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giovedì, Aprile 25, 2024
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Liste sporche: la prefettura avvia il super-screening

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«Le amministrative di Napoli? Vai alla voce Inquisiti». L’inconfessabile battuta che gira nei Palazzi romani dietro le ufficiali levate di scudi, fotografa l’esondazione di imbarazzanti notizie, relative soprattutto alle liste di destra, meglio di qualunque inchiesta. E addirittura spinge la prefettura a far sapere che anche stavolta le attività di dragatura su nomi e cognomi in campo saranno eseguite senza distrazione. A Palazzo di governo un esercito di oltre diecimila complessivi candidati viene passato ai controlli a caccia «di eventuali cause ostative». Ostacoli che, tuttavia, ricorrono solo nel caso che un candidato abbia incassato condanne definitive per gravi reati, dal peculato alla corruzione, alla concussione, dall’associazione mafiosa, alla droga, alle armi. È che la giustizia è lenta. Dategli tempo, verrebbe da dire. Mentre le opposizioni, dal Pd al Fli, pongono senza mezzi termini la questione morale nel Pdl.


Al “banco” elettorale di Napoli e dintorni,
dove gli accordi segreti restano la dinamica primaria e le forze in campo sembrano pendere dalla sponda dell’Antistato, l’unico articolo abbondante ha ancora a che vedere con le informative di polizia e carabinieri. L’unico motore inesauribile non sta nelle idee o nei programmi. Si chiama zona grigia. È la palude che spinge nella competizione indagati, condannati, imputati per una, due o tre volte. Un’imbarazzante sequenza di casi travolge il Pdl. Sebbene, in alcune fette della provincia, vedi Melito, neanche il Pd goda di ottima legalità. È nella palude, dove i simboli di partito galleggiano e agisce in profondità la subcultura, che affonda la speranza di costruire una classe dirigente nuova? L’ambizione di un centrodestra rinnovato e trasversale nella credibilità soffoca nel business para-criminale dei trasversalismi? Forse, occorre un riepilogo.

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Il centrodestra che schierava in lista a Quarto,
Chiaro e Camerlingo, arrestati perché accusati di collusioni, è lo stesso che offre all’agone elettorale i candidati “con macchia”: Achille De Simone (a giudizio per contiguità col clan Sarno, apre la lista di Pionati), Maurizio Matacena (indagato per riciclaggio col senatore e sindaco Pdl di Afragola, Enzo Nespoli, candidato nella lista Pdl), Marco Nonno (sotto processo per devastazione e resistenza, lista Pdl). È lo stesso Pdl che deve riprendersi in consiglio regionale, per effetto di un decreto urgente del presidente del Consiglio, il plurindagato Riberto Conte (già condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa) e Alberico Gambino (sindaco di Scafati condannato anche in secondo grado per peculato). Salvo, certo, ricorrere a un potente strumento-espediente, come la costituzione di parte civile della Regione in un nuovo rinvio a giudizio a carico di Conte, pur di poter “rifiutare” ancora una volta l’ingresso in aula regionale. Nel frattempo, i più fedeli scudieri del voto, legati a Conte, sono tutti nella lista “Insieme per Napoli”, a sostegno di Gianni Lettieri.


Non basta.
È ancora lo stesso Pdl che ricandida alle municipalità la figlia del boss Stolder, Nunzia, che rivendica: «Le colpe dei padri non ricadano sui figli». La Stolder era in buona compagnia cinque anni fa. Ed è in ottima compagnia ora che, in un’altra lista, Udeur, è in campo la studentessa Jessica Improta, candidata alla municipalità di Chiaia e soprattutto figlia di Giorgio, arrestato 48 ore fa per aver ospitato in un suo appartamento, a ridosso del Natale 2009, il superlatitante nonché capo della falange stragista dei Casalesi, Giuseppe Setola. «Sono incensurata, sono libera, ma per evitare strumentalizzazioni, sono pronta a fare un passo indietro», mormora ora l’incolpevole Improta. Sapendo, tuttavia, che nessuna legge prevede la cancellazione di un nome da una lista né il divieto agli eventuali ammiratori di votarla. Non poteva mancare il nostalgico di Hitler: ecco Enrico Tarantino, candidato a sostegno di Lettieri in una municipalità, attivista di CasaPound protagonista, e anche ferito, negli scontri della scorsa settimana con i collettivi studenteschi.


Una trama da commedia sulfurea,
se non fosse la scena su cui Napoli si gioca il futuro. Orizzonte dinanzi ai quali appaiono piccole piccole le parole dei vertici Pdl. A cominciare da quelle del coordinatore cittadino, Luigi Cesaro: «Sono esterrefatto. Eh, c’è, eccome, il rischio di voto inquinato alle amministrative». E spiega: «Abbiamo chiesto a tutti i candidati le autocertificazioni, non potevamo controllare per ognuno di loro. E poi alcuni problemi della giustizia non vengono fuori neanche dal casellario giudiziario». Cesaro lo sa.

Stamane, i responsabili nazionali giustizia e sicurezza del Pd, Andrea Orlando ed Emanuele Fiano, insieme ad alcuni parlamentari della commissione antimafia, incontrano il ministro dell’Interno Roberto Maroni. E intanto Italo Bocchino chiosa: «La legalità non è al primo posto nella scala dei valori dei partiti italiani. È anche per questo che è nato il Fli». Per Arturo Scotto e Dino Di Palma, di Sel, «il Pdl in Campania somiglia sempre di più alla Dc di Vito Ciancimino. Armi, droga, appalti».


CONCHITA SANNINO

repubblicanapoli.it

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