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giovedì, Marzo 28, 2024
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«Lo condannò a morte e poi fece visita ai suoi parenti», l’omicidio D’Andò raccontato dal pentito

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Talmente freddo e spregiudicato da commissionare un omicidio e andare poi di persona dai familiari della vittima per ‘spiegare le sue ragioni’. E’ questo uno dei particolari più agghiaccianti dell’omicidio di Antonino D’Andò, uomo di punta degli Amato-Pagano ucciso per ordine di Mariano Riccio all’epoca dello scontro fratricida in seno agli Scissionisti. Ieri per uno degli autori di quell’omicidio, Giosuè Belgiorno, è arrivata la scarcerazione (finirà ai domiciliari) per il rischio contagio da Coronavirus.

A raccontare alcuni mesi cosa accadde quel giorno è stato Michele Caiazza nipote dello stesso D’Andò. «Il giorno della scomparsa di mio zio io sono andato a colloquio in carcere da mio padre, poi sono andato a Melito ci siamo incontrati con Mariano. Ad un certo punto Mariano mi disse di uscire fuori con lui e ci avviammo lungo la campagna, Mariano mi disse che già dalla mattina voleva parlarmi ma non era stato possibile perché io ero al colloquio in carcere con mio padre. Mariano precisò che voleva parlare con me prima dei fatti che erano successi perché noi Caiazza eravamo la sua famiglia, a quel punto mi disse che mio zio era morto. Mariano mi disse di fissare un appuntamento ad Aversa con mio fratello Antonio. Effettivamente il giorno dopo andai a prendere Mariano al garage e andammo ad Aversa da mio fratello che era latitante. Giunti a casa Mariano disse di aver fatto uccidere D ‘Andò perché quest’ultimo si era appropriato di soldi della famiglia precisando che di questa questione ne aveva parlato con zio Mimì che era latitante, con Enzuccio Scescè probabilmente utilizzando il figlio Cesare come ambasciatore, nonché con Carmine Amato ma nessuno gli aveva dato soddisfazione perché nessuno di loro lo voleva morto perché era bravo nel suo lavoro».

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