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giovedì, Marzo 28, 2024
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Lorenzo ucciso a 3 mesi dalla mamma, Valentina: “Volevo bene a mio figlio ma….”

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Il pm che l’ha interrogata prima che la polizia la arrestasse, Valentina, 26 anni, ha ripetuto: «Non ho mai pensato di ucciderlo, amavo il mio bambino». Ma non è stata creduta e da sabato è in carcere, accusata di omicidio con l’aggravante «di aver agito contro il discendente». Da quando era nato Lorenzo, lo scorso 31 luglio, Valentina viveva in casa dell’anziana nonna materna, a Picanello, quartiere popolare di Catania. Il figlio Lorenzo, tre mesi e mezzo, morto la sera del 15 novembre scorso nel reparto di rianimazione neonatale dell’ospedale Garibaldi-Nesima, dopo un disperato tentativo di salvargli la vita durato un giorno e mezzo. Troppo gravi le lesioni che, secondo l’inchiesta, «non sono frutto di caduta accidentale». Lorenzo è stato ucciso dalla mamma.

Su come questa tragedia sia avvenuta e perché, si muovono ora le argomentazioni di accusa e difesa. Secondo l’avvocato della donna, Luigi Zinno, «la donna ha bisogno di cure, come sottolinea pure il gip nella sua ordinanza; vive un disagio da quando aveva 11 anni e perse la madre, stroncata da un tumore in una settimana».  

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In effetti, la perizia che la procura di Catania ha affidato a un neuropsichiatra parla di «affettività molto disturbata», di «stato depressivo espresso con inibizione psicomotoria, appiattimento emotivo e assenza di risonanza emotiva alla realtà circostante», e spiega che «sollecitata sui vissuti di madre, fornisce risposte stereotipate senza alcuna coloritura affettiva e non manifesta disperazione per la perdita o per la colpa». Nessun riferimento invece a una ipotesi di depressione post partum; sotto esame è il vissuto della donna, che aveva dato il suo cognome al bambino perché il giovane padre, con cui aveva avuto una relazione, non aveva voluto riconoscerlo anche se dopo quanto accaduto si è riavvicinato alla donna.

Da quando era nato Lorenzo, lo scorso 31 luglio, Valentina viveva in casa dell’anziana nonna materna, a Picanello, quartiere popolare di Catania. La donna, 85 anni, quella mattina del 14 novembre è stata la prima a vedere per terra, accanto al lettone, il bimbo svenuto; che, tuttavia, sarebbe stata la stessa giovane a soccorrere, mettendogli del ghiaccio sulla testa e dando l’allarme al 118. La giovane inizialmente aveva raccontato che voleva solo buttare sul letto il suo bambino e che invece è caduto per terra, poi ai medici del pronto soccorso dell’ospedale Cannizzaro ha detto che lo aveva in braccio quando, per un improvviso movimento, le è sfuggito di mano ed è caduto sbattendo prima contro la cornice in legno del letto e poi per terra. Nella confessione, ai pm ha infine detto che «quando l’ho lanciato, l’ho fatto perché mi si è oscurata la mente, mi è venuto di lanciarlo per nervosismo, nemmeno piangeva, ma stavo male». Prima di scagliarlo per terra, la donna lo avrebbe scosso violentemente. Lo confermerebbero ferite, ecchimosi e lividi che il medico legale ha trovato sul corpicino durante l’autopsia.

Per stamattina è previsto l’interrogatorio di garanzia nel carcere catanese di piazza Lanza. «La donna quel giorno stava molto male – dice il suo difensore – aveva chiesto a suo padre di raggiungerla perché aveva bisogno di aiuto. Voleva bene a suo figlio, che aveva voluto a tutti i costi.

Aveva partorito con un cesareo perché non era stato possibile un parto naturale». Il padre della giovane ai familiari e all’avvocato continua a ripetere: «Se l’avessi ascoltata e fossi arrivato lì prima, tutto questo non sarebbe successo».

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