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martedì, Aprile 16, 2024
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“Un tatuaggio per omaggiare il boss”, il racconto dell’ex ras di Bagnoli

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C’era anche chi si era fatto tatuare il nome del boss di Bagnoli Massimiliano Esposito. Un gesto di referenza ma anche un particolare che rivela quanto fosse asfissiante fino ad un anno fa la presenza del gruppo di ‘o scognat nell’area flegrea. Una forza che, come raccontato dal nipote dello stesso Esposito e neo collaboratore di giustizia Youssef Aboumuslim, aveva messo nel mirino le piazze dell’area ovest con un chiro tentativo di espandersi a macchia d’olio. Questo in sintesi il racconto di Aboumuslim che ha parlato in particolare del ruolo del pianurese Michele Ortone che si è fatto tatuare il nome di ‘o scognat sul collo. “Ricordo che sul collo aveva tatuato il nome di Massimiliano Esposito lo scognato. Anche Michele Ortone è stato molto presente con Massimiliano Esposito durante il periodo della latitanza. Michele Ortone è il soggetto che durante l’aggressione per errore fu ferito sul polpaccio con un colpo di pistola sparato da me o da Iuliano. Michele Ortone aveva un ruolo importante nello spaccio di droga su Bagnoli e in particolare a mezzo telefono”. Questo il racconto dell’ex ras in riferimento all’aggressione da lui compiuta ai danni di Vincenzo Scodellaro che tanti malumori suscitò nei gruppi di Fuorigrotta.

L’articolo precedente: l’aggressione a Scodellaro e i timori del boss Esposito

Era visibilmente preoccupato Massimiliano Esposito, boss di Bagnoli, dopo il ferimento di Vincenzo Scodellaro avvenuto lo scorso anno a Fuorigrotta. Tanto da non mandarle a dire a Youssuf Aboumuslim, tra i partecipanti a quel raid e da qualche mese nuova ‘gola profonda’ della mala flegrea. In uno dei suoi primi verbali Youssuf ha raccontato:«Parlarono Scodellaro e Massimiliano a telefono. Questo disse che avevo fatto una stronzata dicendo ‘io non ne ero a conoscenza perchè sono latitante e non posso tenere tutto sotto d’occhio’ e basta e staccò. Poi mi disse ‘un giorno mi farai pagare per questo reato, mi hai anche fatto parlare a telefono con Scodellaro».

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Il racconto di Youssuf continua:«Massimiliano Esposito mi chiamò e mi riprese energicamente, dicendo che avevamo fatto una stupidaggine, perché eravamo andati a volto scoperto e con i mezzi personali. lo gli dissi che avevamo dovuto usare le armi perché avevo visto che anche lui era armato. So in quanto presente, che Scodellaro dopo essere stato ferito si recò da Capone Salvatore, cui avevo fornito un telefonino per tenere i contatti esclusivamente con mio zio Massimiliano, in quanto latitante, e chiese al Capone di mettersi in contatto con Massimiliano Esposito. Alla telefonata, mio zio Massimiliano disse allo Scodellaro che per il tramite del Capone lo aveva contattato di stare tranquillo perché ero stato io a fare una sciocchezza e non ne avrebbero più dovuto parlare. I 14mila euro dovevano essere destinati esclusivamente al nostro gruppo. Le pistole prese a Somma Vesuviana erano del tipo in 3D ossia costruite al computer ed uguali a quelle vere cioè di ferro. Il posto dove le andavamo a prendere era un capannone abbandonato. Non ricordo se nell’Iphone che mi avete sequestrato vi fossero due fotografie che riprendevano me ed il Bitonto all’interno del capannone che ora non so dire dove è esattamente ubicato».

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