Il boss Peppe Molisso avrebbe incaricato Emanuele Selva di occuparsi della detenzione, taglio, trasporto e commercializzazione della droga, inoltre gli avrebbe ordinato azioni violente a difesa delle piazze di spaccio rifornite dall’organizzazione.
Chi si poneva sotto la loro ala del gruppo di narcos veniva assicurata protezione in vario modo, risolvendo i contrasti ai vertici delle piazze di spaccio stabilendo la sostituzione o il mantenimento del titolare, intervenendo in difesa dei singoli capi piazza rispetto a nuovi soggetti intenzionati a intromettersi nel traffico di droga, controversie che venivano risolte anche con il compimento di eclatanti atti di violenza.
“Glie sparo io”
Nell’indagine c’è anche l’episodio della ritorsione nei riguardi di alcuni cittadini magrebini che volevano ritagliarsi un proprio spazio dove affrancarsi e gestire in autonomia un’attività di spaccio in via dell’Archeologia a Tor Bella Monaca.
Le mire degli extracomunitari venivano infrante nella notte tra il 21 e il 22 ottobre 2022, quando Selva interveniva presso un esercizio commerciale, armato di pistola, a sostegno dei Moccia, gestori di una delle piazze di spaccio più importanti di Tor Bella Monaca. Nell’occasione veniva esploso un colpo d’arma da fuoco, che attingeva la vetrata del palazzo antistante, e i nordafricani, impauriti, venivano violentemente percossi.
Indagini sulle piazza di spaccio a Roma
Nel corso della attività di indagine, condotta mediante attività tecniche e dinamiche dai Carabinieri del Comando Provinciale di Roma nel periodo tra marzo 2018 e febbraio 2024 con il coordinamento della DDA della Procura di Roma, sono stati raccolti elementi gravemente indiziari in ordine alla esistenza di un’importantissima rete del narcotraffico attraverso come vengono approvvigionate le più floride piazze di spaccio di Tor Bella Monaca, Quarticciolo, Quadraro, Cinecittà, Tuscolano, Giardinetti, Primavalle e Casalotti per un volume d’affari enorme: decine di milioni di euro al mese, con singole piazze di spaccio che arrivano a produrre un “fatturato” di circa 30 mila euro al giorno.
Emergerebbe per la prima volta in modo sistematico la rete di sodali e fiancheggiatori di il napoletano Molisso e Leandro Bennato, le due figure gravemente indiziate di essere al vertice del gruppo, entrambe già in carcere per altri efferati delitti: Molisso per l’omicidio dell’albanese Selavdi Shehaj e il tentato omicidio dei fratelli Costantino, Bennato per aver sottoposto a sequestro e seviziato Gualtiero Giombini e Christian Isopo al fine di recuperare circa un quintale di cocaina che gli era stata sottratta.
I collaboratori di giustizia
L’attività investigativa e le fondamentali dichiarazioni dei collaboratori di giustizia hanno consentito di ricostruire in termini di gravità indiziaria il sistema sul quale si reggeva una sorta di monopolio della droga. Molisso e Bennato non si sarebbero limitati a dare vita a uno stabile e agguerrito clan finalizzato al narcotraffico ma avrebbero raggiunto l’ambizioso scopo di riunire le più importanti piazze di spaccio della capitale, imponendo ai capi piazza la fornitura di cocaina, peraltro a prezzi più elevati, importata prevalentemente da due fornitori albanesi di straordinarie capacità, Altin Sinomati e Renato Muska.