Due bare bianche in uno dei 94 container del campo rom di Secondigliano. La comunità, 600 nomadi di etnia slava, si stringe intorno a Branko Djordjevic, il papà di Violetta e Cristina, le due sorelline annegate sabato pomeriggio a Torregaveta. Il campo Rom, come propria abitudine, si chiude a riccio a elaborare il dolore per la morte di due ragazzine, nate in Italia; fuori infuria la polemica per l’indifferenza di tanti bagnanti, che hanno continuato a prendere il sole, mangiare, nuotare davanti ai corpicini delle due nomadi adagiati sulla spiaggia per quasi tre ore, coperti alla meglio da due teli da mare. Foto che hanno fatto il giro dell’Italia e, tramite Internet, del mondo. E che hanno provocato l’indignazione del cardinale Crescenzio Sepe. «I giornali hanno mostrato le foto quando già tutto era compiuto – ha detto il vescovo di Napoli – e delle due bambine abbiamo potuto scorgere appena i piedi che sporgevano da un telo da spiaggia. In quelle tristi e orribili foto si è visto, per la verità, anche altro: gente sullo sfondo, bagnanti che hanno continuato a restare in spiaggia forse perfino infastiditi dalla visione di quei due teli che ingombravano l’arenile. Sono queste – ha concluso il cardinale Sepe – le immagini che della nostra città non vorremmo mai vedere, perfino più di quelle che hanno mostrato per il mondo una Napoli sommersa dai rifiuti. Girarsi dall’altra parte o, farsi gli affari propri può essere a volte più devastante degli stessi eventi che accadono». Cordoglio e preoccupazione è stato espresso da Laura Boldrini, portavoce dell’Unhcr, l’alto commissariato per i rifugiati dell’Onu. «Preoccupazione ha detto la Boldrini – perché colpisce e indigna il fatto che il recupero dei due corpi sia avvenuto nell’indifferenza generale, come se niente fosse avvenuto. Si sarebbe tenuto lo stesso comportamento – si chiede la portavoce – se si fosse trattato di due bambine italiane? Come possibile che le persone non danno più spazio alla commozione, di fronte ad un dramma simile?». La Boldrini ha ricordato che il 20% dei rom presenti in Italia sono slavi; si tratta di persone che hanno ottenuto lo status di rifugiati o la protezione umanitaria. La famiglia di Cristina e Violetta è in Italia da due generazioni. Il papà, Branko, ha la cittadinanza italiana. Le due ragazzine erano anche scolarizzate, frequentavano una scuola elementare di Secondigliano. Franco Iannuzzi, sindaco di Monte di Procida, rigetta le accuse. Anzi sottolinea che «personale del Comune ha provato a essere vicino alle famiglie nomadi di Scampia, ma ciò non ha sortito buon esito. Verso il nostro personale i nomadi hanno avuto un atteggiamento di chiusura», spiega Iannuzzi secondo cui «le preoccupazioni che la comunità nomade sta vivendo in questo momento particolare, per via dell’attuazione del decreto Maroni, non ha permesso di aprire un dialogo. Noi, comunque, siamo vicini alle due ragazzine e le ricorderemo con un manifesto di solidarietà». E ieri il pm di turno, Stefania Stefanìa, ha dato il parere positivo per l’interro dei due corpicini. I funerali saranno celebrati oggi all’interno dell’accampamento. Niente autopsia, quindi, segno che non ci sarà un’inchiesta sulla vicenda, catalogata come morte accidentale. La capitaneria di porto ha ascoltato diversi testimoni, facendo luce su una vicenda che non dovrebbe presentare altri punti oscuri.
CRISTIANO TARSIA
Il Mattino il 21/07/08
«Il razzismo non c’entra, tanta la solidarietà»
Battigia liscia, l’arenile solcato da orme infinite, onde languide dettate dalla brezza leggera. Una giornata come tante altre, una domenica rovente. La Torregaveta di sempre, uguale a se stessa, si concede all’esercito di pendolari del mare senza fornire traccia della tragedia. Così come i corpi di Violetta e Cristina, il mare ha portato via anche il mazzo di fiori che una mano sensibile aveva poggiato accanto ai corpi senza vita. Ma il mare non spazza via l’eco delle polemiche: l’indifferenza dei bagnanti alla presenza dei corpicini ricoperti da teli da mare fa discutere persino quanti erano intervenuti nel tentativo di salvataggio. Ma fa discutere anche l’assoluta mancanza di misure di prevenzione in un tratto di mare che miete vittime ogni anno. Il fato avrà il suo peso, ma chissà, se vi fosse stata una bandiera rossa a segnalare il pericolo forse le due rom non si sarebbero tuffate. Gran parte dei bagnanti ignora che sia quello il teatro della tragedia: «Ah, è qui che sono morte le due zingarelle?», risponde una bagnante giunta in treno da Fuorigrotta. «Quando si è capita la gravità della situazione – racconta Antonio Illiano, uno dei testimoni intervenuti – c’è stata una mobilitazione di tutti i bagnanti. Ognuno cercava di fare qualcosa. In molti abbiamo rischiato la vita per cercare di salvarle. Dopo anche a me ha dato fastidio vedere gente che giocava o mangiava a pochi metri dalle ragazzine morte». Respinge le accuse il sindaco della città flegrea, Franco Iannuzzi: «L’indifferenza non credo assolutamente sia dovuta al fatto che le ragazzine fossero rom. Anche in altre situazioni e con persone di diversa etnia ho assistito a scene di indifferenza. Sono aspetti legati alla sensibilità di ciascuno di noi. C’è mobilitazione prima di un fatto tragico, poi dinanzi al decesso, dopo la prima amara emozione, tutto riprende con strana normalità. Sono scene che purtroppo si ripetono e a cui abbiamo assistito – ribadisco – anche in altre situazioni dolorose». Ma c’è anche chi evidenzia la mancanza di misure di sicurezza: «Altre due figlie di un Dio minore – accusa Giuseppe Pugliese, consigliere comunale – per una tragedia annunciata. L’unica concessione demaniale prevede tutte le misure di sicurezza del caso: bandiere colorate, boe di demarcazione, barca di salvataggio. Lo scorso anno segnalai queste mancanze in Consiglio quando morirono due ucraine, ma a parte una missiva rassicurante del sindaco non ebbi altri riscontri».
ANTIMO SCOTTO
Il Mattino il 21/07/08