La fabbrica delle carte false è una modesta villetta a Sant’Egidio Montalbino, in provincia di Caserta. È un laboratorio di analisi accreditato, specializzato in testi merceologici sui rifiuti. È anche la catena di montaggio che sfornava attestati di idoneità al trasporto di scorie industriali fino ai silos degli impianti di compostaggio. In quel laboratorio, per mera alchimia, sparivano le tracce di metalli pesanti o di pesticidi e il rifiuto diventata miracolosamente idoneo alla trasformazione in concime. Senza «Ecoscreening» – e senza gli analisti capuani arrestati un anno fa – il miracolo non sarebbe mai avvenuto. Senza i tecnici di laboratorio venuti a patti con gli avvelenatori dell’ambiente, scrive la Procura di Santa Maria Capua Vetere, la catena si sarebbe interrotta e l’alea di legalità che nascondeva il sistema di inquinamento sistematico dei terreni di mezza Campania avrebbe lasciato il posto al più semplice trasporto illegale di rifiuti: roba da arresto in flagranza, in caso di controllo; e di condanna per direttissima. E invece no. Tre camici bianchi, a distanza di mesi dalla scoperta della discarica illegale che erano gli impianti di Castelvolturno (Naturambiente) e di Castelnuovo di Conza (Sorieco), avevano continuato a falsificare gli esami di laboratorio e a rendere «compatibili con l’ambiente» rifiuti speciali e pericolosi. All’alba di ieri, a conclusione di una indagine dei carabinieri del Noe, coordinata dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere (il capo dell’ufficio Corrado Lembo, l’aggiunto Paolo Albano, il pm Donato Ceglie) sono finiti tutti e tre agli arresti domiciliari: il titolare del laboratorio, Raffaele Giorgio, di 55 anni, e due suoi collaboratori, Patrizia Laudisio di 30 anni e Pasquale Velleca, di 31. Rispondono, così come contestato nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Egle Pilla, di traffico illecito di rifiuti, falso ideologico e disastro ambientale. Altre 24 persone, residenti tra Caserta, Avellino e Salerno sono indagate nello stesso procedimento. Sono nove le aziende che si servivano del laboratorio, perquisite ieri mattina: Milione, a Cava de’ Tirreni; Geos Environment, a Sessa Aurunca; Giaguaro spa, a Sarno; Eco Sistem, a San Felice a Cancello; Acse spa, a Scafati; Eredi Mancuso, ad Avellino; Consorzio Gestione Servizi, ad Avellino; Mexall Progress, a Scafati; Tortora, a Nocera Inferiore. All’attività del laboratorio i carabinieri del Noe sono arrivati nel prosieguo delle indagini dell’operazione Chernobyl, durante gli accertamenti – durati fino alla primavera scorsa – sulla Sorieco. Le intercettazioni telefoniche documentano le analisi su commissione, tutte finalizzate ad aggirare la normativa sulla tutela dell’ambiente e della salute. Emblematica la conversazione tra una dipendente della «Giaguaro», industria conserviera dell’agro nocerino-sarnese – la terra del pomodoro San Marzano – e il titolare del laboratorio. «Allora, io ti dò un campione del concentrato della Cina…tu mi devi fare tutte le analisi, su questo campione, oltre ai pesticidi, mi devi fare …allora, di tutto quello che io ti mando, tu mi fai, tutti i parametri… di questo, di uno , tu me lo fai effettivamente vero. Di quelli precedenti! invece….». Raffaele Giorgio aveva interrotto l’interlocutrice, che però aveva continuato: «Allora, facciamo così, io domani o dopodomani ti mando l’elenco di tutte le sigle dei cassoni dalla Cina e in più un campione che è arrivato adesso…io poi te lo scrivo per bene quello che cerco. Poi ci sentiamo e parliamo bene». Bastava pagare, dicono gli investigatori, e il certificato veniva preparato su misura. Un milione e mezzo di euro in pochi anni, quanto è bastato per rimpinguare il conto in banca e addomesticare le coscienze.
ROSARIA CAPACCHIONE
Il Mattino il 15/07/08
«Il controllo sui pomodori cinesi? Uno me lo fai vero»
Perfino le analisi sui campioni di pomodoro, pelati conserve e quant’altro viene prodotto con il tipico oro rosso dell’Agro, sono entrate nella trafila dei falsi certificati prodotti dal laboratorio di analisi Ecoscreening. Analisi sull’acido lattico del pomodoro per alcune partite di prodotto, analisi su cassoni di pomodoro provenienti dalla Cina, certificazioni per l’oro rosso. È Luisa della ditta Giaguaro, una delle più rinomate dell’Agro nocerino sarnese, che contatta Pasquale Velleca per una serie di analisi. Le intercettazioni confermano agli investigatori l’esistenza dei rapporti tra l’azienda conserviera e il laboratorio finito sotto sequestro. Sono le 12.34 del 21 agosto 2007, siamo in piena campagna del pomodoro e Luisa dell’azienda Giaguaro parla con Pasquale Velleca della Ecoscreening. Luisa telefonicamente gli detta i dati per la redazione di alcuni certificati di analisi relativi alla ricerca di metalli pesanti in campioni di pomodoro oltre che in cassoni di pomodoro proveniente dalla Cina. A via Ugo Foscolo di Sant’Egidio del Montalbino c’è il laboratorio Ecoscreening. La principale attività, secondo gli investigatori, è la redazione di certificati falsi che accompagnavano rifiuti. E non solo. Certificati che attestavano, falsamente, i parametri conformi alla legge. Proprio dalla Giaguaro partono le telefonate per le analisi nel corso della campagna per la lavorazione del pomodoro del 2007. Luisa, dell’azienda alimentare chiede analisi su un campione del concentrato arrivato dalla Cina. E dice: «Tu mi devi fare tutte le analisi, su questo campione, oltre ai pesticidi, mi devi fare… allora, di tutto quello che io ti mando, tu mi fai, tutti i parametri… di questo, di uno, tu me lo fai effettivamente vero». Raffaele Giorgio del laboratorio di Sant’Egidio risponde alla richiesta di analisi: «Si, si». E Luisa: «Di quelli precedenti! invece…». «Se è vero che sulla scorta degli elementi raccolti, in questa specifica occasione, non è stato possibile individuare con certezza la certificazione analitica di riferimento – scrivono gli investigatori – va detto che il contenuto della conversazione telefonica che precede non lascia adito a dubbi interpretativi». Ma ci sarebbero anche fax corretti proprio sulle analisi del pomodoro. Agli inizi di agosto dello scorso anno la fabbrica Giaguaro fu distrutta da un incendio: quattro capannoni distrutti, regolarmente assicurati, adibiti a deposito. Uno scenario apocalittico si presentò agli occhi dei vigili del fuoco arrivati sul posto da Nocera Inferiore, Napoli, Salerno ed Eboli. Non era la prima volta che la Giaguaro Spa subiva incendi. Più volte l’azienda è finita nel mirino della magistratura. Nel dicembre del 2005, la guardia di finanza di Viterbo sequestrò centinaia di tonnellate di concentrato di pomodoro «condito» con larve, vermi e insetti. re.sa.
Il Mattino il 15/07/08