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sabato, Aprile 27, 2024
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Il giudice Raffaele Cantone e la sua città

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Giugliano non è solo il luogo di nascita di Raffaele Cantone, è anche uno dei motivi per cui Cantone ha fatto il magistrato. In «Solo per giustizia», il suo primo libro, quell’area così disprezzata e martoriata è protagonista della scelta di un giovane avvocato, studioso, perbene e coerente, che trovandosi a vivere in un posto dove la camorra è egemone sceglie di diventarne il nemico pubblico numero uno. Entra nella squadra dell’Antimafia e per dieci anni è in prima linea, sotto scorta e con la vita privata stravolta. Anche oggi che è a Roma in Cassazione, Cantone continua a vivere a Giugliano e continua a «guardare in faccia alla camorra» grazie ad una credibilità conquistata sul campo. E torna spesso anche nell’istituto Fratelli Maristi, la sua scuola e quella dei figli, «un’altra casa», per parlare con gli studenti della sua città.


Dottor Cantone dopo la riunione in Prefettura di sabato scorso tra ministero, Regione, Provincia e Comune di Napoli è tramontata definitivamente l’ipotesi di un termovalorizzatore nella zona orientale. Ma l’impianto si dovrà fare e potrebbe essere delocalizzato proprio a Giugliano. Cosa ne pensa?

«Mi chiedo: se il termovalorizzatore fa male a Napoli, perché dovrebbe far bene a Giugliano? Si continua ad alimentare la logica del nulla nel mio giardino. A preferire la guerra tra territori confinanti».

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I suoi concittadini sono preoccupati?

«Assolutamente sì. La notizia non ha avuto ancora una grande pubblicità, ma quelli che lo sanno sono proccupatissimi perché Giugliano ne ha già vissute di tutti i colori».


Anche lei è contro i termovalorizzatori?

«Non sono contrario agli impianti. Tutt’altro. Pongo la questione in maniera problematica. A Giugliano ci sono discariche regolari, poi quelle in mano alla camorra. Ci sono depositi di ecoballe probabilmente gestiti dalla stessa camorra. Abbiamo la certezza di rifiuti interrati in questi luoghi sempre dalla camorra. Per tutti questi motivi Giugliano è l’ambiente opportuno per ospitare un nuovo impianto?».


Ma lei vive a Giugliano.

«Ma non ne faccio certo una questione campanilistica. Trovo che la vicenda dei rifiuti sia come la tela di Penelope. Ogni volta viene rimesso in discussione il piano regionale. Ogni volta si sfila ciò che si è deciso e si riparte da zero».


Secondo lei, quindi, l’incontro di sabato non è stato risolutivo?

«Sono piuttosto perplesso».


Rispetto a quali provvedimenti?

«Per esempio vengono dati poteri straordinari per aprire le discariche ad un commissario, già straordinario, di cui non conosciamo atti formali. Potevano darli prima questi poteri se era una condizione indispensabile. E l’attribuzione dei poteri alle Province, la continuo a trovare sbagliata. Ha frammentato ulteriormente le responsabilità».


La manovra Monti potrebbe aiutare, in questo senso.

«Ma non scompaiono le Province, solo le giunte. E tra l’altro non dovrebbero essere toccate le competenze, visto che è materia regionale».


Dicevamo i provvedimenti.

«Mi chiedo: perché è stato messo in discussione l’impianto a Napoli est? Quali sono i fatti nuovi che portano a invertire la rotta? Io non sono per il no preventivo. Vorrei che si fosse valutato rigidamente l’impatto ambientale di un impianto in quell’area e si fosse deciso di non costruirlo per motivi seri. Ma a tutt’oggi sappiamo solo che a Napoli non si farà, non il motivo».


Qual è la sua preoccupazione?

«Se si stabilisce il criterio per cui i territori più poveri devono sopportare gli impianti non si risponde a nessuna logica di giustizia sociale. Tutt’altro».


A Napoli c’è un sindaco, Luigi de Magistris, che ha detto no all’impianto.

«Io sono un magistrato, non ne faccio una questione di tipo politico, ma ambientale. De Magistris fa il sindaco e tutela il suo territorio. È compito di altri quello di tenere posizioni super partes. E da questo punto di vista vedo un comportamento non certo lineare».


Di chi?

«Sicuramente del ministro Clini. Il momento prima del suo arrivo a Napoli dice che la città versa in uno stato di emergenza e serve addirittura l’esercito. Viene smentito dal ministro della Difesa, suo collega. Una volta in città, l’emergenza scompare, non c’è».


Dunque?

«Delle due l’una. O è stato informato male e sarebbe meglio se il suo informatore fosse rimosso dal ruolo che riveste oppure c’è l’emergenza e noi non ce ne siamo accorti. Clini non è un ministro qualsiasi, è stato direttore dell’Ambiente già ai tempi di Pecoraro Scanio, insomma dovrebbe conoscere molto bene la vicenda di Napoli. Resto davvero perplesso per quello che è accaduto».
Qual è la conclusione di questo ennesimo capitolo della storia?
«Se si è deciso che il piano regionale deve essere attuato allora gli inceneritori devono essere costruiti. Altrimenti si torna indietro».


L’amministrazione di Napoli dice che ci sono alternative.

«Quali? I rifiuti in Olanda? Sinora non è partita una nave. La differenziata? Siamo ancora lontani dal 65 per cento».


Le discariche?

«Non ci sono. E non si risponde adeguatamente all’Europa».


Quindi, secondo lei, si è deciso di non decidere?

«Stiamo rinviando ancora una volta la soluzione del problema. Continuiamo a spostare le lancette in avanti, sprechiamo un tempo lunghissimo. E poi molte parole, tante parole, troppe parole. Ma fatti sinora non ne ho visti».


Simona Brandolini
Corriere del Mezzogiorno

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