Alla notte dello sgomento è seguita la giornata della rabbia. La comunità africana che vive lungo la Domiziana ha reagito ieri in maniera violentissima all’uccisione di sei immigrati, seguita di pochi minuti all’omicidio del gestore italiano di una sala giochi.
Dalla tarda mattinata fino a sera si sono susseguiti episodi di violenza: blocchi stradali, vetrine sfondate, auto ribaltate e sfasciate, insulti («italiani tutti bastardi e razzisti») e minacce ai passanti e alle forze dell’ordine (che assistevano impassibili a tutto ciò). Movente e organizzatori della strage sono stati chiari fin dal primo momento agli investigatori che, coordinati dalla Dda, indagano sulla mattanza.
Il gruppo di fuoco
È il gruppo di latitanti casalesi che sta cercando di zittire i collaboratori di giustizia e di sottomettere il territorio e le sue attività. I nomi sono sempre quelli: Francesco e Alessandro Cirillo, Oreste Spagnuolo, Giovanni Letizia, Giuseppe Setola, Emilio Di Caterino. La saracinesca della sartoria Ob. Ob. exotic fashion adesso è chiusa. Fogli di carta formato A4 specificano che il locale è sottoposto a sequestro. Sul marciapiede c’è ancora molto sangue e tanti cocci di vetro a ricordare la furia degli assassini che giovedì sera sono entrati in azione. Sei o sette persone, arrivate in macchina e in motocicletta; assassini che, com’è accaduto altre volte di recente, indossavano pettorine della polizia. Erano armati di kalashnikov e grosse pistole e hanno sparato all’impazzata: 120, più o meno, i colpi. Cinque gli africani morti all’istante: tre erano del Ghana, uno del Togo, uno della Liberia. Un altro liberiano è morto ieri mattina nell’ospedale di Pozzuoli, un altro ghanese è ricoverato con le gambe sfracellate al Cardarelli. Forse si salverà, ma non potrà più camminare.
Il titolare della sala giochi
Prima di fermarsi davanti alla sartoria, luogo di ritrovo degli africani, i killer avevano ucciso un’altra persona: Antonio Celiento, 53 anni, titolare di una sala giochi a Baia Verde. Suo fratello Salvatore portava i «pizzini» di Francesco Schiavone, cugino omonimo di «Sandokan», dalla Polonia al Casertano. I due episodi non sono collegati direttamente: Celiento, probabilmente, forte dei suoi legami di amicizia con Schiavone si era rifiutato di pagare la tangente, ma è stato punito senza pietà. Gli africani (uno dei quali aveva 700 euro in un calzino) sono stati invece assassinati perché non volevano cedere al gruppo dei latitanti una quota dei loro ricavi. La decisione di mettere a segno due agguati a distanza di pochi minuti e di pochi chilometri si spiega con la volontà di Di Caterino e company di dare un segnale di forza. Come accadde nell’aprile del 1990 a pochi chilometri da qui, nella località nota come Pescopagano: killer scatenati contro gli spacciatori neri, cinque morti, otto feriti.
La giornata di guerriglia
La comunità africana di Castelvolturno si è ritrovata giovedì notte davanti alla sartoria e ci è rimasta fino a ieri mattina. Intorno a mezzogiorno le prime avvisaglie della violenza che avrebbe poi segnato l’intera giornata: alcune decine di giovani, quasi tutti nigeriani, hanno trascinato al centro della strada alcuni cassonetti dei rifiuti e hanno cominciato a inveire contro gli italiani. Poi hanno bloccato un bus del Ctp, a bordo del quale c’erano altri immigrati, e li hanno costretti a scendere per prendere parte alla protesta. Da quel momento in poi la situazione è andata peggiorando di ora in ora. Sono comparse mazze di ferro e i manifestanti hanno preso a sfasciare vetrine e auto in sosta. A lungo la polizia ha continuato a dire «è una manifestazione pacifica». Nel pomeriggio gli immigrati hanno organizzato un corteo che ha percorso la Domiziana fino ad arrivare a Castelvolturno. È stato il momento peggiore: la comunità locale si è trovata in balìa di un gruppo di esagitati che urlava insulti (il più frequente era «italiani bastardi») e minacce. Neppure la pioggia, che dalle 14 ha cominciato a cadere fitta, ha convinto i manifestanti ad allontanarsi. In serata diversi cassonetti dei rifiuti sono stati dati alle fiamme. Nel tentativo di mettere fine agli episodi di violenza, il sindaco di Castelvolturno, Francesco Nuzzo, ha ricevuto in municipio una delegazione di immigrati. Rabbia anche tra gli italiani, molti dei quali si sono visti sfasciare il negozio o l’auto a colpi di spranghe: «Li lasciano fare senza muovere un dito: è gravissimo, è scandaloso. Se avessimo sfilato noi in corteo contro di loro ci avrebbero subito bloccati».
Militari in campo
Adesso è il momento delle indagini. Gli investigatori lo sanno che bisogna fare in fretta. Il clima, da queste parti, è sempre più pesante e il prefetto, Ezio Monaco, non esclude l’invio dell’esercito.
Scritto da Titti Beneduce da il Corriere del Mezzogiorno, 20-09-2008
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