Convivere ogni giorno con la violenza, con i ricatti psicologici ed economici senza vedere apparentemente una via d’uscita. Ma il coraggio spesso è un alleato che ti sorregge quando sei impantano nel fango, riportandoti quando meno te l’aspetti in superfice aprendo nuove porte alla serenità.
Sara, il nome è di fantasia, sa bene cosa voglia dire soffrire emotivamente e fisicamente a causa di un compagno violento da cui, non sensa difficoltà, è riuscito ad affrancarsi. In questo periodo in cui, ancora una volta, le notizie di femminicidi e violenza di genere riempiono tg e giornali di cronaca, la sua storia di rinascita rappresenta una speranza per tutte quelle donne scivolate nella spirale della paura. Ad InterNapoli la donna racconta quanto vissuto e come è riuscita a reagire grazie all’incontro con la Dedalus, cooperativa sociale, davvero fondamentale.
Il buio di Sara
Sara incontra un uomo tramite amicizie comuni. Comincia con lui una frequentazione, che poi diverrà convivenza. Il sogno di un amore che dura si rivela, però, qualcosa di completamente diverso.
«Io desideravo molto dei figli e quindi volevo mettere su famiglia – racconta Sara – All’inizio della convivenza, dopo un anno dall’inizio della convivenza che avevo cominciato dopo qualche titubanza, già c’erano state le prime avvisaglie come delle scenate di gelosia, poi divenute sempre più insistenti. Un segnale che all’inizio non avevo colto. Per lui non potevo uscire con le amiche, mi ha estraniato anche dai familiari. Me lo diceva con calma ma lo faceva. Io non davo peso a tutto ciò. Non sapete quanti cellulari mi ha rotto e io neanche lì mi rendevo conto in che situazione ero finita. Successivamente sono cominciate anche le urla».
Le violenze emotive e fisiche
Nel tempo, la situazione precipita. Sara rievoca quei momenti bui. «Ho iniziato a subire anche ricatti emotivi, come poi successivamente gli operatori del centro antiviolenza a cui mi sono rivolta mi hanno fatto notare: se non avessi fatto quello che lui voleva, mi diceva che si sarebbe ucciso. E questo dopo aver rotto tutta casa e lanciato contro di me il ferro da stiro».
Sara parla con consapevolezza di quel terribile periodo, durato anni. «Entri in una spirale di confusione, non ti rendi più conto di cosa ti succede. Questa è una violenza psicologica che ti destruttura, il mio ex compagno mi incolpava di tutto anche per averlo fatto arrabbiare. E per questo mi picchiava, mi dava spintoni. Non sapete quante volte mi ha buttato a terra durante le gravidanze, lasciandomi lì a terra. Se non mettevo il piatto come diceva lui, mi aggrediva. Intanto io colpevolizzavo. Dopo la nascita dei figli la cosa è peggiorata. Più volte mi ha lanciato la sedia addosso, cercando di spegnermi le sigarette addosso senza che io potessi andare al pronto soccorso perchè si sarebbe scoperta la verità. Quando gli dicevo che mi ero fatta male lui mi diceva: “Ringrazia che sei viva’’. Mi minacciava quotidianamente di morte e io avevo sempre più paura».
Sara qui fa una riflessione amarissima. «Quando succede questo tu senti veramente l’odio nella carne. Alla mia domanda su perché lo facesse lui rispondeva: “Io ti amo’’. Una follia, e mi prendeva anche in giro: voleva distruggermi».
Ricatti economici
Botte, urla, minacce non non sono tutto. Sara subisce anche ricatti economici. «Io ero quella che lavorava. Lui invece ha rinunciato anche agli impieghi che gli avevo trovato e mi chiedeva soldi. A quel punto per prevenire, davo a lui del danaro in modo spontaneo. Era un modo per sopravvivere. Un carabiniere a cui mi rivolsi, che fu bravissimo, mi disse che questa era estorsione perché dando a lui dei soldi ero sicura che non mi avrebbe picchiata, ma non è stato così».
L’ex compagno «mi ha fatto fare parecchi prestiti, spendeva i soldi dicendo però ero io ad averli spesi e buttati, che ero spendacciona. In realtà, lui li spendeva per le sue amiche».
La rinascita
Tutto sembra perduto per Sara e invece, grazie all’aiuto dei carabinieri che raccolgono le sue denunce, all’incontro con Dedalus Cooperativa Sociale e alla rete dei centri antiviolenza inizia la rinascita. E anche in questo frangente non è stato facile. «Io mi ero già confidata con parenti e amiche, che però non avevano fatto nulla. Anzi, veniva sottovalutata la mia sofferenza. Ma non erano certo liti tra coniugi come volevano far credere. Tutto quello che mi succedeva veniva sottovalutato. A seguito di un’aggressione molto forte e violenta, il mio ex compagno mi disse “ora torno a casa e ti faccio ridere’’: una chiara minaccia. A quel punto capii che dovevo fare qualcosa per reagire, altrimenti sarei morta. Me ne andai con i miei figli, andai dai carabinieri a denunciare andai in ospedale a farmi refertare. Ho trovato una rete che funziona. Poteva essere un salto nel vuoto ma se non fossi uscita di casa dopo un’ultima pesante minaccia, sarei morta. Ma l’ho fatto, perché volevo vivere. Ho chiesto aiuto di notte al 1522 e mi hanno accolta subito. Quando sono andata lì la prima volta, ho ricevuto un abbraccio. Dopo tanto tempo qualcuno utilizzava le mani per abbracciarmi e non per picchiarmi».
