MILANO – Il pm Ilda Boccassini presenta il conto del processo Sme: «Chiedo la condanna di tutti gli imputati per la gravita dei reati commessi, perchè per anni hanno violato la legge».
Dopoché i numeri: 11 anni di reclusione per Cesare Previti e per Attilio Pacifico, 11 anni e 4 mesi per l’ex capo del gip romani Renato Squillante, 4 anni e 8 mesi per l’ex giudice Filippo Verde, un anno e 10 mesi per Mariano Squillante, un anno e mezzo e un anno per il fratello Fabio e la moglie Olga e 6 mesi per l’ex magistrato Francesco Misiani. Durissima la reazione dell’onorevole Previti: «Contro di me solo diffamazione».
LA REQUISITORIA – È un conto salato quello presentato dalla pubblica accusa. Arrivato dopo oltre otto ore di requisitoria divise in due udienze e preceduto da parole durissime, soprattutto nei confronti degli ex magistrati accusati di aver ricevuto denaro per «aggiustare» la causa che segnò la mancata vendita del comparto alimentare dell’Iri alla Cir di Carlo de Benedetti: «Erano costantemente retribuiti perchè violassero le loro funzioni, violassero quel giuramento sacro che tutti noi facciamo quando siamo immessi nella magistratura». Per il pm, Renato Squillante e Filippo Verde non hanno rispettato i principi costituzionali «che abbiamo il dovere di far rispettare perchè se no si mette in gioco la nostra democrazia, il nostro vivere nel contesto della collettività».
LE ATTENUANTI – Un comportamento, quello di Squillante e Verde, che secondo Ilda Boccassini, non è meritevole – come non lo è quello di Previti – nemmeno della concessione delle attenuanti generiche, chieste solo per Olga Savtchenko e per l’ex pm Francesco Misiani. Entrambi sono accusati di favoreggiamento, per due vicende diverse: la Savtchenko perchè con il marito Fabio Squillante e il fratello Mariano, figli dell’ex capo dei giudici romani, avrebbe cercato di nascondere il patrimonio del padre: dopo la scoperta della microspia al bar Tombini di Roma che, nel gennaio del ’96, svuotarono il suo conto svizzero e trasferirono il denaro nel Liechtenstein. Misiani è invece accusato di aver rivelato a Squillante l’ipotesi di reato, il nome di Ilda Boccassini e il termine di scadenza delle indagini milanesi, in un periodo in cui l’ex giudice, scoperta la cimice al bar Tombini, era alla ricerca di notizie sull’inchiesta che lo riguardava.
LA RICOSTRUZIONE – Ilda Boccassini ha voluto fare una ricostruzione dell’affaire Sme radicalmente diversa da quella fornita dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (citato più volte come uno dei protagonisti di quella vicenda): il prezzo di 497 miliardi di vecchie lire fissato per la vendita a De Benedetti era stato stabilito «da due professori della Bocconi» e l’operato dell’allora presidente dell’Iri Romano Prodi era stato «approvato all’unanimità» dal consiglio d’amministrazione dell’Ente pubblico. Anche una delibera del Cipe aveva ratificato la congruità del prezzo, dopo che il ministro alle Partecipazioni statali Clelio Darida, su sollecitazione del presidente del Consiglio Bettino Craxi, aveva di fatto sospeso per qualche tempo l’esecuzione dell’accordo con l’ingegnere. Ci fu poi l’offerta di 550 miliardi dell’avvocato Italo Scalera che solo nel ’98 fece il nome della persona per cui la proponeva: Silvio Berlusconi. Per il pm quella fu un’offerta «fantasma» per la sua genericità. Venne poi quella della cordata Iar (Fininvest, Barilla, Ferrero) di 600 miliardi e l’accordo Iri-De Benedetti venne nuovamente bloccato. Da qui la richiesta da parte della Cir del sequestro delle azioni Sme e l’inizio dell’ intricata causa civile in cui Filippo Verde intervenne in primo grado, come presidente e relatore del collegio («un’anomalia» per il pm) che diede torto a De Benedetti.
GLI AVVOCATI – Opposti, naturalmente, i commenti degli avvocati degli imputati e di Giuliano Pisapia, legale di parte civile per la Cir di Carlo De Benedetti: «Una requisitoria basata su un’imponente mole probatoria. Le richieste di condanna poggiano su una ricchissima documentazione» dice Pisapia. «Una arrampicata su una montagna di congetture con vertiginose cadute nel vuoto giudiziario più assoluto». Questa la prima riflessione dell’avvocato Alessandro Sammarco, legale di Cesare Previti. «Dopo un giorno e mezzo di requisitoria non abbiamo ancora capito che cosa Squillante abbia a che fare con il processo Sme». Ha reagito così l’altro legale di Cesare Previti, Giorgio Perroni. «Secondo il Pm – ha detto – avremmo pagato l’unico giudice che ci ha dato torto (Verde, ndr) e l’avremmo pagato due anni dopo».
da: «Il corriere della sera» del 31/05/2003

