“Arzano ancora terra di nessuno. Questa volta a scorrazzare in auto, una Smart, a velocità sostenuta per le strade del comune sarebbe il figlio 12enne di una persona legata alla criminalità organizzata locale. L’adolescente guida sicuro infrangendo la legge. Le immagini come è da costume sono state pubblicate sul social Tik tok e diventate subito virali. Come sottolinea l’ultima relazione semestrale della Dia: ‘È sempre più frequente l’uso dei social network per condividere messaggi testuali e frammenti audiovisivi espliciti di ispirazione camorristici’. Siamo noi a doverci interrogare per non aver saputo garantire un’adolescenza normale a questo ragazzo cresciuto evidentemente nella povertà educativa, nella deprivazione culturale, nello spregio delle regole”. Questa la denuncia del senatore Sandro Ruotolo del Gruppo Misto.
Due bombe contro il giornalista Mimmo Rubio di Arzano
“Erano le ore 1,39 del 29 agosto 2018. Siamo nel pieno di una notte di fine estate. La città era silente. Non una sola auto transitava a quell’ora in piazza Cimmino, nel centro storico della citta, lì dove tuttora abito. Mi trovavo in quel momento al secondo piano di casa mia, ancora sveglio, seduto in poltrona a guardare la tv. Nel piano sottostante c’era mia madre, già a letto a dormire da alcune ore, insieme ad una sua sorella che era venuta a trascorrere in famiglia qualche giorno di vacanza dalla Toscana. All’improvviso si sentirono insoliti e forti rumori di rombi di motori provenire dalla strada, dovuti allo sfrecciare di un corteo di moto ed auto. A bordo complessivamente oltre una decina di “guappi” (di cartone!) che scortavano il capoclan”. Così inizia il racconto di Mimmo Rubio, giornalista di Arzano vittima di minacce da parte del clan locale. Minacce e intimidazioni che lo hanno costretto a stare ora sotto scorta. Rubio ha pubblicato sul suo profilo social e su Arzano News il video dell’attentato nei suoi confronti.
“In quel periodo non c’era la faida interna al clan della 167 di Arzano che viviamo attualmente e che si è poi estesa nell’area metropolitana a nord di Napoli. Erano tutt’uno, un sodalizio unito. Il reggente del clan, secondo le informative delle forze dell’ordine, era in quel periodo, Giuseppe Monfregolo, alias “o uallaruso” poi arrestato nove mesi dopo, ad Afragola al termine di un blitz durato due ore e con l’utilizzo di elicottero dei reparti speciali dei carabinieri in una palazzina in via vico Duca Degli Abruzzi, dove il latitante si nascondeva in un appartamento all’ultimo piano. Monfregolo è attualmente libero. Non ci sono sentenze passate in giudicato (ossia complete del terzo grado). Il ras Cristiano era invece in carcere (accusato in quella fase del duplice omicidio avvenuto nel 2014 in un centro estetico del capozona dei Moccia, Ciro Casone, e di una vittima innocente, Vincenzo Ferrante, poi assolto dall’accusa). Da un giorno è stato anch’egli scarcerato ed è quindi libero.
Come potete vedere dal video questo “corteo di camorristi” fece un doppio giro in piazza Cimmino poi una delle moto si fermò a ridosso di Vico Luigi Piscopo e dalla stessa fu lanciata una prima bomba carta sotto il balcone della mia abitazione, un’altra moto, invece, con in sella due camorristi, tornò indietro e parcheggiò la moto di fronte casa mia. Quello seduto dietro scese e lanciò poi una seconda bomba carta direttamente sul balcone di casa mia, al secondo piano. Il boato per lo scoppio potente di quest’ultima, fece tremare l’intero palazzo e quello delle abitazioni dei miei vicini, e sveglio’ l’intera città. Prima di queste bombe c’erano stati due raid intimidatori sotto casa mia, è sempre di notte (entrambe intorno alle ore 0,30) con “cortei” di auto e moto che bloccarono il transito a chiunque. Poi potentissime e interminabili batterie di fuochi d’artificio furono accese davanti alla mia abitazione con una quindicina di “spettatori”, tutti soggetti del clan e loro familiari, e tutti, come si vede nei video, ad indicare e guardare verso casa mia. Episodi intimidatori ed autori che sono stati tutti identificati dai Carabinieri e sono oggetto di relativa inchiesta giudiziaria (aspettiamo ancora gli sviluppi processuali) Queste intimidazioni della camorra, comprese quelle che hanno riguardato il collega Bianco (bloccato da uomo armato sotto casa), sono anche agli atti a corredo del terzo scioglimento del comune di Arzano per camorra.
