenza. Le trasmissioni in diretta trasferite dalla piazza alla sala interna dell’ex villa di Walter Schiavone, confiscata anche questa. Niente pubblico. Massima vigilanza. Come in via Catullo 9, dove la Finanza protegge Sergio Orsi, fratello e socio dell’imprenditore ucciso. Una donna si scusa: «Papà non può ricevere nessuno, ha una colica renale». Lo descrivono terrorizzato. Basta svoltare l’angolo ed ecco via Dante: è aperto il Roxy bar. Fu ucciso Michele Orsi il primo giugno. Solo ragazzi nel locale adesso, felpe con scritte stravaganti, “Marmellata’s boy”, uno sdraiato sul divano, altri curvi sui flipper, nessun adulto. Le telecamere di polizia o carabinieri, di fronte al bar, avrebbero ripreso 5, forse sei auto per l’agguato. «Un’operazione militare» che rende l’importanza di Michele Orsi e di quanto poteva raccontare sulla sua Eco4 e sul consorzio Ce4. «Sarebbe stato il riscontro per le dichiarazioni di Gaetano Vassallo, quindi il finimondo», è la spiegazione più attendibile.
Con un’auto blindata, arriva in serata Lorenzo Diana, protagonista della lotta alla camorra negli anni più difficili. «Lo Stato ha colto una grande vittoria. Ha infranto un mito. Passava un messaggio: si diceva che le sentenze di Spartacus sarebbero crollate. Invece ne ha potenziato il significato». Lorenzo Diana non cede all’entusiasmo. Prudenza, ancora prudenza. «Gli omicidi del processo Spartacus arrivano al 1992-’93. Bisogna far luce sugli altri». Un filo di ottimismo: «Lo Stato se vuole ha una opportunità irripetibile: riprendersi il territorio. L’ha perso, ora però…». Saluta e se ne va, enigmatico, nella sua blindata blu.
Antonio Corbo
Repubblica Napoli – 20/06/2008