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La Procura: «Bonifica truffa a Chiaiano»

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La discarica di Chiaiano nel mirino della procura. Al centro delle indagini anche la bonifica del sito. Secondo i primi accertamenti non tutto sarebbe andato per il verso giusto quando è stato impermeabilizzato il fondo dell’invaso destinato a ospitare settecentomila tonnellate di rifiuti urbani provenienti da Napoli: l’argilla utilizzata, infatti, sarebbe stata presa da una cava dismessa e mischiata con del terreno agricolo. Una proceduta fuori norma e soprattutto incapace di garantire la perfetta impermeabilizzazione necessaria per evitare infiltrazioni di percolato. Non a caso della vicenda si è occupato il comando del nucleo ambientale dei carabinieri di Napoli.
E non è questo il solo aspetto finito nel mirino degli inquirenti. La ditta che ha gestito la discarica, la Ibi Idroimpianti, è stata colpita prima da un’interdittiva «atipica» e poi da un vero e proprio stop da parte della prefettura di Napoli: il gruppo ispettivo antimafia, infatti, aveva riscontrato elementi che facevano ritenere l’impresa inadatta a lavorare con gli enti pubblici. Provvedimento contestato dall’azienda che si è rivolta al Tar: la sentenza è attesa proprio in questi giorni. Non basta: sulla vicenda il penalista Gennaro Lepre ha presentato un esposto. Al centro delle indagini non ci sarebbero, però, solo gli elementi evidenziati dal Gia, ma anche i rapporti della famiglia D’Amico (che dell’azienda detiene le quote di maggioranza) con la Edilcar, l’impresa che ha ottenuto parte
dei lavori in subappalto. Quest’ultima fa capo a un’altra famiglia molto nota nel giuglianese, quella dei Carandente Tartaglia. Dal 2003 amministratore unico della ditta è Giuseppe (implicato in una vicenda di abusivismo edilizio) proprietario con il fratello Mauro di tutte le quote che in precedenza avevano diviso anche con i fratelli Franco e Giovanni. Tutti figli di Mario, indicato da alcune fondi confidenziali dei carabinieri come vicino ai Nuvoletta prima e ai Mallardo poi. Nel 2004 la parentela di un componente della commissione edilizia del Comune di Marano con l’imprenditore fu uno degli elementi che portò allo scioglimento dell’amministrazione guidata da Bertini. Ma il Tar, rimettendo in sella il sindaco e la sua giunta, sottolineò che non vi era stato alcun atto che aveva favorito i Carandente. E tutti gli elementi raccolti sono stati giudicati insufficienti per un’interdittiva antimafia. Ma ora gli investigatori stanno focalizzando l’attenzione su nuovi elementi. Il primo: le indicazioni fornite da alcuni pentiti. Secondo: la compravendita di terreni che avrebbe portato i Carandente Tartaglia a diventare proprietari dell’area sulla quale sono stati realizzati gli uffici. Il terzo: la complicata vicenda che ha portato all’assegnazione dell’appalto.

Daniela De Crescenzo
Il Mattino il 13/01/2011

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