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martedì, Luglio 2, 2024
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UCCISO RAFFAELE GRANATA, GLI ARTICOLI DEL CORRIERE DEL MEZZOGIORNO

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Lo hanno ammazzato come un boss, lui che ai boss aveva chiuso la porta in faccia dopo l’ennesima richiesta estorsiva. E il coraggio di dire «no» è costato la vita al padre del sindaco di Calvizzano, Raffaele Granata, 70 anni, titolare del lido «La Fiorente» di Varcaturo dove ieri mattina è stato freddato a colpi di pistola.
Gli emissari della camorra, due, si sono presentati nello stabilimento in sella ad una moto intorno alle 8.30, quando le spiagge erano ancora semivuote e Granata aveva appena fatto entrare i fornitori di bibite. Uno dei due sicari ha atteso sulla motocicletta con il motore acceso mentre l’altro, casco integrale sulla testa, è andato senza esitazione nel deposito attiguo al bar ed ha ucciso il proprietario con numerosi proiettili 9 per 21. Compiuta la missione di morte, i killer si sono allontanati facendo perdere le proprie tracce. Poco dopo sono arrivati i carabinieri del comando provinciale di Caserta. La pista degli investigatori, diretti dal colonnello Carmelo Burgio, ha immediatamente preso la direzione del racket delle estorsioni «anche se non si escludono altre piste». L’attività politica del figlio Giuseppe, sindaco da tre mesi del vicino comune di Calvizzano, non sembra avere collegamenti con l’omicidio.

La zona dell’agguato, al confine tra Giugliano e Castelvoltuno, oggi come vent’anni fa è controllata da una fazione del gruppo Bidognetti che notoriamente è stato decimato dagli arresti e dalle «collaborazioni» eccellenti. E proprio contro gli appartenenti al clan casertano Raffaele Granata aveva promosso, negli Anni Novanta, una denuncia collettiva degli operatori balneari della zona, facendo arrestare e condannare tre emissari del racket. Che però sono ritornati, come ha riferito ai carabinieri il sindaco di Calvizzano, proprio una settimana fa. Il rifiuto di piegarsi da parte di Granata, che aveva lavorato all’Anm e da più di trent’anni gestiva il lido assieme alla moglie Raffaella, sarebbe all’origine dell’agguato. Ne sono convinti gli investigatori che per tutto il giorno hanno interrogato i parenti della vittima e i lavoratori dello stabilimento.



IL FIGLIO: PORCI, LA PAGHERANNO

MUGNANO. Sono le 17.15 quando Giuseppe Granata arriva a casa. E i primi a salutarlo sono i giornalisti, che con lui sono in contatto per le vicende amministrative del comune di Calvizzano di cui è sindaco da aprile o per la sua professione d’avvocato penalista al Foro di Napoli. Piange come un bambino, Granata, e non ha vergogna di mostrare le lacrime. «Mio padre è uno che ha lavorato una vita intera, mai un giorno di festa, e ce lo hanno ucciso in questo modo». Le parole diventano coltelli quando pensa ai killer e ai mandanti: «Questi porci lo hanno massacrato e ora la pagheranno cara». Non riferisce dettagli, il sindaco, ma fa capire che ai carabinieri ha raccontato tutto : «Mio padre è stato vittima di questa gentaglia che una settimana fa si era presentata con richieste estorsive a cui lui, come sempre, aveva risposto con un secco no». Le ragioni per le quali non è stata presentata una denuncia alle forze dell’ordine dopo la «visita» del racket, il figlio della vittima le sintetizza così: «Non abbiamo dato il giusto peso all’episodio, anche perché questa gentaglia sapeva che non avremmo ceduto in nessuna circostanza. D’altronde mio padre era una persona risoluta, e anche se in famiglia aveva parlato della vicenda, non voleva far preoccupare nessuno e sbrigarsela da solo». Non che fosse uno sprovveduto, precisano gli altri parenti: semplicemente credeva che la storia si fosse chiusa con quel «no», così come era avvenuto già altre volte. E a ribadirlo ci pensa il fratello di Raffaele, Mario, pediatra ed ex assessore del vicino comune di Marano: «Qualche tempo fa erano stati gli operai del lido a cacciare questi “signorotti”. E da allora non si erano fatti più vedere». Fino alla settimana scorsa, con la nuova richiesta di pizzo, e all’esecuzione di ieri mattina.
Il dolore di parenti e amici sfila davanti ad una palazzina di due piani in via don Minzoni a Mugnano, a pochi metri da Calvizzano e Marano, dove Raffaele Granata viveva con la moglie Raffaella Ferrillo e dove, sullo stesso pianerottolo, vive anche la famiglia del figlio Giuseppe. «E’ una tragedia enorme – si dispera un vicino di casa ¬- Neanche immaginate che persona squisita fosse Raffaele: sempre disponibile con gli amici, una vita dedicata alla famiglia e al lavoro. Tanto che a volte restava a dormire a Varcaturo, nella casa che sta di fronte al lido». Quel lido stile Riccione con ristorante, bar, piscina e idromassaggio in cui Granata aveva investito tutti i risparmi e per il quale iniziava a lavorare già a febbraio.


Ugo Ferrero – Corriere del Mezzogiorno 12 luglio 2008

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