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mercoledì, Maggio 15, 2024
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Pena di morte, negli Usa un detenuto è stato ucciso per la prima volta con l’azoto

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Il 58enne Kenneth Eugene Smith è stato primo detenuto a morire con l’ipossia di azoto. L’uomo era già sopravvissuto a un’iniezione letale fallita nel 2022.

Riccardo Noury

“Premesso che nessun metodo di esecuzione è indolore o incruento, qui siamo a un livello di ferocia peggiore. Smith è stato una cavia su cui è stato testato un nuovo metodo che, inspiegabilmente, la Corte Suprema non ha considerato incostituzionale ai sensi dell’ottavo emendamento, che vieta le pene crudeli”, commenta il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury.

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“Si tratta di una sofferenza atroce, pompare azoto per togliere ossigeno al condannato per minuti e minuti è una cosa terribile. È come avveniva durante la pandemia Covid 19, quando chi si ammalava sentiva questo senso di soffocamento perché il saturimetro indicava che c’era poco ossigeno che circolava. Immaginiamo cosa possa succedere nel toglierlo del tutto, minuto dopo minuto”, spiega.

Noury ha inoltre ricordato la particolare vicenda di Smith: “Ha dei ‘record’ spaventosi. È stato condannato a morte con l’annullamento della prima sentenza, avvenuto attraverso una procedura poi messa fuorilegge: il giudice aveva sovvertito il parere della giuria, decidendo che doveva essere messo a morte. 11 contro 1 volevano salvarlo. Poi 14 mesi fa, secondo fatto incredibile, era stato legato e bloccato a un letto per ore e ore mentre si cercava una vena dove inserire un ago”.

Come spiega ancora il portavoce, negli Stati Uniti “l’Alabama ha introdotto il metodo dell’ipossia da azoto nel 2018, così come Oklahoma e Mississippi. Diversi scienziati però hanno preso la parola contro questa pratica, hanno letto la procedura e hanno confermato che si tratta di una cosa crudele. Anche la comunità ebraica dell’Alabama ha protestato contro la procedura perché a loro l’uccisione con il gas ha ricordato subito qualcosa”.

Gli Stati negli Usa che applicano la pena di morte sono una minoranza ma “c’è ancora chi pensa che sia uno strumento per avere consenso, perché chi lo usa si mostra duro contro il crimine, fa credere che tiene alla sicurezza”, precisa ancora Noury. “Resista anche questa cultura che si basa sull'”occhio per occhio, dente per dente”, che deriva dalla storia del Paese. Gli Stati in cui è ancora in vigore sono soprattutto quelli conservatori, sede di gruppi religiosi fondamentalisti”.

Noury: “Non ci sono prove del fatto che la pena di morte abbia un potere deterrente particolare rispetto alle altre pene”, osserva ancora il portavoce di Amnesty International Italia. “Nei singoli Stati che hanno deciso di abolirla la criminalità non è aumentata, così come non sono scesi i tassi in quelli che la applicano. Smith aveva commesso l’omicidio negli anni ’80, metterlo a morte dopo 30 anni che effetto deterrente poteva avere? Non se lo ricordava nessuno cosa aveva fatto. Non c’era neanche la giustificazione dell’onda emotiva per cui lo Stato doveva stare da parte delle vittime, si trattava di vicende dimenticate, fatta eccezione per i parenti”, aggiunge.

Noury resta convinto del fatto che, anche in Italia, sia importante sempre trattare questo tema e promuovere campagne di sensibilizzazione. “Qui se ne parla di meno perché l’Italia ha una società civile abolizionista, ma bisogna farlo, soprattutto quando si portano avanti campagne per salvare vite umane”.

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