Rischia la stangata il boss Vincenzo Mele ”o stilista’ imputato insieme a Lucia Sorrentino per il tentato omicidio di Antonio Liberti avvenuto a Pianura il 9 gennaio del 2017. Per il boss (difeso dall’avvocato Paolo Gallina) e la donna, indicata come specchiettista, la Procura ha chiesto la conferma delle condanne di primo grado. Condanne a 14 e 11 anni di reclusione. Fondamentali per ricostruire quell’omicidio si sono rivelate le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. A raccontare tutto ai magistrati gli ex colonnelli dei Mele e cioè Antonio Vanacore e Pasquale Esposito junior, protagonisti insieme a Salvatore Romano ‘muoll muoll’, di un clamoroso voltafaccia ai danni della propria cosca.
L’agguato a Liberti avvenne il 9 gennaio 2017 su via Duca d’Aosta. L’uomo era appena entrato in un bar quando arrivò il killer. Liberti fu colpito in petto e alla schiena ma riuscì a salvarsi grazie al tempestivo intervento dei soccorsi. Come ricostruito dai pentiti quell’agguato altro non fu che la risposta alla morte di Raffaele Pisa, ucciso nel dicembre del 2017. Era l’epoca a Pianura dello scontro più cruento tra gli stessi Mele (guidati dai fratelli di Vincenzo, Salvatore e Giuseppe) e i Pesce-Marfella retti da Pasquale Pesce ‘Bianchina’. Lo stesso Romano raccontò ai magistrati la voglia di vendetta dei suoi dopo quell’agguato:«Ci recammo da Vincenzo Mele io, Battaglia, Esposito e Vanacore per chiedergli l’autorizzazione a rispondere subito, uccidendo qualcuno dei Pesce-Marfella: in particolare Spina, D’Andrea o Liberti. Vincenzo Mele ci autorizzò e ci disse che avremmo dovuto farlo subito. Dopo un paio di giorni ci riconvocò e ci disse che Giuseppina, la moglie di Salvatore Cutolo, gli aveva fatto sapere che Spina era un loro parente e che quindi non bisognava toccarlo. Si decise allora di uccidere Liberti».
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