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venerdì, Marzo 29, 2024
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Sfascio giustizia: chiude il tribunale di Marano

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Niente più udienze a Marano, sede distaccata del Tribunale di Napoli tra le più affollate e gravate da carichi di lavoro. Niente più certificati dal casellario giudiziale, e nemmeno atti ufficiali rilasciati dall’ufficio copie del Gip (il giudice per le indagini preliminari). Sul ponte del fortino della cittadella giudiziaria di Napoli sventola bandiera bianca. E siamo a un passo dalla paralisi dell’amministrazione della giustizia nel distretto più importante d’Italia. Ancora una volta a denunciare lo sfascio è il presidente del Tribunale di Napoli, Carlo Alemi. In un’intervista al «Mattino» Alemi denuncia la situazione – al limite di un punto di non ritorno – e punta il dito contro l’inerzia del governo che, sebbene sia stato sollecitato più di una volta a intervenire, non ha battuto un solo colpo. Cominciamo da Marano. È il paradosso dell’emergenza giustizia a Napoli: avrebbe dovuto ospitare il secondo Tribunale metropolitano, ma il progetto non è mai decollato, nonostante – sulla carta e solo sulla carta – il Consiglio superiore della magistratura avesse persino designato i suoi vertici; alla presidenza era stato nominato un magistrato d’esperienza del calibro di Luigi Mastrominico, che oggi siede invece sulla poltrona di Avvocato generale presso la Procura generale. Nel frattempo la sede distaccata di via Nuvoletta è diventata inagibile. I pilastri hanno iniziato a cedere. E non è rimasto altro da fare che deciderne la chiusura. Con l’inevitabile conseguenza di dover trasferire nella Torre A del palazzo di Giustizia del Centro direzionale tutte le attività di ufficio e di udienza. Compulsato in almeno due occasioni sulla necessità di intervenire urgentemente, il ministero della Giustizia è rimasto in silenzio. Sono complessivamente otto le «distaccate» del Tribunale civile e penale di Napoli: oltre a Marano si tratta di Ischia, Pozzuoli, Casoria, Afragola, Portici, Frattamaggiore e Capri. Ma il cahiér de doleance non è ancora completo. Perché a causa delle riduzioni del personale amministrativo, oggi, non si è in grado di rilasciare atti in copia delle decisioni del giudice per le indagini preliminari, e persino quelle del casellario giudiziale. Questo significa che al controllo in sede di udienza con rito direttissimo nemmeno il giudice è messo in grado di conoscere se l’imputato è pregiudicato o incensurato. Con tutte le conseguenze che si possono facilmente intuire. Giustizia anno zero, a Napoli. «Ai rami secchi dell’amministrazione, già ridotta all’osso, si aggiungono i tagli previsti poi in Finanziaria, quest’anno. E oltre alle emergenze logistiche bisogna fare sempre di più i conti con i tagli al personale amministrativo e di cancelleria. Ma in tante note negative c’è spazio anche per qualche buona nuova. È lo stesso Alemi a ricordare come – grazie alla rimodulazione degli schemi organizzativi – alcuni settori del civile registrino dopo decenni il raggiungimento del segno positivo rispetto ai carichi di lavoro. In particolare la sezione Lavoro ha ridotto di un terzo le pendenze: da 120mila si è scesi alla cifra di 70mila. Ultima buona notizia: presto, per chi utilizza la Torre A del Palazzo di Giustizia del Centro direzionale – e sono tanti tra giudici, avvocati e pubblico – entreranno in funzione due nuovi ascensori.


Alemi: «Situazione gravissima dal ministero mai ricevuto risposte»

