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giovedì, Aprile 25, 2024
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Aiutò il boss a sfuggire al blitz, arrestato agente penitenziario

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Avrebbe avvisato il boss La Rocca del blitz ‘Agorà’, per questo motivo l’assistente della polizia penitenziaria, Angelo Allegra, è stato arrestato dai Carabinieri del Ros di Catania. Gianfranco La Rocca è esponente ai vertici dell’omonima famiglia mafiosa di Caltagirone. La “soffiata” che pare essergli arrivata ha fatto in modo che La Rocca scampasse al colpo.

La “soffiata” al boss La Rocca

Nei confronti dell’assistente penitenziario si ipotizzano i reati di favoreggiamento personale e rivelazione di segreti di ufficio aggravati dall’aver favorito la famiglia mafiosa La Rocca. La Procura distrettuale di Catania nel particolare parla di un episodio risalente al 14 giugno scorso quando “veniva intercettata una conversazione tra l’indagato e La Rocca“.

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In questa intercettazione l’assistente penitenziario “avvertiva l’interlocutore di avere appreso che quella sera, ovvero la successiva, ci sarebbe stata una imponente operazione di polizia”. L’assistente aggiunse che quest’ultima “avrebbe interessato una cinquantina di persone su tutto il territorio della provincia di Catania“.

Le accuse all’assistente penitenziario 

La direzione distrettuale antimafia contesta che l’informazione “destava particolare preoccupazione in La Rocca”. Il boss infatti, “ritenendo attendibile” la notizia, “da quel momento adottava tutta una serie di iniziative finalizzate ad impedire il suo rintraccio“. Gli effetti della “soffiata” paiono essere evidenti. La Procura di Catania spiega infatti che: “il 16 giugno del 2022, al momento dell’esecuzione, non veniva trovato nei luoghi abitualmente frequentati, ma veniva localizzato quattro giorni dopo“.

Durante le indagini dei Carabinieri del Ros di Catania: “sono stati documentati numerosi contatti ed incontri tra l’assistente della polizia penitenziaria e La Rocca“, così spiega la dda. Inoltre “è stato possibile constatare la piena disponibilità ed asservimento del primo nei confronti del capo della famiglia calatina“. Pare quindi che l’assistente penitenziario avesse un certo tipo di “rispetto” per il boss e per la sua famiglia. “Tanto da prestarsi in talune occasioni a fare da intermediario tra questi e terzi soggetti che La Rocca voleva incontrare ma con i quali evitava accuratamente di avere contatti diretti” spiega l’accusa.

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