Uno sputo sul marciapiede, gesto di disprezzo consumato durante un corteo funebre, fu la scintilla che sei anni fa accese la miccia di un agguato di camorra. Era il 24 marzo quando Fortunato De Longis, 44 anni, venditore di lumini e fiori, venne colpito a morte per quello che i clan considerarono uno “sgarro” imperdonabile.
Oggi, a distanza di tempo, la giustizia chiude il cerchio. Il gip di Napoli ha disposto la custodia cautelare in carcere per Pietro De Filippis, detto ‘o Folletto, ritenuto l’esecutore materiale del delitto.
La vicenda ha origine dal funerale di Gennaro Rega, nipote del boss Tommaso Rega, alias Chirichiello. Mentre il feretro attraversava Brusciano, De Longis avrebbe sputato a terra, gesto vissuto come un’offesa mortale dal clan Rega. Da lì la decisione di colpire.
L’agguato partì dal cuore della 219, roccaforte del gruppo Piacente, alleato dei Rega. Sei uomini in moto misero in atto la spedizione punitiva. Alla guida della Honda Africa Twin c’era Bruno Piacente, detto ‘o Cacaglio; dietro, con la pistola in pugno, De Filippis. Il furgone con a bordo Fortunato e suo padre fu affiancato, due colpi di revolver squarciarono l’aria. Il giovane, gravemente ferito, morì settimane dopo nell’ospedale di Nola per complicazioni settiche.
Le indagini dei Carabinieri di Castello di Cisterna hanno ricostruito nel tempo l’intera dinamica: dalle testimonianze inizialmente reticenti, alle immagini delle telecamere, fino alle intercettazioni e ai contributi dei collaboratori di giustizia. È emerso così che l’agguato non fu solo vendetta personale, ma anche un messaggio di forza nella guerra con il clan rivale Esposito-Palermo, di cui De Longis era parente.
In carcere finisce quindi anche ‘o Folletto, già noto per droga, rapina e associazione mafiosa. La tesi difensiva secondo cui l’intento fosse soltanto di ferire non ha retto. Il gip ha riconosciuto l’aggravante dell’agevolazione mafiosa e sottolineato la pericolosità sociale di De Filippis, evidenziando il rischio concreto di recidiva.