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«A Marano siamo costretti a chiudere – spiega Alemi – non intendo assumermi responsabilità sulla incolumità di magistrati, avvocati e di quanti si recano in Tribunale: per questo ho disposto il trasferimento di tutte le attività di ufficio e di udienza nella sede del palazzo di Giustizia di Napoli, qui al Centro direzionale». La data è già stata fissata: dal primo gennaio migliaia di fascicoli (e di cause) si riverseranno sul Tribunale napoletano. Con le conseguenze di intasamento e paralisi che sono facilmente immaginabili. Riepiloghiamo: perché questo trasferimento? «La causa è il cedimento strutturale di alcuni pilastri dell’edificio che ospita la sede distaccata, in via Nuvoletta. Dal momento che io sono anche il “datore di lavoro” ho l’obbligo di preoccuparmi dell’incolumità dei miei dipendenti, e non solo. Di qui la decisione di chiudere quella sede. Una decisione inevitabile». A quando risale la sua lettera al ministero della Giustizia? «Non una missiva, ma diverse. La prima risale al 2009, ed era indirizzata al Comune di Marano, al ministero della Giustizia, al Consiglio superiore della magistratura e al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati. A tutti questi organi prospettai il rischio ormai imminente». E che risposte ottenne? «Nessuna». Possibile? «Sarò più chiaro: qualcuno, a cominciare dal Comune, ha replicato precisando che avrebbe cercato soluzioni alternative, ma che non aveva fondi da destinare. Da via Arenula, invece, nulla. Nemmeno un telegramma». Ma lei ha insistito… «Il dieci settembre sono tornato alla carica, riscrivendo a tutti. Il senso della comunicazione era questo: “Cari signori, visto che non avete fatto niente di fronte ai miei solleciti, trasferirò tutte le attività giudiziarie e amministrative al Centro direzionale”». Conclusione? «Non c’è la minima volontà politica di risolvere il problema. Non riesco a pensare ad altro se non a questo. E lo stesso discorso vale rispetto alle altre emergenze che stiamo vivendo, a cominciare da quella relativa alla riduzione del personale amministrativo».


Giuseppe Crimaldi


Il Mattino il 22/09/2010


Giugliano, fallita l’eterna promessa della «cittadella»

E a Giugliano il tribunale metropolitano è rimasto fantasma. Sarebbero stati necessari appena diciotto mesi per realizzare su un terreno di via Pigna la cittadella giudiziaria che, nel lontano 1999 sembrava avesse preso forma grazie a un decreto dell’allora ministro Diliberto, nel quartiere di nuova espansione Casacelle, collegato direttamente all’asse mediano. Luogo ideale, tempi brevi, potenziamento delle forze dell’ordine e giustizia celere assicurata su un territorio considerato ad alta densità criminale. Sembrava quasi cosa fatta tant’è che l’amministrazione di Marano, città che come Pozzuoli ospitava l’ex Pretura e che sarebbe passata sotto la competenza di Giugliano, se ne ebbe a male e i politici dei due comuni si scannarono per scipparsi vicendevolmente la sede. Le cronache parlano anche di accuse tra i sindaci dell’epoca su un presunto scambio tribunale- inceneritore. Un braccio di ferro inutile. La vittoria di Giugliano, infatti, è stata effimera. E di amministrazione in amministrazione, nonostante i periodici appelli al ministero della Giustizia, il progetto, che avrebbe dovuto intercettare le risorse necessarie, 78 miliardi delle vecchie lire, anche grazie alla partecipazione dei privati con il cosiddetto project financing, dopo numerosi tentativi di inaugurare delle sedi provvisorie in un ex liceo di via Pirozzi e nell’ex comando delle Fiamme gialle di piazza San Nicola, nel 2007 è stato archiviato in favore di uno che sembrava più fattibile e, soprattutto finanziabile. Decisivo per questa scelta che passò in Consiglio comunale dovette sembrare l’impegno strappato all’allora ministro Mastella e alla Regione. L’idea, in effetti, era suggestiva: si pensava di utilizzare i fondi del Pon sicurezza per trasformare un’ex concessionaria di automobili, confiscata ai clan sulla circumvallazione esterna, per la sede del tribunale mentre le palazzine accanto avrebbero ospitato la Procura. Politici e associazioni esultarono, ma anche di quest’ipotesi, prima per questioni tecniche e poi anche per la carenza di fondi, se n’è persa traccia. Due anni fa si era ritornati alla prima idea – senza perdere di vista la possibilità di utilizzare, con tutta la forza simbolica che questa scelta ha, un bene confiscato alla camorra- cioè di costruire ex novo il palazzo di Giustizia. Il terreno – acquisito al patrimonio comunale e poi confluito anch’esso nel Consorzio Sole della Provincia di Napoli – destinato all’impresa impossibile si trova sul litorale, a pochi passi dall’ingresso della variante che collega Licola di Giugliano alla tangenziale. Ma anche in quest’ultimo caso, la comunicazione del «no» secco dal ministero per carenza di fondi, arrivata l’anno scorso, ha lasciato anche quello spazio desolatamente vuoto.

Tonia Limatola
Il Mattino il 22/09/2010

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