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mercoledì, Maggio 8, 2024
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Accusati di camorra, Tina Rispoli resta in carcere: per Tony si decide lunedì

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Il Tribunale del Riesame di Napoli ha confermato il carcere per Tina Rispoli, vedova del boss di camorra Gaetano Marino e moglie del cantante neomelodico Tony Colombo. I due sono stati arrestati nel corso di una retata contro il clan Di Lauro di Secondigliano a Napoli. Rispoli e Colombo sono accusati dalla Procura di Napoli di avere avuto un ruolo negli investimenti del clan Di Lauro. Per il cantante neomelodico palermitano, difeso dall’avvocato Paolo Trofino e dall’avvocato Carmine Foreste, l’appuntamento con i giudici del Riesame è per lunedi’.

“Con Di Lauro solo amicizia e aiuti morali”, Tony Colombo si difende dalle accuse di camorra

«Questo è il mio modo di vedere la vita. Forse troppo aperto, troppo disponibile ad aiutare tutti e a dare consigli. Sicuramente è un errore, questa situazione mi fa capire di averlo commesso». Ha respinto le accuse Tony Colombo davanti al giudice che lo ha mandato in carcere insieme alla moglie Tina Rispoli con l’accusa di concorso esterno in associazione camorristica per i suoi rapporti con Vincenzo Di Lauro, figlio dello storico padrino di Secondigliano.

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Il cantante neomelodico ha dichiarato di non aver a che fare nulla con la camorra.  Colombo ha spiegato di conoscere Di Lauro ma di non aver avuto nessun contatto con il clan. Il suo rapporto con il secondogenito di “Ciruzz ‘o milionario” è solo d’affari e in particolare il suo negozio faceva parte di una serie di punti vendita a cui doveva essere affidata la rete di distribuzione del marchio. Per quanto riguarda il secondo “affare” contestato, ossia la fabbrica di sigarette di contrabbando, ha dichiarato di aver dato solo un apporto morale in quanto era impegnato un parente, Raffaele Rispoli, ma di non aver mai investito soldi.
Poi un riferimento a quello che definisce il suo talento principale: «Io mi trovo in questa situazione oggi che è una situazione per me al di fuori di quanto potevo immaginare nella vita. Ho fatto conservatorio, ho lavorato tantissimo, ho girato mezzo mondo con la musica, non immaginavo che il fatto di essere troppo disponibile mi portava in queste condizioni. Forse ho avuto un modo di vivere aperto, ovunque vado incontro tante persone, forse sono stato troppo disponibile ad aiutare tutti».

Per quanto attiene al brand “Corleone” (che su un importante quotidiano nazionale dove Colombo aveva avviato una campagna pubblicitaria era stato definito “antimafia”), il neomelodico ha spiegato che l’iniziativa economica è rimasta in piedi per pochissimi mesi e che in ogni caso il boss Vincenzo Di Lauro non sarebbe stato suo socio nell’impresa. Lo conosceva e sapeva che aveva dei negozi di abbigliamento così felpe, cappellini e magliette sarebbero stati commercializzati in queste attività commerciali come in altre. Nelle intercettazioni il cantante si consultava con Di Lauro, anche su aspetti pubblicitari e nell’ordinanza di custodia cautelare sono stati inseriti anche alcuni post pubblicati su Facebook in cui alcuni testimonial, come Lele Mora, erano nei negozi del boss proprio per presentare la linea di abbigliamento.

Anche Tina Rispoli ha risposto alle domande del gip e la linea difensiva è stata simile a quella del marito. Per quanto attiene al contrabbando di sigarette ha dichiarato che sarebbe stato suo fratello Raffaele ad avere interessi in quel settore. Gli avvocati hanno presentato ricorso al Riesame e in questi giorni si terrà l’udienza.

Anche Vincenzo Di Lauro ha respinto le accuse non rispondendo alle domande del Gip ma affidandosi a una dichiarazione spontanea. Ha spiegato di essere solo un imprenditore che però porta un cognome pesante. Si è anche dichiarato colpevole per quanto riguarda la fabbrica di sigarette ma che si trattava solamente di un “piacere”, un appoggio logistico che gli avevano chiesto in zona.
«Per quanto riguarda il traffico di sigarette di contrabbando, sono colpevole, anche se non è stata una cosa finanziata da me, ma da persone straniere, che mi avevano chiesto un appoggio logistico. Faccio l’imprenditore, sin da quando ho preso a gestire i soldi di un indennizzo per l’incidente stradale che vide vittima uno dei miei fratelli. Purtroppo, ogni volta che mi affaccio a una attività economica, le persone con cui tratto mi ricordano che io ho questo cognome, sono un Di Lauro. Più volte ho spiegato che non ho nulla a che spartire con queste dinamiche».

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