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lunedì, Maggio 6, 2024
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“Omicidi, organizzazione e affari, vi svelo tutto”, Tamburrino racconta vita, morte e business del clan Di Lauro

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E Salvatore Tamburrino il pentito da novanta del clan Di Lauro, lui che è stato al fianco dei fvari fratelli del clan di Miez all’Arco ha svelato importanti retroscena dopo il pentimento. Decisione che non è arrivata subito dopo l’uccisione della moglie Norina, ma solo dopo qualche tempo. Infatti Norina fu ammazzata il 2 marzo 2019 mentre Salvatore Tamburrino decise di iniziare la sua collaborazione in data 22.10.2019. Però quando fu arrestato per l’omicidio della moglie qualche indicazione importante già la diede. Nello stesso giorno, dopo essersi consegnato alla Polizia di Stato, consegnò informazioni vitali per l’individuazione del luogo dove si trovava nascosto Marco Di Lauro, latitante dal 2004, consentendone così la cattura. Nella disperazione del momento e dei mesi successivi, non inizia il percorso collaborativo, cui giunge dopo sofferta maturazione ed aver perso l’affidamento dei figli. Tamburrino rappresenta  l’affiliato di livello superiore dei Di Lauro che ad ora collabora con la giustizia. Uomo di fiducia di Ciro prima e di Marco poi, sino al 2.3.2019, è a conoscenza di quanto maturato a cavallo della faida del 2004 (egli venne arrestato il 7.12.2004 per poi essere scarcerato nel febbraio 2011 ), fornendo una chiave di lettura in parte inedita sulla strategia dei Di Lauro

Nel verbale del 23.10.2019 il collaboratore delineò la gestione collegiale del clan Di Lauro rievocando la confusione al momento dello scoppio della prima faida di Scampia, con il duplice omicidio Montanino-Salierno. “Dopo che PAOLO DI LAURO passò la direzione del clan al figlio primogenito COSIMO nel 2002, prima del blitz che portò alla latitanza di PAOLO stesso, la gestione del clan avveniva in modo collegiale, nel senso che COSIMO era il capo del clan ma per una questione loro, di natura familiare, di rispetto, sentiva il parere il consiglio e cercava di condividere la decisione con i fratelli CIRO e MARCO. VICNENZO al quel tempo no perché era in carcere.  Sino al mio arresto nel dicembre del 2004 funzionò così, sia prima che durante la faida. Dopo l’omicidio MONTANINO SALIERNO andammo tutti da COSIMO, il quale non aveva ancora capito che l’omicidio venisse dagli scissionisti, ed anzi pensava alla MASSERIA CARDONE. 

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Ci recammo da COSIMO io, MARCO DI LAURO, CIRO DI LAURO, CORTESE GIOVANNI, addirittura vi erano NOTTURNO ENZO detto vettori, vi era FRIZIONE ossia Salvatore, che poi apprendemmo essersi invece schierati con gli scissionisti; da RISPOLI RAFFAELE che aveva saputo da TINA RISPOLI e da MARIA RISPOLI, le sorelle, apprendemmo del coinvolgimento di MARINO GENNARO il mecchei. Per COSIMO l’omicidio di FULVIO MONTANINO era un attacco alla sua famiglia di sangue, per cui si doveva scatenare una guerra, fare una strage. Fui io a portare la notizia a COSIMO che veniva da RISPOLI RAFFAELE e COSIMO convocò il RISPOLI il quale confermò che l’omicidio era di mano di MARINO GENNARO, tanto che io, CIRO, CORTESE e PREZIOSO GIUSEPPE ed altri ci portammo alle CASE CELESTI allo scopo di verificare se GENNY MARINO si trovasse lì, perché COSIMO lo voleva convocare ed attiralo in trappola. Ma i pali della piazza negarono che GENNY fosse nelle CASE CELESTI.

