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giovedì, Marzo 28, 2024
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Morte Checco Maimone, la toccante lettera di Frank Matano: “Riposa in pace fratello mio”

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Francesco Pio Maimone, un figlio di Napoli, domenica notte è stato ucciso da un colpo di pistola vagante fuori uno chalet a Mergellina. Una morte che ha gettato nello sconforto una città intera, che ha scosso la coscienza di molti. A premere il grilletto Francesco Pio Valda, suo coetaneo, figlio di un ras scissionista di Barra ucciso dieci anni fa. I dettagli che emergono dal decreto di fermo fanno rabbrividire. A quanto pare Valda ha esploso colpi di pistola in segno di sfida e “guapparia”. Qualcuno aveva “osato mettere in discussione” che la pistola che impugnava fosse un’arma vera. E così, dopo aver esploso dei colpi di pistola in aria, la banda del rione Traiano con cui aveva litigato lo avrebbe affrontato dicendo che quella era una pistola a salve.

Così ha sparato ad altezza d’uomo e lo ha fatto per uccidere. Appena gli hanno rinfacciato che i primi colpi erano “a salve”, ha deciso di non tenersi l’affronto e ha abbassato il braccio. Così, dopo aver esploso i primi due colpi in aria, ha fatto fuoco ad altezza d’uomo: ha c’entrato il cofano di un’auto, mandando in frantumi un vetro e ha provato a uccidere uno degli aggessori. Nella zuffa, è giunto anche un uomo di 50 anni, che avrebbe sferrato un calcio a Valda, che sarebbe stato inseguito, fino ad estrarre un’arma che aveva nascosto tra i pantaloni. Una calibro 38 special, revolver con il colpo in canna.

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È stato in questo momento che ha centrato e ucciso Francesco Pio Maimone, completamente estraneo alla vicenda e che era lì con amici mentre mangiava noccioline. Il caos è successo dopo che qualcuno gli aveva sporcato le scarpe da mille euro. Alcuni soggetti interrogati dagli agenti hanno dichiarato: “Un ragazzo che usciva dallo chalet fortuitamente è salito sopra le scarpe di Francesco Pio Valda, in quell’istante si è creata la prima discussione. Valda ha detto al ragazzo di fare attenzione, in quanto quelle scarpe erano costose, erano marca Louis Vuitton da mille euro. E il ragazzo gli ha risposto che gliene avrebbe comprate dieci paia”.

In tantissimi si sono espressi sulla morte del giovane Checco, dagli amici e familiari a persone del mondo dello spettacolo. Tra loro anche Frank Matano, che su Facebook ha scritto un lungo e toccante messaggio.

Il lungo messaggio di Frank Matano

“Sono nato e cresciuto nella provincia di Caserta. Più di una volta ho assistito o vissuto in prima persona alla malevolenza gratuita di determinati ragazzi che hanno vissuto in determinate situazioni che li hanno portati ad essere in un determinato modo e questo ghirigoro inutile di parole si chiama Camorra.

Lo stato ha scelto di lasciare migliaia di ragazzi a loro stessi. Educati da persone che nella vita non hanno avuto la possibilità di autodeterminarsi, questi ragazzi sono cresciuti pensando di essere invisibili, pensando che l’unica cosa che si possa possedere sia l’onore. Non c’è altro. E se nessuno ti ha insegnato ad aprire la propria coscienza a te stesso, l’unico modo che hai di essere rispettato è la violenza.

È una dinamica sociale fatta di potere applicato in poco meno di 20 km². Oltre il proprio paese non c’è altro. C’è un muro, e ogni mattone di questo muro invalicabile è fatto di un pezzo della propria inadeguatezza.

Ho fatto le superiori a Sessa Aurunca. Prendevo il pullman da Carinola fino a Sessa ogni mattina. Quasi ogni mattina cercavo di NON incontrare un ragazzo che NON era un camorrista ma voleva esserlo. Era amico di “figli di” ma doveva dimostrare qualcosa in più al suo gruppo perché nelle sue vene scorreva sangue anonimo, insopportabile per un anonimo.

Nessuno dà il giusto valore alla propria anonimia fin quando non la perde completamente, finendo sul giornale per esempio, uccidendo qualcuno per esempio. La quiete di non essere nessuno turba dolorosamente i nostri cuori sopratutto in questo mondo di porno-ego.
Questo mio coetaneo aveva scelto da maturo quindicenne di imporsi sugli altri. Quando scendevo dal pullman ci fermavamo mezzoretta in villa a Sessa prima di entrare in classe (2004). Ho fatto il linguistico. I miei compagni di classe con cui ero in villa prima di entrare ogni mattina erano poco meno di dieci donne. Ho vissuto il matriarcato nella mia adolescenza. Ero al linguistico. Dicevo. Stavo nel mio gruppetto, in villa. Questo ragazzo mi si avvicina e mi chiama “o suggettò” che vuol dire “soggettone” che vuole dire “tu che non ti imponi con la forza qui avrai problemi”.

Non risposi alle provocazioni. Si avvicina sempre di più, siamo faccia a faccia, mi minaccia senza motivo, senza motivo, nessun motivo, zero motivi, non un motivo. Mi da una testata secca sulla bocca. Così a caso. Senza motivo. Nessun motivo. Zero motivi. Non un motivo. Per ridere. Per fare la camorra.

Era la sua personalissima fellatio ai cattivi. Mi mortifica. Non dico niente. E mi porto il non dire niente per tutto l’anno scolastico. Mi porto il non dire niente fino a domani. Non dire niente è un altro modo di morire. Non dire niente per non morire di fronte a un bar con un vodka lemon annacquato in mano. Non reagire a una umiliazione. Non rispondere alla violenza richiede una perversa autocommiserazione e non si capisce dove finisce quella e dove inizia l’istinto di sopravvivenza.

Questo messaggio è diretto ai ragazzi che vogliono imporre sé stessi con la violenza. Non c’è nulla che vi fermerà. Neanche un morto. Neanche mille, di cui già non sappiamo più nulla. Fra un mese Francesco Pio sarà uno di quelli. Niente di più. E chi l’ha ucciso sarà uno di quelli. Niente di più. Nessun protagonista. Torna l’anonimia. Resta il nulla. Resta il contrario della speranza. Restano solo dei ragazzi a cui non è permesso di vivere dignitosamente. Riposa in pace Francesco Pio. Riposa in pace fratello mio campano”.

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