Nella fattispecie il clan non perdonò al giornalista Rubio la sua denuncia da ARZANO NEWS relativa ad una mega festa abusiva nel rione del clan con tanto di musica ad alto volume ed esibizioni di cantanti neomelodici e spari di fuochi d’artificio. Festa abusiva e fuochi che avevano sollevato le proteste di tantissimi cittadini. Il capoclan festeggiava la sua mamma. Alla cosca non piacque nemmeno la denuncia giornalistica relativa all’apertura di una sala scommesse dietro le quali si nascondono spesso le lavanderie della camorra. Al Comune non vedevano, non sentivano e non parlavano. Ci pensarono poi i carabinieri a chiuderla. Per la politica arzanese, la camorra era solo una “invenzione” dei giornalisti.
IL VIDEO DELL’ATTENTATO
Le intimidazioni non sono poi finite qui. Nel 2020, durante la prima fase del lockdown, la città di Arzano finì in zona rossa. Nella circostanza ci furono forti manifestazioni di protesta che attirarono l’attenzione anche dei media nazionali. Alle legittime e condivisibili proteste dei commercianti si associarono e infiltrarono anche esponenti legati alla criminalità organizzata. Le proteste furono fomentate, in modo eversivo, anche da spezzoni della politica locale coinvolti negli scioglimenti per camorra. Emblematico l’audio girato su un gruppo whatsapp, agli atti dell’inchiesta, in cui un personaggio legato al clan della 167 di Arzano che guida la rivolta dice “Mo’ a politica adda fa’ o patt e sang cu nui” (ora la politica deve fare il patto di sangue con noi!). E finii di nuovo nel mirino di plateali intimidazioni e minacce unitamente alla coordinatrice della Commissione Straordinaria, il vice prefetto Gabriella D’Orso.
Da quel momento la tutela della mia persona fu rafforzata con la scorta. Clan, cani sciolti, politica collusa e colletti bianchi mi vorrebbero zittire. Sono un loro nemico. Ne vado onorato, insieme a quanti si oppongono a questo marcio”.
Fnsi e Sugc ad Arzano al fianco dei cronisti minacciati: «Accendiamo i riflettori sulle loro storie»
La Fnsi torna ad Arzano, comune a nord di Napoli, «zona drammaticamente colpita dalla criminalità, con quattro cronisti sotto scorta, poliziotti minacciati, cittadini minacciati», come spiega il presidente Giuseppe Giulietti. Con lui le colleghe Antonella Monaco e Laura Viggiano del Sindacato unitario giornalisti della Campania e Désirée Klain, portavoce del circolo regionale di Articolo21.
La delegazione ha incontrato i cronisti “nel mirino” Mimmo Rubio, Marilena Natale, Giuseppe Bianco, il comandante della polizia municipale Biagio Chiariello, anch’egli sotto tutela dopo le minacce dei clan locali, don Maurizio Patriciello, parroco della chiesa di San Paolo Apostolo al Parco Verde di Caivano, raggiunto negli ultimi giorni da messaggi intimidatori e al quale è stata assegnata la scorta. Presente anche la sindaca di Arzano, Cinzia Aruta.
«Siamo qui per esprimere loro la nostra vicinanza e per ricordare a noi stessi di illuminare le loro storie, accendere tutti i giorni telecamere e riflettori su questo territorio, aprire i nostri giornali, siti, blog per rilanciare le denunce dei coraggiosi colleghi e colleghe che lottano con la loro penna contro corrotti, camorristi e squadristi di ogni risma», ha rilevato Giulietti.
«Assieme al sindacato regionale – ha aggiunto il presidente Fnsi – abbiamo raccolto le istanze di queste croniste e questi cronisti e le segnaleremo al ministero dell’Interno e alla commissione Antimafia, cui chiederemo di organizzare riunioni straordinarie dedicate alle zone di Napoli e Caserta, affinché lo Stato possa intervenire al loro fianco e possa così arrivare “il giorno prima e non il giorno dopo”».