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Rom annegate, la mamma accusa: lasciate sole come animali. Domenica messa sulla spiaggia di Torregaveta

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Un mare di fiori bianchi ha trasformato la piccola baracca in una serra. Tanto che a stento si distingue il legno chiaro delle due piccole bare in cui riposano i corpi di Cristina e Violetta, le due bimbe rom annegate sabato pomeriggio a Torregaveta. Fasci e corone sono arrivate dalle comunità nomadi di tutt’Italia nel campo rom di Scampia. Ma tanti mazzi di rose bianche sono giunti anche da famiglie italiane. Accanto alle foto sorridenti delle due sorelline anche una fetta di pane con la «nutella» e un’aranciata. Anche il cibo per i rom è un modo di comunicare il dolore. Il fulcro del rito funebre è infatti proprio in un banchetto che dura per tre giorni ed è riservato alla comunità e agli ospiti che vanno a rendere l’omaggio funebre alle due bimbe, uccise dal mare che sono idealmente presenti al banchetto attraverso le foto. Nel campo nomadi Asa di Scampia da sabato pomeriggio tutta la comunità è in lutto stretto e piange insieme alla mamma delle piccole, Miriana, 30 anni, un aspetto da bambina, nonostante sia già madre di sette figli. Un lutto che si rinnova dopo nove giorni e si celebra ancora con un’altra tavola funebre 40 giorni dopo la morte delle piccole. Una tradizione antica e suggestiva precede la sepoltura: i corpicini vengono lavati e ricomposti dalla famiglia e per 9 giorni tutto il campo vive il periodo di lutto. Miriana ha il viso rigato dalle lacrime ma non grida per non spaventare la sua bimba più piccola, Angelica, di due anni che stringe al seno. «Me le hanno lasciate morire sulla spiaggia come cani, nessuno ha fatto nulla – sussurra – Violetta voleva fare la ballerina da grande». Tra le donne anziane ai fornelli c’è Vera Karig, la nonna delle bimbe «Ci odiano per questo non le hanno aiutate. Hanno fatto morire le nostre bambine. Dio li castigherà… Potevano salvarle e sono rimasti a prendere il sole». Qualcuno ricorda che qualche bagnante si è tuffato per aiutare Cristina e Violetta ma anche le altre due amichette che erano con loro, Manuela 16 anni, e Diana di 10 anni, mentre annaspavano tra le onde. «Ma gli altri però stavano lì fermi a guardare – dice Aldo Zanetti, amico del nonno delle bimbe. E anche dopo la tragedia non si è visto nessuno né della Municipalità né del Comune». «Amavo Violetta come fosse una mia nipotina – dice Gennaro Chirichella, un pensionato di Melito – la portavo a casa e giocava con noi. Sono arrivate qui ancora sporche di sabbia, chiuse nella bara. C’è solo da vergognarsi». Intanto, centinaia di bagnanti e frequentatori delle spiagge del litorale hanno scritto all’associazione «Telefono Blu» esprimendo sdegno. «Per questo abbiamo chiesto al vicario della curia di Pozzuoli – dice il presidente Antonio Pariante – di celebrare domenica una messa sulla stessa spiaggia dove sono morte le bimbe e dal vescovato ci è stata data grande disponibilità». Dalla chiesa di «S. Maria del ben morire» (concessa dal cardinale Sepe alla comunità russa del patriarcato di Mosca, dedicata a San Andrea Apostolo) al corso Umberto è arrivato un prete ortodosso, padre Andrey Poytsov, che dopo aver benedetto con l’incenso le salme, ha seguito il corteo, scortato dalla banda musicale. E tutta la comunità ha accompagnato le due piccole bare fino al cimitero di Qualiano.

ANNA MARIA ASPRONE
Il Mattino il 22/07/08

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Tradizioni funebri: «Per l’addio i simboli dell’antico Egitto»

Un banchetto funebre che dura tre giorni. na foto del defunto sul tavolo per farlo partecipare al pranzo. Incenso sulle palpebre della salma. Riti della tradizione ortodossa organizzati nel campo rom di Secondigliano dai romeni della comunità di cui facevano parte le due ragazzine annegate a Torregaveta. Ne parliamo col professore Bruno Mazzoni, ordinario di lingua e letteratura romena all’università di Pisa, uno dei maggiori conoscitori del fenomeno della migrazione dei popoli dell’Est. Un banchetto funebre di tre giorni ripetuto dopo una settimana, un mese e sei mesi. È un rito romeno? «È il rituale della chiesa ortodossa. C’è una singolare analogia tra il rituale funebre e il rituale di nozze che pure ha una durata di tre giorni di festeggiamenti. Come per i latini, il rituale funebre ha una duplice valenza: si commemora il defunto ma in pratica si vede l’evento come la reintegrazione nel cosmo». Per una settimana i parenti del morto non si lavano. È anche questo un rito ortodosso? «Questa non l’ho mai sentita. Non escludo che in qualche determinata area della Romania possa accadere. Potrebbe essere un retaggio di antopologia culturale di vecchia data che si riferisce agli odori legati ai corpi dei defunti». Incenso sulle palpebre delle salme. Cosa significa? «È un rituale analogo a quello delle mummie che venivano cosparse di unguenti per accompagnare il cadavere nell’aldilà. In alcune comunità rumene si mette una moneta sotto il palato del defunto per pagare l’obolo per il passaggio nel regno de morti».

MARISA LA PENNA
Il Mattino il 22/07/08

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