PUBBLICITÀ
HomeRassegna StampaINTRIGO SUL KILLER SERBO: FUGA O DEPISTAGGIO?

INTRIGO SUL KILLER SERBO: FUGA O DEPISTAGGIO?

PUBBLICITÀ

La gang di Zemun ormai è distrutta: sono rimasti in cinque, compreso Ninoslav Konstantinovic, l’omicida del primo ministro serbo Zoran Djindjic che avrebbe ucciso — secondo il quotidiano «Blic» — anche il padre del sindaco di Calvizzano, vittima del racket, e l’affiliato del clan Di Lauro, Ciro Maisto.
Cinque cani sciolti, latitanti da cinque anni. Da quando, dopo l’uccisione di Djindjic, sulla schiena dei sicari serbi pesano condanne in contumacia che sommate l’una all’altra basterebbero a far morire Matusalemme in carcere.
Fonti informate sull’attività dei servizi segreti serbi, però, ritengono assai poco probabile che oggi Ninoslav Konstantinovic si trovi in Campania, e tantomeno che stia lavorando come killer al soldo della camorra. «Ninoslav Konstantinovic? — chiede il nostro informatore — Era a capo di tutti i dealer di droga in un sobborgo di Belgrado chiamato Karaburma. Trattava eroina, cocaina e a volte marijuana: tutto sotto il suo controllo». E ora pare che si sia messo in affari con la camorra. Un curriculum come il suo gli consentirebbe questo e altro. «La camorra campana, negli ultimi anni ha intrecciato rapporti stabili con i montenegrini, e loro tengono molto al proprio territorio: se entri nel territorio dei montenegrini sono guai, possono crearsi grossi problemi. Se quelli di Zemun non hanno avuti problemi, vuol dire che hanno osservato le regole».
Paesi diversi, consuetudini diverse: l’omicidio di Raffaele Granata e quello di Ciro Maisto sono avvenuti con delle teniche — a bordo di una moto, mirando al volto — che secondo la nostra fonte sono del tutto dissimili da quelle utilizzate dai sicari serbi. «Qui nessuno si sogna di sparare da una moto: viviamo in un paese dove in inverno la temperatura scende di 10-15 gradi sotto lo zero. I killer serbi sparano una raffica di mitra dalle auto (preferibilmente di marca Audi) che incendiano subito dopo. Proprio due giorni fa c’è stato un agguato nel centro di Belgrado. Hanno ucciso un capo della gang di Sabc usando, per l’appunto, la solita tecnica. Un altro modo di uccidere, qui in Serbia, è quello di usare gli sniper (cecchini specializzati nei tiri a lunga distanza; ndr)».
Una volta che la tesi dei legami tra Konstantinovic e la camorra viene messa in discussione, anche la sua permanenza in Campania apparirebbe meno sensata. Il criminale serbo, secondo fonti informate, sarebbe in qualche posto nei Balcani. E la notizia della sua presenza in Campania sarebbe stata diffusa con un intento preciso: quello di depistare. Il nostro informatore ha ragione di credere che l’informazione sia falsa: «La strategia potrebbe essere quella di far credere a Konstantinovic che lo stanno cercando in Campania, mentre invece le ricerche si stanno intensificando in Bulgaria. Se fossi in lui, oltretutto, eviterei di andare in un paese dell’Unione europea: il rischio di essere arrestati è molto più elevato. In Bulgaria, Albania, Romania, molti uffici di polizia non hanno neanche i computer, e bastano pochi soldi per corrompere un poliziotto…». Quel che è certo è che la gang di Zemun ha la polizia alle costole, e ne è consapevole. Uno di loro si è pentito di recente, e ora è un testimone protetto. Si tengono molto lontani tra loro: se uno viene arrestato, gli altri possono ancora cavarsela. E hanno bisogno di soldi. Cinque anni di latitanza creano un notevole bisogno di contante, soprattutto per cinque cani sciolti orfani del proprio clan. «Si occupano ancora di droga, che parte dalla Turchia o dalla Bulgaria e arriva in Ungheria, Croazia, Europa centrale». Un’informazione tendenziosa, quindi, quella che vedrebbe Ninoslav Konstantinovic in Campania, a sparare per la camorra? «Tutto è possibile. Dubito, però, che sia andato a mettersi nelle mani dell’Interpol. Uscire dai Balcani per andare in Italia, per uno come lui è quasi come costituirsi».


Stefano Piedimonte


Corriere del Mezzogiorno – 23/08/2008

PUBBLICITÀ
PUBBLICITÀ