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domenica, Giugno 30, 2024
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I GENITORI DI PAOLINO: «CHI HA VISTO PARLI»

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Il diciassettenne perse la vita
cadendo dal motorino
che voleva difendere
dall’assalto dei rapinatori
Dopo quasi due mesi
sono ancora senza volto
i malviventi che lo inseguirono



di ROBERTO GIANFREDA



Un invito al coraggio, un invito a rompere il muro dell’omertà e della paura. Lo hanno fatto con un manifesto due genitori straziati: il figlio ucciso per un motorino. Un tentativo di rapina sfociata in tragedia e che, un mese e mezzo dopo, non ha ancora un colpevole. Padre e madre non sanno, non vogliono rassegnarsi a che la morte resti senza colpevoli. «Chi ha visto parli» è scritto su un manifesto apparso in piazza Belvedere, nel pieno centro di San Sebastiano al Vesuvio.
Un chiaro invito a collaborare con gli investigatori, quello dei genitori di Paolino Avella, 17 anni, morto il 5 aprile dopo essere caduto dal suo Piaggio Liberty 150 (guidava senza casco e con lui c’era un amico) nel tentativo di sfuggire ai rapinatori, che lo avevano inseguito dall’uscita della scuola. Partono da una certezza Rosaria e Alfredo Avella: alla tragica fine del loro Paolino qualcuno deve sicuramente aver assistito, trattandosi di un sabato poco dopo mezzogiorno. La tentata rapina, l’inseguimento dei banditi, lo scooter impazzito che finisce la sua corsa in via Matteotti contro un albero e il giovane che urta il capo contro un marciapiede: sequenze-choc a poche centinaia di metri dal liceo scientifico frequentato dal ragazzo e proprio nell’ora di uscita degli studenti.
C’è stato chi ha visto. Ma, forse vinto dal timore di ritorsioni, ha taciuto, come è successo in tante altre occasioni in un comune che fino a pochi anni fa si sentiva tranquillo, lontano dai circuiti della criminalità. Eppure, sostengono Alfredo e Rosaria, il loro Paolino, derubato quindici giorni prima della morte, aveva contribuito con la sua testimonianza all’arresto del responsabile del furto di un telefonino a un compagno di scuola.
Punta dritto al cuore e alle coscienze, l’appello dei genitori. Chiedono a chi ha visto di «decidersi finalmente a parlare, affinché due belve vengano assicurate alla giustizia». Dura, la denuncia: «Se così non sarà, a nulla varranno le parole di condanna, i sit-in in piazza, le sollecitazioni ai politici e alle forze di polizia». Ancora senza volto e nome, gli assassini di Paolino. «Se chi sa non parlerà – è scritto ancora nel manifesto – torneremo alla routine quotidiana, fatta di scippi, aggressioni, violenze, fino alla prossima vittima. Chi ha visto parli, o la prossima vittima l’avrà sulla propria coscienza. E stavolta potrebbe toccare a lui, a suo figlio, a suo fratello».
La morte del giovane scatenò rabbia e manifestazioni di protesta degli studenti di San Sebastiano. I ragazzi scesero in piazza e invocarono protezione all’uscita di scuola, a centinaia nei giorni successivi manifestarono in piazza del Plebiscito a Napoli, e una delegazione fu ricevuta dal prefetto e ascoltata dal comitato provinciale per l’ordine pubblico e la sicurezza. Si riunì anche il Consiglio comunale per sollecitare interventi massicci da parte delle forze dell’ordine.
San Sebastiano era una volta un’isola felice, la morte di Paolino Avella fu una ferita profonda che confuse e amareggiò la città. Una volta persino i contrabbandieri di sigarette si tenevano alla larga, forse per volere dei boss, e piazzavano i banchetti di vendita soltanto oltre il confine con Portici ed Ercolano. Adesso no, le bande arrivano dalle periferie di Napoli, colpiscono e fuggono. «Siamo diventati il supermarket dei criminali», si sfogò il sindaco Silvio Carpi. I rapinatori arrivano a bordo di motorini, terrorizzano anziani e ragazzi, svaniscono nel nulla. Le vie e le ville sono prese d’assalto, di sera i banditi aspettano che la gente rientri per colpire. «Vengono da Ponticelli», dicono. «Sì, ma pure da Portici ed Ercolano», insistono. L’isola felice è assediata, come le altre città vicine ai quartieri del degrado.
Le bande di giovani che organizzano i raid sono di casa qui. Nel caso di Paolino potrebbe essersi trattato di una gang che ha agito in altre occasioni. I carabinieri della compagnia di Torre del Greco, che indagarono fin dalle prime ore, risalirono ad alcuni ragazzi con precedenti penali, ma nella fase della verifica delle prove sono sempre mancati riscontri e testimonianze. E ora c’è l’accorato appello dei genitori di Paolino a scuotere le coscienze di chi ha visto e finora ha taciuto.



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IL MATTINO 24 MAGGIO 2003

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