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giovedì, Maggio 2, 2024
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Gomorra sul comodino del ‘nuovo’ boss dei Casalesi

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Leggeva Gomorra, Francesco Barbato il nuovo capo dei Casalesi, arrestato oggi nel Casertano. I carabinieri infatti hanno trovato nel suo nascondiglio di Castel Volturno una copia del libro di Roberto Saviano assieme a ‘L’oro della camorra’ di Rosaria Capacchione, la giornalista del Mattino anche lei sotto scorta per le minacce dei clan.

Barbato, 31 anni, è considerato il referente ad Aversa del boss Nicola Schiavone, figlio del capo dei Casalesi, Francesco. Il decreto di fermo emesso dalla Direzione distrettuale antimafia gli contesta l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso. Secondo le indagini, è responsabile di una serie di estorsioni nell’area aversana. Le testimonianze sono state raccolte dai collaboratori di giustizia.

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Barbato quando si è accorto che gli agenti della Mobile casertana, guidata dal vice questore, Angelo Morabito, avevano circondato il villino non ha tentato di fuggire e si è lasciato ammanettare come aveva fatto alcuni mesi fa il suo capo, Nicola Schiavone, il primogenito di uno dei boss storici dei Casalesi, Francesco detto Sandokan.

Sempre all’alba di questa mattina, la Squadra Mobile della Questura di Napoli, al termine di un’indagine coordinata dalla locale Dda, ha arrestato per associazione di tipo mafioso due imprenditori edili affiliati al clan camorristico Zagaria aderente al cartello dei Casalesi. Nell’ambito della stessa indagine, i militari della Guardia di Finanza di Napoli e dello Scico, hanno sequestrato imprese edili, immobili e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di circa 7 milioni di euro riconducibili agli imprenditori arrestati. Vincenzo e Luigi Abbate, rispettivamente 55 e 46 anni, i due imprenditori dell’Alto casertano arrestati dalla Squadra Mobile di Napoli cui la Guardia di Finanza ha sequestrato beni per circa 7 milioni di euro, erano già nel mirino degli investigatori per il loro stretto legame con la fazione del clan dei Casalesi guidata dal superlatitante Michele Zagaria. Il primo era finito in manette nel 2006, sempre con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, arresto chiuso da un patteggiamento e la condanna a 4 mesi perché incensurato; il secondo è stato arrestato a marzo del 2010 nell’ambito di una operazione che ha portato in carcere 14 persone del clan, provvedimento cautelare annullato dal Riesame e per il quale pende il ricorso dei pm in Cassazione. Si tratta dunque, per gli inquirenti, di imprenditori storicamente organici al clan, che ottenevano appalti grazie alla forza di intimidazione della camorra, che si prestavano anche a fungere da esattori delle rate di ‘pizzo’ dovute da altri imprenditori, e che hanno favorito la latitanza del boss.

RepubblicaNapoli.it

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