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Super N, patto segreto sulle grandi emergenze

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Si chiama Super N, associazione segreta ma non troppo, mai formalmente costituita e che pure esiste e opera da almeno vent’anni. Ha la struttura di una loggia massonica. A voler utilizzare un termine ormai abusato, di una cricca. Vi aderiscono uomini dell’amministrazione dello Stato, chiamati di volta in volta a risolvere le emergenze del paese: terremoti devastanti, alluvioni, vertici internazionali, surplus di rifiuti che non si sa dove smaltire. Vanno a braccetto, quelli di Super N, con professionisti e imprenditori di strettissima osservanza, agiscono con i poteri straordinari conferiti dai governi, utilizzano le norme in scioltezza in nome, appunto, dell’emergenza. È la Super Nomenklatura che compare in tutte le inchieste più recenti, dalla ricostruzione in Abruzzo all’ospitalità alla Maddalena per i partecipanti al G8 fino, ovviamente, a quelle sui rifiuti in Campania: Corrado Catenacci, che da indagato nell’inchiesta Rompiballe viene nominato al vertice della società provinciale dei rifiuti di Napoli; Claudio De Biasio, che da imputato diventa consulente di Bertolaso alla Protezione Civile e che rientra in ambito regionale fino a diventare il liquidatore del Commissariato per le acque. Oppure Marta Di Gennaro, capo Innovazione al ministero della Salute. Sempre gli stessi nomi, sempre le stesse facce, competenza non necessariamente comprovata oppure messa al servizio, senza remore, «degli illeciti intenti di funzionari pubblici infedeli», come scrivono i giudici Bruno D’Urso, Francesco Chiaromonte e Luigi Giordano (che domani inizieranno gli interrogatori degli arrestati) nell’ultima misura cautelare sull’attività del Commissariato straordinario dell’emergenza rifiuti. Un apparato deviato? Piuttosto una sovrastruttura, spiegano alcuni dei magistrati che si sono avvicendati nelle inchieste napoletane, a partire da quelle sul consorzio Ce4, su Impregeco e su Nicola Cosentino, passando per la gestione della Fibe e la costruzione del termovalorizzatore di Acerra. Ciò che emerge dagli atti d’indagine firmati, nel tempo, da Raffaele Cantone, Alessandro Milita, Giuseppe Narducci, Paolo Sirleo, Giuseppe Noviello, Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodkock, Francesco Curcio è, appunto, la prova dell’esistenza di quel sistema gelatinoso di cui si è parlato a proposito degli appalti all’Aquila e alla Maddalena. Melassa, l’ha definita recentemente il giudice Cantone, nella quale trova spazio anche la camorra che «utilizzando schermi formali di consorzi o associazioni temporanee di imprese e, soprattutto, l’attenuazione dei controlli tipico dei momenti di emergenza, sono riuscite a ritagliarsi una parte cospicua della torta di finanziamenti pubblici». In Campania, ed è qui il paradosso sorprendente, è però in posizione subordinata a Super N, alla burocrazia commissariale o regionale che detta tempi e tempi degli interventi. Così come la politica, che si accontenta di ritagliarsi spazi di gestione clientelare (o meramente affaristica) senza però riprendersi il ruolo che le compete, cioè quello di programmazione. Ed è da questa valutazione che arriva, infatti, la denuncia del Procuratore Giovandomenico Lepore della mancanza di volontà, da parte degli amministratori, di risolvere i problemi. La sovrastruttura burocratica ha operato in tutta la gestione dell’emergenza rifiuti, sin dalla nascita del business delle ecomafie. Ai suoi albori, alla fine degli anni Ottanta, era una emanazione diretta della massoneria toscana e di Licio Gelli. Documentati nell’inchiesta Adelphi del 1993 (e successivamente dal pm antimafia Milita, nel 2006) i rapporti con il capo della P2 e con altri «fratelli muratori» collegati a Cipriano Chianese, avvocato di Parete e uomo chiave nei rapporti con il clan dei Casalesi, da lui chiamati nel 1988/89 a risolvere il problema del reperimento delle aree da adibire a discarica dei rifiuti tossici e nocivi che arrivavano dal Nord. La mentalità lobbistica è stata fatta propria dalla nomenklatura chiamata a gestire le emergenze e che, nel tempo, è diventata autoreferenziale e necessaria a se stessa. Per sopravvivere ha bisogno, quindi, che l’emergenza sia continua e mai risolta, a meno che non se ne crei un’altra più redditizia ancora.



Rosaria Capacchione
Il Mattino il 30/01/11

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