Il racconto della prima faida di Scampia

Quando apprendemmo che vi era un’alleanza degli scissionisti contro di noi, COSIMO disse, anche alla mia presenza, che si doveva sterminarli tutti, perché avevano tradito e perché avevano ucciso FULVIO MONTANINO, un fratello per i DI LAURO. CIRO e MARCO che erano presenti, concordarono con COSIMO. Già si facevano nomi di obiettivi, tra cui la famiglia di CALZONE RITO e di CARRIOLA LUCIO, si parlò anche dalla sorella di ABETE. Si parlava di prendere i parenti perché COSIMO voleva mettere terrore a tutti. I fratelli MARCO e CIRO condivisero in pieno la strategia ed anzi ricordo che MARCO propose quale obiettivo il padre di CALZONE RITO, che poi non fu preso perchè erano spariti proprio. Nei giorni successivi si spostammo nel RIONE DEI FIORI e DE VITALE PATRIZIO salì da COSIMO per dirgli che stava sbagliano a partire dalla coda, ossia dai parenti, mentre invece andavano ricercati obiettivi di rilievo. Ma COSIMO non ragionava più, gli diede del vigliacco e gli sputò in faccia. Aggiungo che COSIMO in quel periodo beveva in modo smodato, sia alcolici che superalcolici.  Quindi la prima faida è una decisione collegiale dei DI LAURO COSIMO, MARCO e CIRO, con l’appoggio, per quanto si sapeva, di PAOLO DI LAURO. Si iniziò anche ad incendiare case e negozi dei pareti degli scissionisti, tra cui le case di PAGANO CESARE a CASAVATORE.

 Per tornare alla famosa lista degli obiettivi da uccidere nella prima faida, per come ho detto le decisioni sugli omicidi da compiere furono sin dal primo momento prese collegialmente. Quindi, anche qualora COSIMO fosse stato arrestato o impedito a dare l’ordine, MARCO e CIRO avevano condiviso la strategia e sapevano bene quali fossero gli obiettivi da colpire, che erano gli scissionisti, ed i loro parenti anche non stretti ed addirittura gli amici.  L’unico presupposto è che vi fosse l’autorizzazione espressa di uno dei tre fratelli, COSIMO, MARCO o CIRO.  Vi erano mezzi ed armi disponibili.  MARCO rimane sul territorio come capo anche da latitante sostanzia/mente sino al 2 marzo del 2019, data del suo arresto. Gli stessi DI LAURO VINCENZO e DI LAURO CIRO, una volta scarcerati, come ho detto, non hanno inteso orientare il clan nel senso che MARCO aveva sempre voluto, ossia in ambiti criminali quali le piazze di spaccio, il traffico della droga, l’acquisizione dei territori disponibili. MARCO si poneva anche il problema dei detenuti, mentre nei primi periodi dopo la sua scarcerazione ENZO aveva una mentalità da commerciante, pensando soprattutto a fare soldi con attività come il negozio di abbigliamento, che aveva intestato alla mamma, di cui aveva aperto una sede anche a Milano, la Different 360 e subito dopo il supermercato. VINCENZO stava sempre sino alla scarcerazione con MENNA VINCENZO. Costui è un soggetto che ha sempre fatto parte del clan DI LAURO, si occupava di cd rom contraffatti,. MENNA VINCENZO è quindi persona che si occupa da tempo di transazioni commerciali illegali se principalmente fa false fatturazioni o frodi sull’IVA”.

 “DI LAURO VINCENZO, come detto, una volta scarcerato a fine 2014, decise di tenere all’inizio un profilo basso. Gli affari del supermercato e dei negozi di abbigliamento non andavano bene; ricordo che VINCENZO DI LAURO e MENNA VINCENZO erano soci anche in un’attività di distribuzione di bevande energetiche. A questo punto decide di fare di nuovo il camorrista e avendo avuto il contatto con i bulgari per la fabbrica di sigarette decise che era il momento di acquisire denaro liquido, che ottenne come già riferito, imponendo estorsioni a a tappeto nelle zone di Secondigliano, ed una traversa che porta a Casavatore.  Poi c’è il settore delle truffe assicurative, in cui era inserito anche DI LAURO SALVATORE.  DI LAURO MARCO, anche se latitante era rispettato come capo, era diventato un mito e come ho detto interveniva solo per le questioni di maggiore rilievo. Quando MARCO era solo, nel senso che i fratelli erano tutti in carcere, nominava dei referenti sul territorio.

DI LAURO SALVATORE, si incontrò solo una volta con DI LAURO MARCO, per ragioni familiari. SALVATORE faceva droga con suo cognato LEONE DIEGO, poi ha iniziato prima lui e poi con VINCENZO DI LAURO a fare aste, nel senso che pretendevano la tangente sulle aggiudicazioni di immobili all’asta. Gli informatori sugli affari sono dei soggetti di Casavatore. DI LAURO SALVATORE, i fratelli ANTONIO, GIUSEPPE e RAFFAELE fanno gruppo a sé, nel senso che si sono staccati da DI LAURO VINCENZO, che criticano da un lato perchè si è circondato da ex scissionisti come i RISPOLI, ed anche per le estorsioni imposte ai commercianti per fare i soldi per il contrabbando di sigarette, cosa che i vecchi DI LAURO non avevano mai fatto”.

 

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