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giovedì, Marzo 28, 2024
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“Chissà il bimbo che mangia il mais cresciuto sui fanghi…”, intercettazione choc sulla terra dei fuochi del Nord

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«Io ogni tanto ci penso. Chissà il bambino che mangia la pannocchia di mais cresciuta sui fanghi. Sono consapevolmente un delinquente». É una delle intercettazioni relative all’inchiesta della Procura di Brescia che ha iscritto quindici persone nel registro degli indagati e sequestrato i capannoni dell’azienda Wte a Calcinato, Calvisano e Quinzano, per traffico illecito di rifiuti. Impianti più volte segnalati dai residenti.

Secondo l’accusa e gli accertamenti dei Carabinieri Forestali circa 150.000 tonnellate di fanghi contaminati da metalli pesanti, idrocarburi ed altre sostanze inquinanti sarebbero finiti nei terreni agricoli Brescia, Mantova, Cremona, Milano, Pavia, Lodi, Como, Varese, Verona, Novara, Vercelli e Piacenza e venduti come fertilizzanti.

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“Chissà il bambino che mangia la pannocchia di mais cresciuta sui fanghi”. Comincia così, riportando le parole di Antonio Maria Carucci (al lavoro per la Wte, l’azienda finita nell’occhio del ciclone per lo spandimento di fanghi e gessi fuori norma nelle campagne bresciane, della Lombardia, di Emilia Romagna, Piemonte e Veneto). L’articolo pubblicato mercoledì dal Corriere della Sera che raccoglie alcune delle intercettazioni pubblicate nell’ordinanza del gip Elena Stefana, in cui sono riportati anche i nomi dei 15 indagati nell’ambito dell’inchiesta sul traffico illecito di rifiuti coordinata dal sostituto procuratore Mauro Leo Tenaglia e dal subentrante Teodoro Catananti.

L’inchiesta sui fanghi tossici

Oltre 12 milioni di euro di profitti illeciti e 150mila tonnellate di fanghi contaminati da metalli pesanti, idrocarburi ed altre sostanze inquinanti (l’equivalente di circa 5mila tir), spacciati per fertilizzanti e smaltiti su circa 3mila ettari di terreni agricoli in Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna, in particolare anche nella provincia di Piacenza.

Sono i dati di un imponente traffico di rifiuti realizzato tra gennaio 2018 e agosto 2019. Il fulcro delle attività illecite era una società bresciana operante nel settore, composta da tre stabilimenti industriali nei comuni di Calcinato, Calvisano e Quinzano d’Oglio. Le indagini sono state svolte dai Carabinieri Forestali di Brescia, coordinate, come detto, dal Sostituto Procuratore della Repubblica, Mauro Leo Tenaglia. I tre stabilimenti sono stati sottoposti a sequestro su ordine del Sostituto Procuratore della Repubblica, Teodoro Catananti, in esecuzione all’ordinanza per la confisca emessa dal gip Elena Stefana.

La vergogna

L’azienda ritirava i fanghi prodotti da numerosi impianti (pubblici e privati) di depurazione delle acque reflue urbane ed industriali, da trattare mediante un procedimento di trasformazione in sostanze fertilizzanti. Per massimizzare ometteva di sottoporre i fanghi contaminati al trattamento previsto e vi aggiungeva persino ulteriori sostanze inquinanti, come l’acido solforico, derivante dal recupero di batterie esauste. Per disfarsi di tali rifiuti e poter continuare il proprio ciclo produttivo, successivamente li classificava come “gessi di defecazione” e li smaltiva su terreni destinati a coltivazioni agricole situati nelle provincie di Brescia, Mantova, Cremona, Milano, Pavia, Lodi, Como, Varese, Verona, Novara, Vercelli e Piacenza. Per raggiungere lo scopo venivano retribuite sei aziende (cinque bresciane e una cremonese) di lavorazioni rurali conto terzi.

