Avrebbe abusato e commesso violenza sessuale sulla propria figlia, all’epoca dei fatti di appena 13 anni.
È stato giudicato colpevole e condannato ad 8 anni di reclusione. Questa la sentenza emessa la settimana scorsa dal Tribunale di Nocera Inferiore, nei riguardi di un uomo di 58 anni, di Scafati.
Abusava sessualmente della figlia piccola, condannato padre “orco” a Scafati
La difesa – nell’attesa delle motivazioni – ha annunciato ricorso in appello, ritenendo del tutto inattendibile la testimonianza della presunta vittima. I fatti risalgono al 2016. L’uomo è stato giudicato colpevole per un unico episodio, che lo vedeva imputato per aver costretto la figlia piccola a subire atti sessuali, consistiti in toccamenti e altro.
Stando ad una consulenza redatta da un esperto psicologo, la minore – all’epoca dei fatti – avrebbe mostrato una scarsa capacità nel testimoniare, in ragione di un deficit psicologico. Durante la fase dell’indagine preliminare, fu infatti valutata la capacità di stare in giudizio della piccola. Poi si passò all’incidente probatorio, richiesto dall’organo inquirente, per verbalizzare la testimonianza della minore in relazione a quanto accaduto con il padre. In quella sede, la ragazzina avrebbe descritto la natura di diversi momenti e circostanze vissute insieme al genitore, al punto da spingere la procura a chiedere poi il processo.
L’indagine partita da una chiamata anonima
L’indagine partì da una segnalazione anonima fatta ai carabinieri da un soggetto, che con una telefonata fornì elementi tali da spingere gli inquirenti ad approfondire. Si arrivò poi alla chiusura dell’inchiesta e infine al dibattimento. Al termine del primo grado, il Tribunale di Nocera Inferiore ha riconosciuto l’uomo colpevole di un’unica circostanza, durante la quale avrebbe abusato o comunque costretto la figlia a subire atti sessuali di vario tipo. La difesa dell’imputato aveva chiesto, invece, l’assoluzione con formula piena.
E questo, per aver ritenuto la testimonianza della minore, all’epoca dei fatti insieme alla sua stessa capacità a stare in giudizio, non credibile, contraddittoria, confusa oltre che priva di riscontri. Con il deposito delle motivazioni, si comprenderà meglio il ragionamento del collegio giudicante.