Sara inizia a intravedere un futuro roseo dopo aver visto in tv una pubblicità che invitava le donne vittime di violenza a rivolgersi al 1522. «I centri antiviolenza funzionano – afferma Sara – sono stata accolta e guidata dal punto di vista psicologico e legale. Anche i carabinieri mi hanno dato tantissima forza e spinta dicendomi come reagire».
La condanna per il suo aguzzino
Sara è riuscita ad avere anche giustizia. Il giudici hanno infatti condannato il suo aguzzino a oltre 3 anni in via definitiva. Un’altra vittoria per lei, dopo tanto dolore.
L’appello di Sara
Sara lancia un appello. «Vorrei dire a tutte le donne che sono in dubbio: affidatevi alla rete. Quando avete un momento di panico dovete chiamare chi può aiutarvi. Ho fatto i passi giusti e ne sono uscita piano piano. Dopo due anni il mio ex compagno ha smesso di tormentarmi ma comunque continua a monitorarmi. Può decidere di vendicarsi, ma oggi sono viva. Vale la pena sempre denunciare, io lo rifarei nonostante le difficoltà e le paure che ho attraversato». La conclusione è un inno alla speranza: «Io ho una vita, mi sto difendendo. Ho già vinto e dico anche una cosa: se pure dovessi rincontrare il mio ex compagno violento e volesse aggredirmi nuovamente, io avrei comunque vinto. La mia vita me la sono ripresa e non siamo state schiacciate io e i miei figli. Quindi l’appello a tutte le donne vittime come me è: denunciate e andate via da un contesto violento».
Le considerazioni della cooperativa Dedalus sulla violenza economica
Manila Del Giudice, operatrice antiviolenza Dedalus Cooperativa Sociale fa alcune importanti considerazioni. «La violenza di genere non è solo femminicidio o fisica. C’è anche la violenza economica, che troppo spesso normalizziamo. Siamo abituati al fatto che gli uomini lavorano e le donne no o che gli uomini guadagnano di più. Le donne spesso restano in casa con un ricatto economico».
Sul caso di Sara: «Ancora oggi è piena di debiti. come abbiamo visto e spesso le donne sono costrette a firmare sotto minaccia o mettono firme false. Di questo manca però un reale riconoscimento nonostante i centri antiviolenza siano pronti a sostenere le donne anche in questo caso».
Ecco alcuni dati sviscerati dalla Del Giudice. «Ai centri antiviolenza di Napoli e provincia nel 2024 si sono rivolte più di 550 donne Almeno nella metà dei casi, esse hanno la consapevolezza che subiscono anche violenza economica, che può assumere la forma di impedire alla donna di andare a lavorare oltre che contrarre debiti o appropriarsi dello stipendio. Mettere una donna in difficoltà economica significa esercitare il controllo sulla sua vita».
La sottolineatura
Tania Castellaccio, che della Dedalus è responsabile dell’Accoglienza delle donne, dal canto suo sottolinea: «Le donne che accogliamo presso i 6 Centri Antiviolenza del Comune di Napoli ci raccontano che la violenza economica può iniziare in modo sottile e subdolo, mascherato da una forma di “cura e preoccupazione” da parte del partner. Il maltrattante alle volte si offre di gestire le finanze della sua compagna in quanto “più esperto”, potrebbe suggerirle di lasciare il lavoro perché il suo stipendio può bastare ad entrambi; alle volte poi, il maltrattante suggerisce/impone di rilasciare “false dichiarazioni” per poter accedere a “un sussidio economico che può tornare utile alla famiglia”, oppure impone di accendere prestiti che poi non paga».
Inoltre, «nel tempo che la violenza economica rivela la sua vera natura ovvero un esercizio di potere e controllo volto a creare una situazione di totale subordinazione da un punto di vista economico….. detto in altri termini “se sono sicuro che non puoi andartene perché economicamente non ce la faresti, il mio potere di controllo sulla tua vita aumenta».
I dati dei casi di violenza segnalati per le dieci municipalità di Napoli
Tornando ai dati forniti dalla Dedalus rispetto al 2024 nelle varie Municipalità di Napoli, si evince come i casi alla Prima Municipalità, Chiaia-Posillipo sono stati 33. Alla Seconda Municipalità, (Montecalvario e dintorni) 48. Alla Terza Municipalità, Stella San Carlo all’Arena 51; alla Quarta Porto-Pendino- Poggioreale 39. Alla Quinta, Vomero-Arenella 56; Alla Sesta Ponticelli-Barra-San Giovanni 40. Alla Settima, Secondigliano- Miano -San Pietro, 29. All’Ottava Municipalità, Scampia-Piscinola-Chiaiano-Marianella 47. Alla Nona Municipalità, Soccavo-Pianura 54. Alla Decima, Bagnoli-Fuorigrotta 116 per un totale di 552.
La maggior parte delle vittime per il 2024 è di nazionalità italiana (483 pari all’88%). Il 9% è di Paese Extra europeo (50 casi) e 19 di Paesi europei (3%). Il 38% sono donne non occupate, il 42% con un lavoro, per la maggior parte si tratta di impiegate (25%) e operaie (13%); il 5% studentesse, il 7% con un lavoro saltuario e il 5% di casalinghe. Rispetto allo Stato civile, la maggioranza delle donne è coniugata (35%), nubile (39%) e separata (14%). Per quanto riguarda il titolo di studio: il 41% ha il diploma di scuola superiore, il 27% il diploma di scuola media e il 21% ha conseguito una laurea. La fascia d’età maggiore è quella che va dai 40 ai 49, seguita da 50-59 e 30-39.