“Non mi faccio fregare dalla Forestale”

“Non mi faccio fregare dalla Forestale perché voi non mi avete trovato i terreni, perché la prossima volta mi chiudono”, avrebbe detto Giuseppe Giustacchini, amministratore delegato della WTE ai dipendenti e ai contoterzisti. Questi ultimi si sarebbero occupati di “distribuire” i fanghi contaminati nei terreni agricoli: le analisi di Arpa avrebbero verificato la presenza (fuori norma, anche decine di volte oltre i limiti di legge) di elevate concentrazioni di idrocarburi, cianuri, cloruri, arsenico, selenio, solfati, zinco, stagno e altro ancora.

I contoterzisti avrebbero guadagnato fino a 100mila euro (al mese) per trovare i terreni e convincere gli agricoltori (in gran parte ignari di quello che poi sarebbe stato sversato nei loro campi). Nell’elenco degli indagati figurano anche Simone Bianchini, che operava nella Bassa Bresciana, e Cristian Franzoni, Vittorio Balestrieri, Gabriele Fogale: tra le aziende coinvolte, invece, ci sarebbero anche il Gruppo Bianchini (Mazzano), Agri Ent (Calvisano), Franzoni Luca e Oscar (Calvisano) e Balestrieri Vittorio & C (Castelvisconti, provincia di Cremona).

Il meccanismo utilizzato dal sodalizio criminale riusciva a smaltire a basso costo grandi quantità di rifiuti. Dalle attività di intercettazione telefonica e ambientale è emerso che i proprietari dei fondi venivano persuasi ad accettare lo spandimento dei “gessi di defecazione” sui propri terreni, grazie all’offerta a titolo gratuito di finti fertilizzanti o della successiva aratura dei campi, di cui si faceva carico la società di recupero dei rifiuti. Gli agricoltori erano quindi attirati non tanto dalle presunte proprietà del prodotto, quanto piuttosto dal risparmio sulle spese di lavorazione dei propri terreni. Un business criminale che ha fruttato alle sette società coinvolte oltre 12 milioni di euro di profitti illeciti: per recuperare tali somme, i militari stanno procedendo in queste ore a sequestrare decine fra conti correnti ed altri rapporti bancari alle 15 persone indagate – tra le quali figurano due soggetti recidivi, già condannati dal Tribunale di Milano per un reato analogo – nonché ad apporre i sigilli su fabbricati, terreni, auto e mezzi agricoli di loro proprietà.

Tra gli indagati, con l’accusa di traffico di consulenze illecite, figura anche Luigi Mille, direttore generale dell’Aipo, autorità interregionale per il fiume Po, che, si legge nell’ordinanza, sfruttando relazioni esistenti con il sindaco del Comune di Calvisano e relazioni esistenti o comunque asserite con altri pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio e in particolare il presidente di Coldiretti Ettore Prandini, l’assessore regionale all’Agricoltura Fabio Rolfi, Fabio Carella, direttore generale di Arpa Lombardia e Guido Guidesi, assessore regionale lombardo allo Sviluppo Economico, (nessuno di loro è indagato) “indebitamente – scrive il gip – si faceva dare e promettere da Giuseppe Giustacchini denaro, vantaggi patrimoniali ed altre utilità quali il prezzo della propria mediazione illecita verso i suddetti pubblici ufficiali, finalizzata a favorire le attività imprenditoriali condotte da Giustacchini quale titolare della Wte srl”.

“Confidiamo che chi ha commesso questa azione criminale contro l’ambiente, l’ecosistema e la salute dei cittadini paghi in modo ‘esemplare’: ed applicare quel sano principio ‘Chi inquina paga’”, spiega il coordinamento provinciale dei Verdi di Brescia che aggiunge: “laddove si dovessero riscontrare profili penali che hanno rischiato di compromettere la salute dei cittadini, la Federazione dei Verdi-Europa Verde Brescia è pronta a costituirsi parte civile in un eventuale procedimento giudiziario”.

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