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giovedì, Aprile 25, 2024
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Giugliano, Rom e imprenditori la Cig: «Chiudiamo tutto»

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Si dicono pronti a consegnare le chiavi delle loro aziende nelle mani del prefetto se non ottengono risposte immediate sulla sicurezza nella zona Asi. «Chiediamo aiuto, qua non si può più lavorare: siamo costretti alle ronde notturne per proteggerci», dicono gli imprenditori che, prima di chiudere i battenti, hanno deciso di attendere ancora un paio di giorni. Dopodichè si recheranno in delegazione in piazza del Plebiscito. Decisione presa ieri dagli imprenditori riunitisi d’urgenza dopo aver trascorso un weekend infernale, alle prese con furti di cavi e danni agli impianti per decine e decine di migliaia di euro, e sassaiole contro gli operai al lavoro per ripristinare i collegamenti telefonici. Senza contare il timore costante di aggressioni ai danni dei loro dipendenti, che si stanno già rifiutando da giorni di garantire la produzione anche di notte. Il clima di paura rischia di mandare a picco il fatturato delle aziende. In più, sono passate da tre a cinque le aziende che da ieri, in seguito al furto di altri cavi elettrici e telefonici, hanno dovuto fermare le produzioni. I danni economici non sono calcolabili. Nel mirino la convivenza forzata coi Rom, sui quali pende un’ordinanza di sgombero dal 2008 e che doveva essere eseguita lo scorso 30 marzo. Dai vertici di Telecom arriva un’altra mazzata: in una lettera al Consorzio Imprese Giugliano (Cig), scrivono che, dopo l’aggressione subita l’altro giorno, non arriveranno altri operai per non esporli a rischi. Così ora si pone con forza la questione della sorveglianza. «Le aziende non possono rimanere tagliate fuori dai collegamenti», tuonano dal Cig. Gli imprenditori si sono già autotassati mettendo al lavoro un istituto privato, ma non basta e da ieri notte si alternano assieme ai vigilantes. Le ronde notturne, però, non salvano gli impianti e c’è il rischio che l’esasperazione faccia esplodere il conflitto. «Hanno rubato un chilometro di cavi di rame e per farlo sostituire occorrono due settimane e 40 mila euro – racconta amareggiato Vanni Ricciolino – Senza contare i danni economici ed erariali dello stop alla produzione. È la seconda volta che succede». Ma perché si è bloccato l’iter per la fuoriuscita dei rom dalla zona Asi? L’ipotesi di un bene confiscato ai clan a Quarto per accogliere le famiglie escluse dal villaggio del Comune è sfumato nel nulla. I tempi stringono e la situazione nella zona Asi diventa ingestibile. Gli imprenditori si sentono nel mirino di una «violenta ritorsione da parte dei rom» e lanciano appelli sulla scarsa sicurezza. La loro battaglia trova sostegno anche in Regione. «Le condizioni di degrado del campo nomadi hanno raggiunto livelli insostenibili – dice l’assessore regionale alle attività produttive Sergio Vetrella – Dando atto al prefetto dell’impegno profuso, auspico che nelle prossime ore si riescano finalmente a ristabilire condizioni di vivibilità e di sicurezza adeguate». Tanti gli Sos anche al Comune. «L’amministrazione comunale ha correttamente svolto il proprio ruolo – dice il sindaco Giovanni Pianese – Mi rendo conto che siamo tutti arrivati all’ultimo stadio di sopportazione, ma ritengo che il provvedimento stia per essere adottato. Nel frattempo concordo anche io con la necessità che si tutelino le aziende». Un unico coro di preoccupazioni, in pratica. Ma le associazioni avvertono: «Vi avevamo detto che bisognava condividere il percorso e trovare un’alternativa per tutte le famiglie. Ora la situazione è sfuggita di mano a tutti», dicono dal comitato campano rom.


