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ARRESTATI I KILLER DEL TRANS

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di DANIELA DE CRESCENZO



GIUGLIANO – «Mi hanno dato fuoco in quattro, sono arrivati a bordo di una Fiat Bravo»: sono state le ultime parole di Enrico Taglialatella, il travestito bruciato il 19 agosto alla rotonda di Melito e morto sabato sera al Cardarelli, a condannare i suoi assassini.
Sono finiti in manette due giovani incensurati, due balordi che hanno negato a lungo di avere le mani macchiate di sangue, prima di essere incastrati dalle testimonianze contraddittorie degli amici. Subito dopo la morte del travestito, gli agenti della sezione criminalità, stranieri e prostituzione del commissariato di Giugliano diretto da Alberto Francini supportato da Pietropaolo Auriemma, hanno messo le manette a Domenico Marino, 23 anni, residente a Napoli, a Poggioreale e a Luigi Sturace, di 22 anni, anche lui di Poggioreale, ma trasferitosi momentaneamente a Reggio Emilia per lavoro. I due appartengono a famiglie tranquille, di lavoratori onesti: l’arresto dei ragazzi è stato un durissimo colpo per i gentori, che assolutamente non immaginavano l’infamia di cui i figli si sono resi protagonisti.
Ma le indagini non si fermano: Taglialatela ha parlato di quattro persone arrivate a dargli fuoco in quella maledetta notte di agosto, e all’appello mancano ancora due nomi. Perciò gli inquirenti continuano a esaminare e approfondire tutte le testimonianze, in particolare quella del custode della ditta di abbigliamento «Coscia e Borrelli», attualmente chiusa. Il portiere, quella sera si trovava nei locali dell’impresa quando vide arrivare un uomo avvolto nelle fiamme, Enrico Taglialatela. Subito dopo avergli prestato i primi soccorsi, l’uomo chiamò il 113: intanto tra frasi smozzicate e urla di dolore, il parrucchiere gli aveva detto di essere stato aggredito da quattro uomini che già qualche ora prima erano arrivati a bordo di una Fiat Bravo. E la stessa versione la vittima fornì agli agenti della Volante e al drappello di polizia del Cardarelli. Le telecamere del mercato ortofrutticolo, nei cui pressi era avvenuta l’aggressione, poi, hanno riproposto le immagini di una Bravo della quale si intravedevano i primi numeri di targa. I computer hanno fornito una serie di combinazioni possibili e poi gli inquirenti si sono concentrati su Marino, proprietario di una Bravo di colore scuro, identica all’auto che il transessuale, prima di entrare in coma, aveva detto di aver visto fuggire. A quel punto, incorciando le diverse versioni, è stato possibile ricostruire quello che è successo nella notte del 19 agosto.
Sono le due di notte quando Enrico Taglialatela, che fino a qualche anno fa aveva gestito un negozio di parrucchiere a Giugliano e che poi, diventato tossicodipendente, era stato costretto a prostituirsi per pagarsi le dosi, viene avvicinato nei pressi del mercato ortofrutticolo da quattro balordi a bordo di una Bravo. I ragazzi cominciano a prendere in giro il transessuale, poi gli propongono una prestazione sessuale. Quello rifiuta, forse per paura di appartarsi con l’intero gruppo, Nnasce un alterco, i quattro si allontanano. L’incidente sembra chiuso, ma un paio di ore dopo i balordi tornano: sono riusciti a procurarsi una tanica di combustibile (e gli inquirenti hanno poi rintracciato il benzinaio che glielo aveva venduto e lo hanno interrogato), lanciano il liquido infiammabile addosso al travestito e con un accendino gli danno fuoco. Subito dopo scappano. Taglialatela si rotola sull’erba nel tentativo di spegnere le fiamme, ma queste gli coprono ormai il settanta per cento del corpo, quando riesce a raggiungere il guardiano notturno della «Coscia e Borrelli» che dà l’allarme. La morte arriva sabato dopo undici giorni di agonia.

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«Gli assassini? Bravi ragazzi»



Lo conoscevano in molti a Giugliano: Enrico Taglialatela per anni aveva gestito un negozio di parrucchiere in piazza Gramsci. Poi la droga lo aveva spinto alla prostituzione e da allora la sua vita era diventata molto più precaria e pericolosa. Come complessi erano i rapporti in famiglia, in particolare con uno dei fratelli legato alla malavita locale (Il padre era misteriosamente scomparso molti anni fa), tanto che nelle primissime battute delle indagini non è stata scartata nemmeno l’ipotesi di un delitto di famiglia.
Ma l’aggressione aveva tutti i connotati dell’assalto di un branco. E così non è rimasta che l’ultima ipotesi, la più terribile: quella dell’aggressione gratuita. Oggi i due giovani accusati del delitto sono descritti da amici e parenti come bravi ragazzi. Oggi saranno interrogati dai giudici che conducono le indagini (gip Quatrano, Pm Ciccarelli), e racconteranno la loro verità. Ma capire l’accanimento di chi a notte fondo batte l’hinterland per trovare la benzina e portare a termine la vendetta, sarà comunque difficile.




IL MATTINO 1 SETTEMBRE 2003

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