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martedì, Maggio 7, 2024
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Filippo Facci: “Napoletani, se lavorassero come piangono…”, ma l’Ordine dei Giornalisti non lo sanziona

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Il giornalista milanese Filippo Facci si è recentemente trovato al centro di una controversia dopo aver pronunciato una frase pungente verso i napoletani.

Napoletani, se lavorassero come piangono“, aveva detto in seguito a una partita di calcio tra il Napoli e il Milan.

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Le sue parole hanno generato numerose polemiche. L’indignazione ha spinto qualcuno a rivolgersi all’Ordine dei Giornalisti, chiedendogli se tali affermazioni violassero il Testo unico dei diritti e dei doveri dei giornalisti italiani.

La risposta dell’Ordine dei Giornalisti per la frase di Filippo Facci

La risposta dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia è stata emessa pochi giorni fa tramite posta certificata. L’ente dichiara che, nonostante la frase fosse “sopra le righe“, non costituiva una violazione deontologica nel contesto specifico. Il Consiglio di Disciplina Territoriale ha ritenuto che le parole di  Filippo Facci fossero in linea con la libertà di manifestazione del pensiero sancita dall’articolo 21 della Costituzione italiana.

Gennaro De Crescenzo, professore napoletano, giornalista pubblicista, saggista e animatore del Movimento Neoborbonico, aveva tentato di avviare una procedura contro Filippo Facci.

Da giornalista inviai una nota all’ordine dei giornalisti lombardi per capire se era legittima o meno una generalizzazione di quel tipo con l’uso di un abusato, becero e offensivo luogo comune.  È stato “assolto” perché, come leggiamo nella risposta dell’Ordine, la sua frase è sopra le righe ma rispondente alle abituali narrazioni del collega“.

De Crescenzo ha commentato l’esito con amarezza. Il giornalista ha evidenziato come l’affermazione di  Filippo Facci alimentasse luoghi comuni discriminatori nei confronti dei napoletani, sottolineando il rischio di perpetuare pregiudizi dannosi.

Il caso solleva importanti questioni riguardo alla delicatezza delle dichiarazioni dei giornalisti. C’è una linea sottile che separa la libertà d’espressione dalla potenziale diffusione di stereotipi dannosi. In un contesto in cui la sensibilizzazione culturale è sempre più rilevante, la riflessione sull’uso delle parole e la consapevolezza dell’impatto sociale delle stesse diventano temi centrali per i professionisti dell’informazione.

 

 

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