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Morte del piccolo Rom anche il Parlamento chiede chiarezza

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Dopo la Procura, sul caso di Batista, il bimbo rom morto nell’ospedale di Giugliano interviene ora il presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori sanitari e i disavanzi sanitari regionali, Leoluca Orlando. Quest’ultimo ha chiesto al presidente della Regione Campania Stefano Caldoro, una relazione sul decesso del piccolo, la cui responsabilità i genitori Ivo e Dragiza attribuiscono ai medici di Giugliano, non abbastanza attenti – a loro dire – nelle cure somministrate al figlioletto «perchè rom». Sulla vicenda sta ora indagando la Procura di Napoli. «La Commissione d’inchiesta che presiedo, senza pregiudizio per le indagini in corso – si legge sulla lettera inviata da Orlando a Caldoro – intende acquisire ogni dato utile a conoscere lo svolgimento dei fatti accaduti, sia in merito a eventuali criticità organizzative riscontrate, che in ordine ad iniziative amministrative, sanzionatorie e/o cautelari assunte a fronte di eventuali responsabilità individuali». Aveva dichiarato la madre del piccolo, Dragiza, 36 anni, 11 figli con il compagno Ivo e già 6 nipoti: «Siamo rom, quindi possiamo morire. Mio figlio stava malissimo, era evidente. Eppure ci hanno mandato a casa». Accuse di razzismo che colpiscono e feriscono i medici dei presidi ospedalieri che hanno visitato il bambino. Ma l’azienda sanitaria ex Napoli 2 si difende: «Quando il bambino è arrivato al pronto soccorso di Pozzuoli il nostro pediatra dopo la visita ne ha proposto il ricovero. I genitori lo hanno rifiutato». Poi nella nota diffusa dall’Asl si precisa: «Sappiamo che condizioni igienico-sanitarie pessime possono causare patologie di questo tipo, anche per questa ragione domenica sera volevamo tenere il bimbo in un ambiente protetto e igienicamente adeguato».

Il calvario del piccolo Batista.
Tra la prima visita all’ospedale «La Schiana» di Pozzuoli e il decesso al «San Giuliano» di Giugliano sono trascorse 36 lunghissime ore che i genitori di Batista definiscono terribili. Intanto la polemica di questi giorni fa salire la tensione nei campi rom, specie nel campo numero 4, quello nel quale la famiglia Adzovic vivrà ancora per poco. Gli Adzovic, irregolari in Italia, sono tra quanti dovranno lasciare la zona Asi di Giugliano poichè i suoli occupati sono sotto sequestro e da bonificare. Uno sgombero temuto dai rom, che ora chiedono al sindaco uno spazio nel quale potersi accampare con roulotte e baracche. Una richiesta destinata a rimanere inevasa perchè a Giugliano non ci sono più le condizioni per ospitare una così folta comunità di ex apolidi che vive in condizioni di assoluto degrado. Quasi tutti i campi rom, 13 in tutto, sono senza energia elettrica, senza acqua. Discariche di rifiuti tossici circondano gli accampamenti. I roghi tossici sono all’ordine del giorno. Lo scorso autunno una delegazione di europarlamentari visitò i campi. Al termine del sopralluogo i deputati europei annunciarono un dossier che avrebbero poi presentato davanti alla Corte dei Diritti dell’uomo. Nel frattempo il Comune ha fatto la sua parte, consegnando l’unico campo che abbia potuto costruire. Tra gli altri rom salgono rabbia e tensione. E domani l’esito dell’autopsia chiarirà quali cause si annidassero dietro la morte dell’incolpevole bimbo rom.

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«Macché razzismo, volevo ricoverarlo. Abbiamo curato anche la sorellina»


Il dottor Francesco Saitta è il primario del reparto di Pediatria presso l’ospedale «Santa Maria delle Grazie» di Pozzuoli. Ha visitato personalmente il piccolo Batista domenica sera? «No, ma la dottoressa che lo ha visitato era accidentalmente la stessa che due giorni prima aveva dimesso la sorellina maggiore di Batista. La piccola era stata ricoverata presso la nostra struttura per quattro giorni. Era giunta qui con gli stessi sintomi del fratello e le avevamo diagnosticato una gastroenterite virale. Con le nostre cure è guarita. Poi due giorni dopo è arrivato il fratellino nelle stesse condizioni». Cosa risponde ai genitori del bambino che ora accusano gli ospedali di razzismo? «Intanto respingiamo ogni tipo d’accusa e ci meravigliamo del fatto che certe testate abbiano raccolto lo sfogo di due genitori che perdono un figlioletto senza sentire la replica degli accusati. Inoltre a tali accuse rispondono i fatti. Ci tengo a dire che il nostro ospedale dispone di un ambulatorio dedicato proprio agli extracomunitari. Aggiungo che se prestiamo attenzione ai bambini italiani che prendiamo in cura, siamo ancora più attenti per gli immigrati e i rom in particolare, perchè siamo perfettamente a conoscenza delle condizioni igienico sanitarie nelle quali vivono. Inoltre, mi preme sottolineare che anche alla sorellina maggior di Batista avevamo prenotato una visita di controllo proprio per oggi. Dopo la terapia le avevamo riscontrato una carenza di ferro. Ferro che non potevamo somministrarle vista la gastroenterite di cui era stata affetta». Torniamo alla patologia in questione. È contagiosa? «Certo, è estremamente contagiosa. Ormai il nostro reparto di pediatria ospita per tutto l’anno pazienti affetti da gastroenterite, è una profilassi di routine quella che seguiamo per i piccoli degenti, ma ciò non toglie che occorre curarla con attenzione e bene». Nel caso di Batista, la terapia che gli avete prescritto non gli ha salvato la vita. Perchè? «Intanto bisognerebbe capire se gli sono stati somministrati i farmaci che gli avevamo prescritto, in ogni caso certe patologie vanno curate in ambienti sani, igienicamente sicuri. Se non curata bene, dopo 36 ore dal manifestarsi dei sintomi, il rischio può essere purtroppo il decesso». I genitori dicono di averlo portato in altri due ospedali e che in entrambi i casi gli sarebbe stato negato il ricovero… «Intanto io non so cosa sia successo dopo domenica sera. Ma se fosse vero che i colleghi hanno negato per qualche ragione il ricovero al bambino, potevano tornare da noi, di sicuro avremmo accolto il piccolo Batista. Invece da Pozzuoli non sono più passati».


Monica D’Ambrosio

Il Mattino il 24/03/2011

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