Il delitto di Garlasco, per il quale Alberto Stasi è stato condannato in via definitiva a 16 anni di reclusione, resta ancora oggi un caso avvolto nel mistero. Nonostante anni di indagini e processi, non è mai stato individuato con certezza un movente che spieghi perché Chiara Poggi, giovane e riservata ragazza di 26 anni, sia stata brutalmente uccisa la mattina del 13 agosto 2007.
Alcuni ritengono che Chiara potesse essere venuta a conoscenza di qualcosa di scottante, una verità troppo scomoda, che potrebbe averla resa un bersaglio. È questa, ad esempio, la teoria sostenuta da Massimo Lovati, avvocato di Andrea Sempio, il giovane coinvolto in un secondo filone investigativo avviato dalla procura di Pavia.
La chiavetta USB e il file “abusati550”
Uno dei dettagli più enigmatici dell’intera vicenda è emerso durante le prime fasi delle indagini: a giugno 2007, appena due mesi prima della sua morte, Chiara salvò su una chiavetta USB un file intitolato “abusati550.doc”. All’interno vi erano raccolti articoli riguardanti casi di pedofilia all’interno della Chiesa, un documento in formato PDF la cui presenza è stata confermata anche da fonti giornalistiche, tra cui TgLa7. Le ragioni per cui Chiara decise di conservare quel file non sono mai state chiarite.
Il caso del Santuario della Bozzola
Nel 2014, un altro tassello si è aggiunto al quadro, sollevando ulteriori interrogativi. Emersero allora accuse di ricatti sessuali attorno al Santuario della Madonna della Bozzola, situato a pochi chilometri da Garlasco. Al centro dello scandalo il nome di don Gregorio Vitali, sacerdote accusato da due cittadini rumeni di aver avuto rapporti con minorenni. I due ricattavano il religioso, sostenendo di possedere un audio compromettente a sfondo sessuale. L’indagine condotta dai carabinieri di Vigevano confermò l’esistenza del ricatto. Don Vitali, alla fine, ammise un singolo episodio e fu sospeso dalle funzioni religiose.
Tuttavia, secondo quanto riferito dai suoi estorsori durante un’intervista alla trasmissione “Chi l’ha visto?”, ci sarebbe un legame tra quella vicenda e il delitto Poggi: “La ragazza aveva scoperto il giro e diceva che avrebbe parlato, da lì è partito tutto”. Affermazioni gravi, ma prive di riscontri concreti e dalla credibilità fortemente dubbia.
Mistero irrisolto
Ad oggi, non è mai emersa alcuna prova diretta che colleghi Chiara Poggi a quella rete di abusi o a eventuali scandali legati al Santuario. Eppure, il contenuto della sua chiavetta USB, rimasto per lungo tempo nell’ombra, continua a sollevare domande. Domande che restano senza risposta, come molti degli aspetti più oscuri di uno dei casi giudiziari più discussi degli ultimi vent’anni.