Era uno che non si piegava, Raffaele Granata. Non aveva abbassato la testa sedici anni fa, quando insieme ad altri imprenditori della zona aveva denunciato il racket determinando l´arresto di tre persone. E non aveva abbozzato neppure nei giorni scorsi, il 3 e il 4 luglio, quando la camorra aveva nuovamente bussato alla porta dello stabilimento balneare “La Fiorente” di Marina di Varcaturo, sul Litorale Domitio, che gestiva da più di trent´anni e dove alle 8.35 di ieri, mentre già i primi clienti erano sulla spiaggia e un paio di ombrelloni erano stati aperti dai bagnini, è stato ammazzato con dieci colpi di pistola calibro 9.21.
In due, i volti coperti dai caschi, hanno fatto irruzione in sella a una motocicletta nell´area antistante lo stabilimento. Granata, che aveva 70 anni, si trovava nel deposito accanto al bar, intento come ogni mattina a preparare il locale. Uno dei sicari è sceso con la pistola e ha cominciato a sparare. Per ripararsi dal fuoco, l´imprenditore ha tentato di voltarsi ma il killer non gli ha lasciato scampo. Le detonazioni sono state avvertite dai bagnanti che stavano prendendo posto sulle sdraio della “Fiorente” e degli altri lidi adiacenti della zona di Varcaturo.
Antonio, venditore di cocco sulla spiaggia, così ricostruisce quei momenti: «Ho sentito un sacco di colpi, ho capito immediatamente che non si trattava di fuochi d´artificio. Quando sono arrivato, ho visto quell´uomo coperto di sangue, già senza vita».
Un delitto commesso con modalità brutali, che appare agli occhi degli inquirenti come “firmato” dal gruppo di fuoco emergente all´interno del clan dei Casalesi, la potente cosca raccontata da “Gomorra”. «Questi porci la pagheranno cara», si dispera il figlio della vittima, Giuseppe Granata, eletto tre mesi fa sindaco del comune di Calvizzano alla guida di una lista civica e avvocato penalista. «Non sono esseri umani, sono animali – dice Granata» e sottolinea: «Mio padre è rimasto vittima di questa gentaglia che una settimana fa ci ha fatto una richiesta estorsiva alla quale, come sempre, abbiamo detto no. Ma non ci aspettavamo questa reazione assurda, questa tragedia».
Racconta il sindaco di Calvizzano che nel 1992 suo padre, «insieme a tutti gli altri operatori dei lidi della zona, aveva presentato una denuncia che aveva portato all´arresto e alla condanna di tre persone». Negli anni successivi, la situazione era rimasta tutto sommato tranquilla se si eccettua, spiega Granata, «qualche piccola cosa. Veniva qualcuno ma lo mandavamo sempre via. Sembravano pezzenti. Erano mezze richieste». E alla stessa maniera era stato interpretato l´ultimo episodio. «Ne avevamo parlato, in famiglia, ma non ci eravamo preoccupati eccessivamente. Ci era sembrata la solita scemenza. Mio padre era un uomo esperto, attento. Dopo quel fatto si era limitato ad essere un po´ più guardingo».
Le indagini sono condotte dai carabinieri del comando provinciale di Caserta, guidati dal colonnello Carmelo Burgio, e coordinate personalmente dal pm del pool anticamorra della Procura di Napoli, Cesare Sirignano. Si parte dal tentativo di estorsione della settimana scorsa e dall´episodio di diciotto anni fa. In entrambi i casi, ad entrare in azione sarebbe stata l´ala del clan dei Casalesi attiva nella zona di Castelvolturno, la popolosa città nel cui comune ricade il territorio del lido “La Fiorente”. «Queste sono belve scatenate – allarga le braccia Giuseppe Granata – Dopo una vita dedicata al lavoro, settant´anni senza mai un giorno di vacanza, non si può morire in questo modo. Però di una cosa sono sicuro: dovessero passare cent´anni, questi porci la pagheranno cara».
di Dario del Porto (12 luglio 2008)