«Muro sempre più necessario e non chiamateci razzisti»


«A causa del ritardo dell’avvio del cantiere, legato allo sgombero dell’area, ora rischiamo di perdere anche i fondi per la recinzione». È la denuncia del presidente degli industriali, Angelo Punzi, portavoce dell’esasperazione dei suoi colleghi che da trent’anni combattono contro il degrado dell’Asi. I varchi controllati sarebbero garanzia di sicurezza. «Dopo numerose denunce eravamo finalmente riusciti a ottenere degli interventi per recuperare la vocazione industriale dell’Asi, ma ora sembra tutto congelato». Cosa vi aspettate adesso? «Contavamo sulla realizzazione del muro di cinta per tenere fuori dall’Asi i rom, ma anche prostitute e autotrasportatori senza scrupoli che scaricano vicino agli impianti rifiuti e materiali di risulta. Ma il cantiere, con la gara d’appalto già assegnata da tempo, non parte e ieri è arrivata una comunicazione del Consorzio Asi che teme per il blocco delle attività. Il rischio è perdere i fondi e dover ricominciare tutto l’iter dal principio». Ma le aziende rischiano davvero di chiudere? «Siamo costretti a rinunciare alle commesse, siamo inaffidabili nelle consegne e per questo stiamo perdendo quote consistenti di mercato». Ma cosa chiedete? «Pretendiamo con forza che il percorso avviato in Prefettura non si interrompa. A noi preme recuperare la vocazione industriale di quest’area. Diversamente saremmo davvero costretti a chiudere». La convivenza coi rom è davvero impossibile? «Non ci teniamo a passare per razzisti, ma ormai non si può più pensare a rinviare lo sgombero. Abbiamo dato prova di voler tutelare anche i loro interessi: siamo stati presenti ai tavoli, abbiamo caldeggiato sistemazioni alternative, ma adesso siamo seriamente preoccupati per i posti di lavoro». Cosa vi preoccupa? «Il rinvio dello sgombero ci sta esponendo a delle azioni violente. La convivenza non è mai stata facile ma adesso c’è una bomba pronta ad esplodere. Abbiamo subito sette tentativi di furto, con recinzioni divelte e finestre sfondate. Sono stati tranciati cavi e danneggiati gli impianti. Siamo costretti a rinunciare alle commesse, a dire no ai clienti esteri che non possono certo tollerare le consegne in ritardo. Non ne possiamo più».

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Sgomberi, il rompicapo non si scioglie tensione alle stelle tra attesa e rinvii.

«Prima l’alternativa, poi lo sgombero. Non si possono lasciare bimbi e anziani in mezzo a una strada. Bisogna trovare un posto adeguato per le famiglie escluse dal campo attrezzato». Non crede alle aggressioni violente alle imprese da parte dei rom padre Alex Zanotelli, a capo del comitato campano rom e insiste sulla sua posizione: «Qualsiasi atto di violenza va sicuramente biasimato, ma bisogna sistemare tutti prima dello sgombero. Anche la comunità rom è esasperata dalle continue promesse di sistemazione alternativa che vengono continuamente disattese. I rom sono solitamente pacifici, stanno soffrendo anche loro». Condannano gli atti di violenza anche da Opera nomadi, ma allo stesso modo chiedono di congelare lo sgombero in attesa di trovare un altro terreno disponibile. «Mentre tutt’Italia si prodiga per i profughi, a Giugliano si creano le condizioni per un altro esodo di massa – dice Tanjo Gioino, rappresentante cittadino di Opera nomadi – Dopo aver rinunciato all’unanimità i fondi per altri campi, ora i politici non sanno far altro che costringere queste famiglie a vagare sul nostro territorio». Nei volontari delle associazioni è forte la convinzione che i rom non abbandoneranno Giugliano. «Si sposteranno poche centinaia di metri più avanti, sono nati a cresciuti a Giugliano: la maggior parte di loro sono minori e non se ne vogliono andare. Le loro abitazioni, per quanto luride, rappresentano la garanzia dei pochi diritti che avevano conquistato: l’assistenza sanitaria e la scuola per i figli», dicono. Ora c’è il rischio che le esigenze confliggano e si arenino le trattative. Il richiamo alla solidarietà degli altri comuni è finito nel vuoto. Si era parlato ufficiosamente di un terreno confiscato ai clan a Quarto, ma sembra che l’ipotesi sia stata archiviata per inopportunità. Ci aveva provato anche il sindaco Giovanni Pianese, ma i suoi colleghi dell’area, invitati anche al tavolo in Prefettura, sono rimasti sordi al richiamo e la patata bollente è rimasta nelle mani del primo cittadino di Giugliano.


Tonia Limatola

Il Mattino il 05/04/11

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