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venerdì, Aprile 19, 2024
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Tentato omicidio Bellofiore, il ricorso del boss Mele finisce in Cassazione

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Tentato omicidio Bellofiore, ricorso presso le Sezioni Unite della Cassazione del legale del boss di Pianura. Era luglio del 2019 quando Vincenzo Mele fu raggiunto da ordinanza di custodia cautelare in carcere per ritenuto essere il mandante del tentato omicidio di Giovanni Bellofiore ritenuto elemento apicale del clan avverso, i Pesce-Marfella.  Ad accusarlo i collaboratori di giustizia Salvatore Romano, Pasquale Esposito junior e Antonio Vanacore: i primi due, che si erano dichiarati colpevoli di essere gli esecutori materiali di quel reato, avevano dichiarato che a volere quel delitto era stato Luigi Mele che avrebbe ricevuto tale incarico da Giuseppe Mele, detenuto, e assieme all’altro figlio Vincenzo, avrebbero portato a termine il piano ideando l’agguato e scegliendo Romano e Esposito come esecutori materiali.
Il legale di Mele (l’avvocato Paolo Gallina) invocava così la “contestazione a catena”.
Secondo l’avvocato Gallina il pubblico ministero aveva già nella propria disponibilità gli atti per emettere l’ordinanza del tentato a carico dei Bellofiore, quando chiese la custodia cautelare per Vincenzo Mele come capo e promotore del clan camorristico Mele. Il gip allora rigettò la questione della difesa e il legale di Mele propose appello al Riesame. Il Tribunale del Riesame si pronunciò sostenendo che l’appello della difesa ere da rigettarsi perché seguiva un diverso orientamento giurisprudenziale: in sintesi poiché nell’ambito del processo sul tentato omicidio ci si trovava nella fase delle indagini preliminari mentre nel procedimento dell’associazione si attendeva la fissazione del procedimento di secondo grado, sarebbe stato computabile per valutare la scadenza del termine di fase del secondo procedimento solo il periodo che il primo aveva trascorso nella fase delle indagini; seguendo questo calcolo il termine non sarebbe stato da considerarsi scaduto e così l’appello della difesa fu rigettato.
Avverso quel provvedimento è stato così promosso ricorso in Cassazione, denunciando la diversità degli orientamenti e richiedendo che della questione si occupassero gli ermellini. Un ricorso che si somma a quello promosso dallo stesso legale secondo cui l’ordinanza di custodia cautelare contro Mele andava annullata per scadenza dei termini. Il ricorso in Cassazione si fonda su un assunto, e cioè sulla violazione, a dire della difesa, nell’applicare un orientamento assai risalente e molto più sfavorevole consentendo che la Procura potesse attendere per richiedere l’emanazione di un ordinanza di custodia cautelare pur avendo possesso di tutti gli atti molto tempo prima. Il ricorso in Cassazione potrebbe far storia, infatti la prima sezione penale degli ermellini ha ritenuto che la questione sollevata dalla difesa di Mele non fosse risolvibile se non attraverso l’intervento delle Sezioni Unite come invocato dal legale di Mele.
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